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Strage di Erba: ‘Ci sono nuove prove e un testimone chiave’

In un’intervista Olindo Romano continua a sostenere la sua innocenza e quella della moglie. I loro avvocati intendono chiedere la revisione del processo.

Olindo Romano a processo nel 2008
(Keystone)
3 gennaio 2023
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"Sono passati sedici anni dalla strage di Erba, ci sto riflettendo parecchio in questi giorni. Forse è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza", racconta all’agenzia di stampa Adnkronos Olindo Romano, condannato all’ergastolo in concorso con la moglie Rosa Bazzi, con l’accusa di aver ucciso l’11 dicembre 2006 Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per la strage di Erba, in provincia di Como, Rosa e Olindo sono passati al vaglio di 23 giudici, in tre gradi di giudizio. La sentenza di condanna è passata in giudicato, dopo il verdetto della Suprema Corte. Nonostante ciò i difensori della coppia, gli avvocati Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, stanno lavorando a una richiesta di revisione del processo alla luce di "nuove prove e un testimone chiave".

In attesa di saperne di più sulle nuove prove e sul testimone chiave, in queste ore l’attenzione è al racconto di Olindo Romano, rinchiuso nel carcere di Opera a Milano: "L’avvocato Schembri è sempre stato convinto della mia innocenza e di quella di Rosa e non è più l’unico, grazie a Dio, a credere che io e mia moglie non abbiamo commesso la strage di Erba. Non so perché non sia stata approfondita la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi non sveglissime e inconsapevoli di quello che ci stava piombando addosso". Ancora Olindo: "Io le liti con Raffaella e Azouz Marzouk le ricordo bene, litigavamo spesso, ma non per questo abbiamo pensato di fare una strage. E, in effetti, non c’entriamo nulla. Chi è stato? Non lo so, diversamente lo avrei già detto ai miei avvocati, ma di certo una strage simile può farla solo chi è abituato a fare quelle cose, non penso sia facile improvvisare un fatto così efferato". Per il 60enne ex netturbino valtellinese, vicino di casa in via Diaz a Erba di Raffaella Castagna, le accuse contro di lui e contro la moglie, con la quale ha avuto un colloquio in carcere due giorni prima di Natale, non hanno fondamento. "Mi capita di ripensare a quei giorni e a come ci hanno abbindolato e preso in giro – continua il racconto di Olindo Romano – tanto che solo quando ci hanno portato al Bassone (la casa circondariale di Como, ndr), ci siamo accorti che i sospettati eravamo noi. Da allora tutto è assurdo e continua a essere irreale". Pietro e Giuseppe Castagna, figli, fratelli e zii di tre delle quattro vittime della strage di Erba commentano: "Nulla di nuovo nelle parole di Olindo. Gli autori della mattanza sono loro due".

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