Confine

Strage di Erba, a processo Azouz Marzouk

Il padre del piccolo Youssef e marito di Raffaella Castagna è accusato di diffamazione a mezzo stampa per un’intervista del febbraio 2019

Il cortile del condominio di via Diaz a Erba con fiori e pupazzi appoggiati al cancello di entrata in ricordo delle vittime
(Ti-Press/Archivio)
31 marzo 2022
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La condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi per la strage di via Diaz a Erba continua a generare processi. Questa volta, imputato davanti al giudice monocratico di Como Veronica Dal Pozzo, è comparso Azouz Marzouk, padre del piccolo Youssef e marito di Raffaella Castagna, due delle vittime contro cui si era scagliata l’ira di Rosa e Olindo, che aveva travolto anche la madre di Raffaella e i vicini di casa. È accusato di diffamazione a mezzo stampa, in concorso con un giornalista della testata "il24.it", per la pubblicazione di un’intervista del febbraio 2019 in cui, per l’ennesima volta, veniva attribuita alla famiglia Castagna la responsabilità di quanto accaduto la sera dell’11 dicembre 2006. Tra le affermazioni che la Procura di Como ha ritenuto diffamatorie, e che l’estensore dell’articolo ha pubblicato "senza manifestare il suo distacco o dissenso rispetto al contenuto dell’intervista", compare l’ipotesi che la strage avesse un fine economico: "Basta leggersi le carte – dichiara Marzouk – per capire che qualcuno voleva l’eredità di mia moglie". Il processo è stato rinviato a maggio, per cercare un accordo tra le parti: da un lato i due imputati, dall’altro Pietro e Giuseppe Castagna, fratelli di Raffaella, autori dell’esposto e parti civili nel processo. Il giornalista si è dichiarato disponibile a valutare un risarcimento che porterebbe a una remissione di querela nei suoi confronti e all’uscita dal processo, mentre la decisione di Marzouk non è nota. Questo non è l’unico processo per diffamazione in corso a Como, sulla scorta di una visione innocentista che sopravvive alle valutazioni convergenti di diverse decine di giudici, fra cui alcuni della Suprema Corte: sono una trentina i supporter dell’innocenza di Rosa e Olindo finiti a processo per diffamazione della famiglia Castagna su Facebook.

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