Confine

L'M-346 FA, quando 'Leonardo' va a caccia

Visita agli stabilimenti di Venegono Superiore (Varese), dove nasce l'addestratore bimotore di ultima generazione destinato a formare i piloti delle prime linee.

23 settembre 2019
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Un “giovane” addestratore avanzato, agile e performante, che ha da poco messo a segno il primo contratto export per la sua versione light combat, l’ultima variante che stanno sviluppando e testando gli ingegneri e i piloti collaudatori della Divisione Velivoli di Leonardo di Venegono Superiore, stabilimento nel Varesotto, a pochi passi dal confine che rappresenta, senza ombra di dubbio, un’eccellenza del “made in Italy”. Prova ne è che «all’interno del piccolo polo industriale è riunita la capacità di lavorare del materiale grezzo (leghe) fino alla definizione del velivolo e del pilota, addestrato. Il tutto in un ciclo che non si interrompe, visto che dal momento della fornitura dell’aeromobile al committente inizia tutta la fase di accompagnamento e assistenza, dentro e fuori i confini nazionali». Parola di Alberto Piterà, responsabile dello stabilimento.

Non solo tecnologia, dunque, ma la possibilità di toccare con mano l’intero processo aziendale, visto che l’assemblaggio di tutte le componenti del velivolo può essere seguito, passo passo, con lo sguardo, nei moderni capannoni. Un motivo di orgoglio, per il gruppo Leonardo.
«L’M-346 Fighter Attack è un piccolo caccia derivato dal velivolo di addestramento avanzato M-346 – spiega Maurizio De Mitri, Svp Marketing & Sales della Divisione Velivoli di Leonardo –. È concepito come un caccia d’attacco leggero».

Progettato a metà anni 90 da Aermacchi il gioiellino sta muovendo i primi passi su vari terreni operativi spinto da uno know how aviatorio di tutto rispetto (Leonardo è un colosso globale nei settori aerospazio, difesa, cyber e sicurezza) e di grande tradizione (si pensi alla lunga e blasonata storia dell’allora azienda fondata da Giulio Macchi). Senza trascurare la partecipazione a varie “joint ventures” (vedasi Eurofighter Typhoon e Panavia Tornado) e la presenza, commerciale e industriale, dell’azienda, in oltre 20 Paesi del globo. Venegono è quindi considerata la culla degli addestratori in un mercato ricco di opportunità, caratterizzato da prodotti spesso diversi uno dall’altro, tuttavia accomunati da un particolare: vengono venduti in numero limitato.

La ricetta per vincere la concorrenza (di rivali come il Saab Gripen svedese o il “vecchio” F-16 americano, che sta facendo incetta di acquirenti in numerose aeronautiche militari nel mondo, riciclato come velivolo da formazione dei piloti) è legata, ovviamente, anche ai costi di esercizio e manutenzione, i quali devono essere tenuti bassi. «L’M-346 aveva nel genoma il fatto di poter essere armato» – prosegue De Mitri, che riconosce la difficoltà della sfida: trasformare un addestratore in un caccia subsonico aggressivo e poco visibile ai radar. Non stiamo ovviamente parlando di un aeroplano “stealth” o di superiorità aerea, ma di una macchina comunque in grado di reggere il confronto con la concorrenza. Bimotore privo di post bruciatore (capace comunque di salire a 22mila piedi in un minuto), dotato di un’interfaccia uomo-macchina pratica e facile, vanta una capacità di carico bellico di tutto rispetto (3mila kg). Questo senza perdere mai di vista la sua veste originale di aereo “dual role” (i piloti possono cioè passare senza soluzione di continuità dall’addestramento alle missioni reali, evitando di cambiare velivolo). Indicato per operazioni di air policing e ricognizione tattica, dispone di un’avionica avanzata che a Venegono collocano tra la 4a e 5a generazione. Gli “occhi” del gioiellino sono affidati al nuovo radar Grifo 346. L’asso nella manica del Macchi è rappresentato dai consumi, nettamente inferiori ai modelli della concorrenza. Il costo operativo? Più o meno un terzo di quello di un F-16. Le varie soluzioni aerodinamiche adoperate gli permettono di mantenere piena maneggevolezza fino ad un angolo d’attacco di 40°. Non da ultimo il sistema di simulazione tattica integrato (Etts) del quale dispone che rende possibile simulare condizioni di combattimento. L’allievo pilota può, così, interagire contemporaneamente con altri aerei, finti e reali.
Grazie a tutte queste (e altre) frecce al suo arco, l’M-346 è in grado di ridurre le ore di volo dei piloti in formazione sugli aviogetti di prima linea, generando così notevoli risparmi di denaro.

I vertici di Leonardo sono sicuri di avere tra le mani un prodotto competitivo, situato in una fascia di mercato quasi esclusiva. La prova è che il velivolo è già entrato in servizio con le forze aeree di Italia, Singapore, Polonia e Israele. Alla domanda perché non sia stato sottoposto alle forze aeree svizzere nell’ambito del concorso per il nuovo caccia, la risposta è stata lapidaria: perché tra i velivoli in fase di valutazione figura anche il Typhoon, una sorta di fratello maggiore dell’M-346 e di cui Leonardo è partner nell’ambito del consorzio che produce il caccia europeo.

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