Estero

A Hong Kong continuano le proteste: università assediate

Dopo il lunedì di sangue e violenze, gli scontri tra manifestanti (accusati di egoismo) e polizia si sono trasformati in battaglia

Keystone
12 novembre 2019
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Non si fermano le proteste a Hong Kong. All'indomani del lunedì di sangue che ha segnato picchi di violenza mai visti prima, oggi gli scontri tra manifestanti e polizia si sono trasformati in battaglia alla Chinese University of Hong Kong, rimasta per ore sotto l'assedio delle forze dell'ordine che ha usato centinaia di lacrimogeni.

I manifestanti pro-democrazia hanno agito su vasta scala interrompendo il traffico stradale, bloccando il trasporto pubblico ferroviario e quello di superficie, e costringendo i pendolari delle ore di punta a camminare addirittura sui binari di una linea nell'area dei Nuovi Territori pur di raggiungere i luoghi di lavoro o tornare a casa.

Se lo studente di 21 anni colpito lunedì a bruciapelo da un colpo di pistola di un agente è in miglioramento, al punto da far scattare l'arresto malgrado il fegato e il rene perforati, restano invece critiche le condizioni dell'uomo dato alle fiamme dopo una lite con i manifestanti.

Gli attivisti hanno anche bloccato le strade vicine ai campus universitari, mentre la polizia ha sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti che, a loro volta, hanno lanciato mattoni da un ponte pedonale della City University, mentre detriti e sedie sono stati gettati su una strada da un altro ponte pedonale della University of Hong Kong. La violenza vera e propria è scoppiata alla Chinese University quando gli studenti hanno lanciato molotov e mattoni all'indirizzo della polizia, che ha risposto con proiettili di gomma e gas lacrimogeni, entrando nel campus per inseguire i manifestanti. C'è voluta la mediazione di un ex rettore per ottenere il ritiro della polizia antisommossa. Negli scontri sono rimasti feriti diversi decine di studenti.

Su Twitter, l'attivista pro-democrazia Joshua Wong ha espresso la sua condanna contro l'operato della polizia, colpevole di aver trasformato l'università in una "zona di guerra", promettendo che "difenderemo la nostra isola a qualsiasi costo" e che "non ci arrenderemo mai". Wong, come ha precisato una nota del ministero degli Esteri di Pechino, ha visto la sua richiesta di espatrio e di viaggio in Europa rifiutata dalla Corte di Hong Kong: l'ex leader del "movimento degli ombrelli" del 2014, che attualmente gode della libertà su cauzione, era stato invitato a Milano dalla Fondazione Feltrinelli, cosa che aveva fatto infuriare Pechino.

Nel quartiere degli affari di Central, i manifestanti hanno organizzato un sit-in all'ora di pranzo, bloccando il traffico sulle strade principali, scandendo slogan come "cinque richieste, non una in meno!" - in merito alla piattaforma pro-democrazia (che include le indagini sull'operato della polizia e riforme come il suffragio universale) - e trovando il sostegno dei lavoratori delle centinaia di uffici. Nel pomeriggio la polizia è intervenuta coi lacrimogeni per disperdere la folla.

In conferenza stampa, la governatrice Carrie Lam ha accusato i manifestanti di "egoismo" per gli sforzi finalizzati a interrompere il traffico, esortando le università e le altre scuole a convincere i loro studenti a disertare le proteste. "In circostanze difficili, chi non cede a comportamenti violenti e radicali e insiste per andare al lavoro e a scuola ha il mio pieno rispetto", ha detto. Nonostante i timori di violenze Lam, che ha ricevuto ancora il sostegno da Pechino, ha escluso un rinvio delle elezioni distrettuali del 24 novembre. Almeno per ora.

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