USA

Trump fermato sulla stretta 'anti-carovana' contro l'asilo

Un giudice californiano ribadisce il diritto di richiederlo anche per chi entra negli Usa in modo irregolare.

(Keystone)
20 novembre 2018
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È ancora un giudice a bloccare la linea dura di Donald Trump sull'immigrazione. Stavolta lo stop è al provvedimento con cui l'amministrazione Usa limita fortemente il diritto d'asilo, vietando a tutti gli immigrati che entrano illegalmente nel Paese di fare domanda.

Una stretta varata dalla Casa Bianca subito dopo le elezioni di metà mandato e rivolta alle migliaia di immigrati in arrivo dal Centro America. Quella carovana in marcia verso il confine col Messico che il presidente americano nel pieno della campagna elettorale ha dipinto come una vera e propria invasione e un'emergenza nazionale, inviando anche migliaia di soldati alla frontiera.

Sì alle domande d'asilo anche da chi entra illegalmente

Ora Jon Tigar, magistrato californiano nominato da Barack Obama, ha ordinato all'amministrazione una clamorosa retromarcia: dovrà riprendere ad accettare la presentazione di tutte le domande di asilo, anche quelle formulate da immigrati entrati illegalmente.

Questi ultimi non potranno quindi essere immediatamente rimpatriati come prevede il decreto Trump. Perché se per quest'ultimo il diritto di asilo è un vero e proprio cavallo di Troia per entrare irregolarmente negli Stati Uniti, per il giudice californiano non può essere riscritta per decreto una legge imponendo condizioni espressamente vietate dal Congresso.

E il Congresso ha stabilito che qualunque cittadino straniero tocchi il suolo americano, non importa in che modo, ha il diritto di chiedere asilo e di chiedere protezione se fugge da violenze, persecuzioni o povertà estrema.

Militari verso il ritiro graduale

La sentenza della corte di San Francisco, che si applica a livello nazionale, fissa un blocco temporaneo, e se sarà impugnata dall'amministrazione Trump tra gli scenari c'è anche quello che si arrivi davanti alla Corte Suprema. Per il momento però esultano le associazioni per i diritti civili che avevano fatto ricorso contro il provvedimento. E probabilmente anche molti degli immigrati giunti al confine per i quali il decreto rappresentava comunque un deterrente che li scoraggiava ad entrare negli Usa al di fuori dei punti di ingresso legali.

Intanto il generale che dal Texas guida le truppe Usa inviate al confine col Messico, Jeffrey Buchanan, ha annunciato che in settimana comincerà il ritiro graduale dei 5.800 militari schierati in Texas, Arizona e California: "La nostra data di rientro è fissata per il 15 dicembre e non ci sono indicazioni che andremo oltre, dovremo essere tutti a casa entro Natale", ha spiegato l'alto ufficiale.

Accuse di propaganda elettorale

Nelle ultime settimane in molti avevano puntato il dito - anche all'interno dello stesso Pentagono - sui costi esorbitanti di un'operazione che per i detrattori è stata messa in piedi da Trump solo in chiave puramente elettorale, con la promessa di inviare fino a 15 mila soldati, più che in Afghanistan.

Il presidente americano però non demorde e - secondo quanto riportano alcuni media - sarebbe pronto ad autorizzare i militari schierati al confine sud ad intervenire per proteggere le proprietà federali e gli agenti federali che controllano le frontiere nel caso di violenze; mentre attualmente i soldati al confine non hanno alcuna autorità per intervenire, ma solo un ruolo di sostegno agli uomini dello Us Customs and Border Protection.

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