BOLIVIA

Morales denuncia: è un golpe

Smentita la fuga all’estero del presidente boliviano, che avrebbe però chiesto asilo al Messico

Keystone
11 novembre 2019
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Che si sia trattato o no di un golpe (e di fatto lo è), le dimissioni dalla presidenza a cui è stato costretto Evo Morales hanno lasciato un vuoto istituzionale che nessuno sa ancora come riempire in Bolivia.  
Smentite le voci che davano il presidente riparato all’estero (mentre il Messico avrebbe ricevutuna sua richiesta, accolta, di asilo politico) e quelle di un mandato d’arresto nei suoi confronti, resta il fatto che con Morales si sono dimessi il suo vice Alvaro Garcia Linera, i presidenti di Senato e Camera e anche il primo vicepresidente della Camera Alta. Cioè le figure che avrebbero dovuto sostituirlo, secondo Costituzione. La crisi è precipitata dopo che Morales aveva annunciato l’intenzione di convocare nuove elezioni, adeguandosi all’indicazione dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) che considerava falsato il risultato che lo aveva riconfermato presidente. 
All’esercito, evidentemente, non è bastato. Domenica, il capo delle forze armate generale Williams Carlos Kaliman Romero, aveva chiesto a Morales di “rinunciare al suo mandato per il bene della nostra Bolivia”. Lo stesso aveva fatto il comandante in capo della polizia  generale Vladimir Yuri Calderón Mariscal. E si sa che, da quelle parti, le richieste delle forze armate sono ordini.
Ieri, poi, sono stati arrestati María Eugencia Choque e Antonio Costas, ex presidente e vicecepresidentee del Tribunale supremo elettorale, accusati di brogli nelle elezioni generali del 20 ottobre. 
Dopo l’annuncio delle dimissioni di Morales, La Paz è stata teatro di ripetuti scontri tra gruppi di sostenitori del presidente e dell’opposizione, che hanno incendiato edifici e veicoli privati e pubblici, saccheggiando negozi e supermercati. La polizia, che ha a lungo rinunciato ad intervenire, lo ha fatto soltanto quando Calderon, considerato vicino al governo uscente, ha rinunciato al suo incarico. 
Morales, riparato nella sua roccaforte del Chapare, nel dipartimento di Cochabamba, ha sollecitato i suoi oppositori Carlos Mesa e Luis Fernando Camacho ad “assumersi la responsabilità di pacificare il Paese e garantire la stabilità politica e la convivenza pacifica del nostro popolo”. 
Dal profilo istituzionale, però, il problema principale che affrontano le forze di opposizione (partiti e comitati civici) vincitrici del momento, è che lo Stato boliviano è al momento praticamente decapitato, e risulta problematica anche la convocazione del Parlamento per confermare le dimissioni di Morales, giacché il suo Movimento al socialismo vi detiene la maggioranza dei seggi. 

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