Estero

Italia, chiusa la 17esima legislatura. Al voto il 4 marzo

Paolo Gentiloni
28 dicembre 2017
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È calato il sipario sulla legislatura italiana numero diciassette. Dopo aver ricevuto al Quirinale il premier Paolo Gentiloni e i presidenti di Camera e Senato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere. E’ stato l’atto finale che porterà alle elezioni: gli Italiani saranno chiamati alle urne domenica 4 marzo, poi le nuove Camere si riuniranno il 23 dello stesso mese per eleggere i presidenti. Da oggi l’Italia è in campagna elettorale.

Gentiloni fino al voto

Da qui al voto resta a Palazzo Chigi Gentiloni: il suo governo non si è dimesso, i poteri non sono limitati all’ordinaria amministrazione. Insomma, le Camere chiudono i battenti, ma il governo non va in vacanza. "L’Italia non si mette in pausa, Il governo non tira i remi in barca, continuerà a governare", ha spiegato il premier nella conferenza stampa di fine anno che ha preceduto di qualche ora l’epilogo della legislatura.

Dietro la scelta di Gentiloni, condivisa con Mattarella, la quasi certezza che le elezioni non avranno un vincitore e che servirà tempo per formare un nuovo governo. Anche Gentiloni lo ha dato per scontato: il premier non ha voluto dire se gli Italiani lo ritroveranno a Palazzo Chigi come premier di un governo di larghe intese, ma ha sostenuto che anche senza un vincitore la situazione "potrà essere gestita" con "senso della misura e senso della responsabilità", come del resto è successo in Germania, Gran Bretagna e Spagna.

Il bilancio che Gentiloni ha tracciato di questo ultimo anno ha varie luci ("oggi l’Italia è fuori dalla più grave crisi dal dopoguerra", ha detto) e una sola ombra: quella di aver lasciato "incompiuto" il capitolo delle leggi sui diritti, arenatasi sullo ius soli – ossia la naturalizzazione agevolata per i figli di stranieri nati in Italia – per un solo motivo: "Non avevamo i voti". Ma complessivamente il voto che si assegna è positivo: "Il mio governo non ha tirato a campare".

Partito un anno fa in sordina, Gentiloni ora miete consensi. Anche Silvio Berlusconi ne ha fatto l’elogio ("è una persona gentile e moderata") evitando di attaccare il Pd: la sua campagna elettorale è tutta contro i cinque stelle , "che sono un vero pericolo per la democrazia" ha sostenuto il leader di Forza Italia.

Come voteranno gli italiani

Il prossimo marzo gli italiani troveranno nelle urne una scheda un po’ più complessa di quella che, nel 2013, vigeva con il Porcellum. Il nuovo sistema elettorale, il Rosatellum, è infatti un sistema misto maggioritario e proporzionale che prevede 232 collegi uninominali per la Camera e 116 per il Senato, ciascuno dei quali avrà il proprio vincitore. A questi vanno aggiunti i collegi proporzionali – 63 per la Camera, 34 per il Senato – che eleggeranno i restanti parlamentari. Diciotto, infine, i deputati e senatori eletti nella circoscrizione Estero.

Sulla (unica) scheda figureranno i candidati coalizionali per i collegi uninominali. Sotto il loro nome ci saranno i simboli delle liste che li sostengono. A fianco a ciascun simbolo, invece, compariranno i listini proporzionali bloccati che potranno avere dai 2 ai 4 nomi. L’elettore avrà un solo voto a disposizione. Due le modalità a disposizione: mettendo un segno sulla lista il voto andrà alla lista stessa e al candidato sostenuto all’uninominale; mettendo un segno sul candidato all’uninominale il voto viene esteso automaticamente alla lista e, nel caso di coalizione, sarà distribuito tra le liste che lo sostengono proporzionalmente ai risultati delle liste stesse in quella circoscrizione elettorale. Ammesse le pluricandidature: ciascuna lista può presentare il suo candidato in un collegio uninominale e in massimo 5 plurimoninali. Nel caso il candidato sia eletto al collegio maggioritario sarà questo risultato a prevalere su quelli ottenuti con il listino proporzionale.

Il Rosatellum per ogni lista prevede, su base nazionale, una soglia di sbarramento del 3% per accedere al Parlamento. Per le liste apparentate si prevede, in aggiunta, anche una soglia del 10% per l’intera coalizione. Se una lista non raggiunge il 3% ed è parte di una coalizione i voti vengono, a quel punto, "dirottati" al partito prevalente all’interno dell’alleanza. Il candidato eletto in un collegio maggioritario (vince chi ha un voto in più) mantiene il seggio anche se il partito a cui appartiene viene escluso dalla ripartizione proporzionale. La legge non ha alcun premio di maggioranza né alcun vincolo che impedisca, nel post-voto, ai partiti di "cambiare" alleati.

Secondo un calcolo sommario, alla coalizione o alla lista vincente servirebbe il 42% circa dei voti per ottenere una maggioranza assoluta. Da qui la possibilità che il partito o la coalizione vincente non abbia i "numeri" per fare un governo in autonomia. La ripartizione dei seggi tra le liste nei collegi proporzionali avviene su base nazionale per la Camera, su base regionale per il Senato. Il Rosatellum prevede inoltre le quote rosa ovvero vieta che uno dei due sessi possa rappresentare più del 60% dei candidati di un listino e dei capilista di un singolo partito in tutto il Paese. Di fatto, su un listino proporzionale di tre nomi il rapporto deve essere 2 a 1 o favore degli uomini o a favore delle donne. Ultima novità del Rosatellum, la candidatura all’Estero: nel 2018 sarà permessa anche a chi è residente in Italia.

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