A Milano c'è una scuola che viene evitata in ogni modo dalle famiglie italiane, che iscrivono i figli altrove, anche fuori dal quartiere, pur di non farli studiare lì. Si tratta di un istituto così pieno di alunni immigrati, di prima o seconda generazione, da scoraggiare le famiglie che temono per l'apprendimento dei ragazzi, in quel quartiere Corvetto più volte al centro di problemi di integrazione e criminalità.
A protestare per primi sono stati alcuni genitori di origine sudamericana, comunità dalla forte appartenenza linguistica, che a casa hanno sentito i loro figli "parlare in arabo". «Lo hanno imparato dai compagni di classe, che tra loro comunicano così perché i maghrebini sono l'etnia prevalente - spiega una docente che vuole mantenere l'anonimato -. Padri e madri sono preoccupati e hanno minacciato di portarli via».
Nella struttura, l'Istituto comprensivo Fabio Filzi, «i genitori italiani si rifiutano di iscrivere i loro figli – ammette il preside, Domenico Balbi, noto alle cronache per utilizzare un particolare metodo educativo nell'altro istituto che coordina, dove manda i ragazzi a curare il giardino invece di affibbiare sospensioni – tanto che non riusciamo a formare un numero adeguato di prime classi nella primaria. Eppure siamo un polo d'eccellenza per l'autismo, ma invece passa il messaggio di una scuola-ghetto».
Il dato allarmante di una problematica integrazione scolastica emerge anche da una ricerca del Politecnico di Milano riportata dal Corriere della Sera. "Negli ultimi 15 anni - si legge - è esplosa una vera 'segregazione sociale', fenomeno che il Politecnico ha indagato con un dossier: scuole dove l'inclusione appare difficile, e l'equilibrio salta per la scelta delle famiglie italiane di 'fuggire' da questi istituti". Il risultato, secondo il Politecnico "è la segregazione sociale ed etnica nella scuola milanese".