Economia

L‘allarme Fmi: ’L’impatto della guerra sarà ad ampio raggio’

Secondo il Fondo monetario internazionale, l’Ucraina avrà conseguenze “devastanti”, la Russia “molto negative”, ma gli effetti saranno globali

Il Fondo monetario internazionale
(Keystone)

È Kristalina Georgieva, la direttrice generale del Fmi a Dubai per il World Government Summit, a tracciare uno scenario complicato, con la previsione di un +1,5% da aggiungere all’inflazione mondiale, e stime di crescita che verranno riviste in peggio al prossimo World Economic Outlook. Con il conflitto che non si ferma e la guerra parallela delle sanzioni, mentre Russia e i suoi avversari giocano al poker del default e a quello del gas da pagare in rubli, la valutazione del Fmi è che la guerra avrà conseguenze "ad ampio raggio".

Per un’economia globale che stava uscendo dallo shock pandemico, e in cui "la crescita è scesa, l’inflazione è salita", l’innesco di una crisi può arrivare ovunque. Tanto che dalla "unità di crisi" creata appositamente dal Fmi sono al lavoro - spiega Georgieva - per "identificare chiaramente i Paesi a più alto rischio ed essere pronti per loro": c’è un cuscinetto di 650 miliardi di dollari di riserve in diritti speciali di prelievo approntati lo scorso anno, ma il Fmi si aspetta che diversi paesi avranno bisogno d’aiuto.

Il pensiero va immediatamente ai Paesi emergenti, visto che la stretta sui tassi della Fed rischia di essere uno shock per alcuni di questi fra i più indebitati in dollari. Anche la Bce sembra diretta verso una normalizzazione: il capo economista Philip Lane non esclude un rialzo dei tassi a fine anno, i trader del mercato monetario scommettono su un intero punto percentuale in più entro marzo 2023. E così scendono i titoli di Stato europei, specie il Btp italiano che ha visto il rendimento decennale salire oltre il 2,2%, nuovo massimo dal gennaio del 2019. È un rialzo generalizzato dei rendimenti, per questo lo spread è relativamente stabile poco sopra 150.

Per ora, gli inneschi principali di una potenziale crisi finanziaria si vedono sui prezzi del gas, oggi balzato di oltre il 10% fra fattori climatici che indeboliscono l’offerta della Norvegia, e il rischio di una rottura definitiva fra Vladimir Putin, che vorrebbe il pagamento in rubli, e i leader del G7 che intendono far valere i contratti esistenti. E poi sul rischio-default della Russia e dei suoi "satelliti". L’Ucraina perderà un terzo del Pil, Mosca va verso una recessione del 10% quest’anno che proseguirà il prossimo, ma pagando oggi ulteriori 102 milioni di dollari di cedole sui bond le autorità del Paese confermano di voler scongiurare un’insolvenza.

Ma c’è un ulteriore "trigger" di crisi finora rimasto nell’ombra, ed è la Bielorussia. Paese stretto alleato di Mosca, a un passo dal coinvolgimento diretto nella guerra, con un Pil di appena 60 miliardi di dollari e appena 3,3 miliardi di debito verso l’estero, ma una dipendenza economica dalla Russia che ne fanno un candidato ideale per il default viste le sanzioni estese al suo leader Alexander Lukashenko. Alcuni gli investitori definiscono un default bielorusso inevitabile e ricordano che ad avere in pancia debito del paese sono fondi di primo piano come Franklin, Fidelity e Capital Group. Uno stato-cliente di Mosca con riserve per appena 3,9 miliardi che, secondo Moody’s, si esauriranno rapidamente togliendo a Lukashenko - confermato in contestatissime elezioni - il salvagente che ancora tiene a galla Mosca.

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