Il leader laburista scrive alla primo ministro per interrompere le discussioni con cui si cercava un compromesso sul divorzio da Bruxelles.
Un naufragio annunciato da molti ma che ora rischia di affondare definitivamente, nel giro di poche settimane, anche Theresa May. È rottura nel negoziato fra il governo Tory e l'opposizione laburista avviato in extremis, 6 settimane fa, in Gran Bretagna, alla ricerca d'un compromesso parlamentare trasversale sulla Brexit.
A decretare il suono del gong è stato oggi il leader del Labour, Jeremy Corbyn. Anche sullo sfondo del moltiplicarsi di sondaggi sempre più cupi per i due storici partiti maggiori in vista delle elezioni Europee a cui il Regno - in assenza di ratifica a Westminster dell'uscita dell'Ue - parteciperà un po' da intruso il 23 maggio.
I have written to Theresa May to say that talks on finding a compromise agreement for leaving the European Union have gone as far as they can.
— Jeremy Corbyn (@jeremycorbyn) 17 maggio 2019
The government's growing weakness and instability means there cannot be confidence in its ability to deliver. pic.twitter.com/H27qxDleaB
In una lettera indirizzata alla "cara Primo Ministro", Corbyn ha chiamato in causa "la debolezza e l'instabilità del governo" quale fattore cruciale del fallimento, sottolineando come l'impegno imposto dal dissenso interno alla May di offrire almeno una data precisa delle sue dimissioni a giugno rappresentasse di fatto un macigno sulla credibilità della trattativa: con vari ministri ormai già "in corsa per la successione" e pronti a sconfessare il giorno dopo "le proposte che il suo team negoziale portava al tavolo" dei colloqui; e con la convinzione in seno al partito laburista che una qualunque intesa, quand'anche raggiunta, avrebbe potuto finire con l'essere stracciata da una futura leadership Tory. Leadership a cui ambisce in primis il falco Boris Johnson.
La premier ha risposto a stretto giro mascherando a fatica la delusione, ma comunque rovesciando la responsabilità dello scacco sulle contraddizioni del partito di Corbyn: diviso "fra chi - ha detto - vuole attuare la Brexit e chi vorrebbe tenere un secondo referendum che potrebbe rovesciarla".
Un portavoce di Downing Street è poi arrivato a indicare una sorta di via di mezzo. Evocando come insuperabili "in particolare le diversità di posizione fra le parti" tanto sulla disponibilità a prendere almeno in considerazione un referendum bis (rivendicato a spada tratta da una buona parte del Labour, considerato inaccettabile dalla May), quanto sulla permanenza di Londra "nell'unione doganale" (vitale per Corbyn e il suo governo ombra, soggetta a veti pesantissimi fra i Conservatori).
Sia come sia, a questo punto non resta che la nebbia dell'incertezza sul cammino del divorzio da Bruxelles. Una partita che si potrebbe riaprire in ogni direzione - da quella di un taglio netto 'no deal' a quella d'una rivincita referendaria o d'un voto politico anticipato - se, come tutto lascia presagire, il tentativo della premier di riproporre la questione in Parlamento a iniziare dal 3 giugno, con la presentazione d'una legge attuativa del "recesso dall'Ue", dovesse sfociare nella quarta bocciatura di fila. Un esito che potrebbe rendere immediato il passo indietro di lady Theresa