Estero

Netanyahu alla sbarra evoca un golpe

Per la prima volta un premier israeliano a processo per corruzione, frode e abuso di potere

24 maggio 2020
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Ha evocato un golpe, nientemeno, Benyamin Netanyahu nel primo giorno del processo a suo carico per corruzione, frode e abuso di potere. Un tentativo di colpo di stato per abbattere un leader di destra e la destra stessa dalla guida del Paese. Parole del primo premier in carica ad essere alla sbarra nella storia di Israele. Nell'udienza di apertura nell'aula 317 del Tribunale di Gerusalemme in Salah a-Din street, il premier ha denunciato che "non c'è stato limite ai tentativi" di detronizzarlo "per abbattere il governo di destra". A testa bassa dunque contro quello che ha definito, come in passato, una sorta di golpe, diretto a rimuovere l'intera destra dalla guida del paese. Tacendo, naturalmente, tutti i tentativi di sottrarsi alla giustizia, manipolando l'informazione e tenendo di fatto in ostaggio la politica israeliana per lunghissimi mesi.

Gli strali di Netanyahu si sono estesi alla magistratura, con in testa il Procuratore Generale Avichai Mandelblit che l'ha incriminato, alla polizia che ha condotto le indagini e ai media rei di aver fiancheggiato. "Entro a testa alta. Le accuse contro di me sono state inquinate fin dal primo giorno e sono ridicole", ha insistito contornato da un nugolo di ministri del suo Likud, tra cui quello della Sicurezza Pubblica Amir Ohana, che l'hanno scortato in una saletta attigua all'aula 317, mentre fuori si fronteggiavano opposte manifestazioni. "Quello che è in giudizio oggi - ha tuonato - è il tentativo di frustrare la volontà del popolo. Per più di un decennio, la sinistra ha fallito con le urne. Negli ultimi anni hanno trovato un nuovo trucco: la polizia e i pubblici ministeri si sono uniti alla banda 'Chiunque tranne Bibi' per fabbricare questi casi deliranti e fabbricati, questo processo delirante". Netanyahu è apparso sicuro e determinato, pronto - ha sottolineato - "a continuare a combattere e a guidare lo Stato di Israele". Tanto sicuro da chiedere di trasmettere tutto il processo in diretta tv per l'intero Paese e non solo per i media accreditati ospiti di un'altra stanza.

In udienza - dove ha ribadito di essere innocente - lo aspettavano i tre giudici depositari del suo destino, Rivka Friedman-Feldman, Oded Shaham e Moshé Bar-Am, e il pm Liat Ben-Ari. Netanyahu - che come gli altri indossava la mascherina per le restrizioni sanitarie - non si è seduto nel banco degli accusati fino - hanno notato i media - all'uscita dei fotografi. Di lui si può vedere, ripreso dalla tv a circuito chiuso, uno scatto di spalle mentre guarda la Corte. A suo fianco tra gli accusati, gli uomini d'affari e tycoon Arnon Mozes, Shaul e Iris Elovitch che condividono parte delle accuse che originano dal Caso 1000 (regali in cambio di favori), dal Caso 2000 (copertura benevola dal giornale 'Yediot Ahronot' in cambio di interventi sul quotidiano rivale e dal Caso 4000 (il più grave) con corruzione in cambio di copertura mediatica favorevole. Il premier è uscito dopo circa un'ora e mezzo dall'aula: il giudizio il 19 luglio per la seconda udienza alla presenza dei soli avvocati.

Il processo ha catalizzato l'attenzione spasmodica del paese specie considerando che questa mattina Netanyahu ha guidato la prima riunione del governo di unità nazionale con Benny Gantz. L'ex nemico e ora nuovo alleato si è limitato a dire che "come ogni cittadino anche il primo ministro ha diritto alla presunzione di innocenza". Poi, in polemica con la scorta al premier da parte dei ministri del Likud, ha sottolineato di "avere", insieme ai suoi compagni "piena fiducia nella magistratura". Non da meno Mandelblit, nominato proprio da Netanyahu Procuratore Generale ed ora sotto il suo mirino: "Continueremo ad operare senza paura, anche di fronte all'infondato tentativo di attribuire all'applicazione della legge altre considerazioni".

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