Estero

Brexit: in 700mila a Londra per chiedere il referendum bis

Il popolo di 'no Brexit' è sceso ieri in strada nella capitale del Regno per invocare il secondo referendum

Keystone
21 ottobre 2018
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Una fiumana di gente come a Londra non si vedeva da tempo: quasi 700'000 persone secondo gli organizzatori, almeno mezzo milione nelle stime dei media. Il popolo dei 'no Brexit' è sceso in strada ieri in forze nella capitale del Regno - da sempre roccaforte dei pro Remain - per invocare un secondo referendum: aggrappandosi al sogno di una rivincita del voto di due anni fa e all'auspicio di poter ancora restare nell'Ue, sullo sfondo delle incertezze e dei contrasti che minacciano l'esito dei negoziati di divorzio fra il governo conservatore di Theresa May e Bruxelles.

Partito da Hyde Park in una giornata di sole, il corteo è sfilato per il centro della metropoli britannica fino a raggiungere Parliament Square, di fronte a Westminster. Dove ad arringare la folla hanno provveduto esponenti politici di vari partiti, dal sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan, al leader dei LibDem, Vince Cable, e celebrità dello spettacolo o della cultura. Ma i protagonisti veri sono stati coloro che hanno gonfiato il serpentone umano fra vessilli europei, cartelli colorati, slogan pungenti. Non solo sudditi di Sua Maestà, va detto, data la presenza visibile di migliaia di stranieri che sull'isola vivono (e che con la Brexit temono di vedere rimessi in discussione i loro diritti, a dispetto di tutte le rassicurazioni). E però soprattutto britannici: compresi molti giovani e giovanissimi che nel 2016 non avevano ancora 18 anni e oggi rappresentano una platea di nuovi elettori naturalmente euro-integrati, contrari fino al 90% - stando ad alcune rilevazioni - a una 'chiusura' delle frontiere destinata ad avere un impatto inevitabile sulle loro vite, ma sulla quale non hanno mai avuto voce in capitolo.

 

"Qui - ha sottolineato il sindaco Khan dal palco - non stiamo chiedendo un secondo referendum fine a se stesso, stiamo dicendo che quasi tutte le promesse fatte due anni fa non si sono concretizzate, poiché allora nessuno parlava di una 'cattiva Brexit' o di un no-deal. E che in queste circostanze la cosa più democratica da fare è tornare dal popolo britannico e dargli il diritto di dire se accetta o meno il risultato dei negoziati".

Un'opzione che il rissoso governo May e il grosso dei Tories non mostrano del resto alcuna intenzione di accettare, malgrado la prova di forza della rumorosa piazza londinese. E alla quale lo stesso leader dell'opposizione laburista, Jeremy Corbyn, oggi assente, preferirebbe semmai le elezioni anticipate. Ma a cui comunque un flop negoziale con Bruxelles (desiderio inconfessato e inconfessabile della piattaforma 'People's Vote') potrebbe almeno aprire una chance. Non senza la speranza concreta, sondaggi alla mano, d'un risultato diverso dal 2016.

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