Economia

Il radar di Intesa e Unicredit puntato sul mercato europeo

Commerzbank, Otkritie Bank, Julius Bär: i due gruppi leader in Italia hanno le loro carte da giocare

La torre di Unicredit a Milano
(Keystone)

Momentaneamente escluse dal risiko domestico, Intesa perché ha già preso, Unicredit perché ha preferito non prendere, le due maggiori banche del sistema nazionale hanno puntato i loro sistemi radar sul più strutturato mercato europeo, dove entrambe sono già presenti, ma dove presumibilmente si giocherà il loro futuro a lungo termine.

Fuori dai confini italiani, pur con tutte le difficoltà del caso, ci sono masse e occasioni in grado di cambiare il profilo dei due gruppi leader, che vengono segnalati ripetutamente sul buy side di molte partite che si stanno attualmente giocando nel Vecchio continente.

Francoforte

La più strategica è quella che riguarda la tedesca Commerzbank. L’istituto di Francoforte è da tempo in difficoltà e necessita di un partner solido per annacquare il passato e guardare con fiducia al futuro. Tra le tante potenziali acquirenti, tre sono le più gettonate, tutte con ottime motivazioni. In Germania molti sostengono la candidatura di Deutsche Bank. Un matrimonio tutto tedesco, tutto di Francoforte, la capitale finanziaria d’Europa, che non ferirebbe l’amor proprio teutonico e che però sottovaluta le enormi incognite che ancora accompagnano il cammino della potenziale acquirente, Deutsche Bank. La banca simbolo dell’economia tedesca, anche se nell’ultimo anno ha guadagnato il 27 per cento in Borsa, è ancora lontana dal passo e dai ritmi di crescita che l’avevano contraddistinta fino al 2015. Oggi Deutsche Bank vale meno della metà di Intesa Sanpaolo e il 20 per cento in meno di Unicredit. Al punto che pensare a una superbanca basata a Francoforte se da un lato appaga gli istinti nazionalistici di Berlino, dall’altro evidenzia delle difficoltà oggettive per giungere a un possibile merger.

Più concrete appaiono invece le ambizioni degli altri due potenziali acquirenti. L’olandese Ing da un lato avanza la vicinanza culturale con la Germania, dall’altro propone un modello che esalterebbe l’integrazione: alla forza di Ing sul mercato retail, si sommerebbe la qualificata esperienza di Commerzbank nel corporate.

E Unicredit? La banca di Piazza Gae Aulenti ha già una forte presenza nel sud della Germania con Hvb. Integrare le competenze e il portafoglio di Commerzbank in quella che da decenni è la prima economia continentale rappresenterebbe per Andrea Orcel un grosso passo in avanti sul fronte della competitività di lungo periodo. Unicredit, dopo lo stop su Mps, sembra infatti decisa a guardare fuori dai confini nazionali. È noto un suo interesse verso la Russia, dove Mosca ha posto in vendita Otkritie Bank, ma l’opportunità Commerzbank non può essere sottovalutata, anche perché rafforzerebbe la presenza in un’area, quella dell’Europa centrale, che si integrerebbe perfettamente con le attività rilevanti che Unicredit detiene nell’area più orientale del Vecchio continente.

Intesa, dal canto suo, ha da tempo acceso tutti i radar possibili per consolidare la propria presenza estera. Al momento le armate di Carlo Messina controllano alcune banche nell’Europa balcanica, aree a elevata crescita economica dove il gruppo di Ca’ de Sass è guidato da Marco Elio Rottigni. Ma, a differenza di Unicredit, Intesa sembra oggi più interessata a espandere il proprio raggio d’azione attraverso l’acquisizione di singoli business, meglio se ad elevata specializzazione. È il caso della svizzera Julius Baer, una delle più importanti banche della Confederazione per quanto riguarda il wealth management e la gestione del risparmio: zero sportelli e 490 miliardi di franchi svizzeri di patrimonio gestito. Su Julius Baer Intesa ha posto gli occhi, ma al momento non si è concluso nulla. Per il gruppo italiano sarebbe una straordinaria occasione di crescita sui mercati internazionali a maggior valore aggiunto. Ed è in questa direzione, business circoscritti e altamente remunerativi, che si sta concentrando l’attenzione della prima banca italiana, fortemente intenzionata ad allargare la propria presenza estera, ma non a farsi carico di modelli di business superati.

A livello europeo, i grandi player appaiono abbastanza individuati. Bnp Paribas guarda tutti dall’alto dei suoi quasi 80 miliardi di capitalizzazione e con la spagnola Santander offre l’impressione di far parte di un’altra lega, di un campionato a cui non tutti sono ammessi. Una posizione invidiabile quella di Bnp Paribas, scalfita però dalle tensioni sempre più evidenti sul mercato italiano, dove la controllata Bnl si avvia al secondo sciopero nell’arco di un mese, provocato da progetti di esternalizzazione che vanno dall’It al back office, dalla chiusura di filiali alla cessione di Axepta. Una strategia che alimenta ogni voce, anche quelle di una uscita del grande gruppo parigino dal mercato retail italiano, dopo 15 anni di presenza diretta.

Suite francese

Ma le banche francesi dimostrano grande visione strategica. Lo evidenzia il Crédit Agricole, che con la sua filiale italiana guidata da Giampiero Maioli ha saputo essere protagonista nel riassetto del settore creditizio nella Penisola e potrebbe continuare a esserlo nei prossimi mesi. Più cauta invece è Société Générale, altra grande banca basata a Parigi che, dopo aver flirtato con Unicredit nei primi mesi della gestione di Jean Pierre Mustier, ha recitato il ruolo della bella e inavvicinabile, che forse adesso potrebbe superare, guardando ancora verso l’Italia, non necessariamente verso Unicredit.

Di grande dimensione è anche l’altra spagnola, il Bbva, Banco di Bilbao Vizcaya Argentaria, molto radicato in America Latina e soprattutto in Messico, dove matura una parte importante del suo business. Il Bbva che ha appena aperto un fronte digitale sul mercato italiano: peanuts, rispetto alle reali potenzialità del gruppo spagnolo. Le partite, al momento, sembrano altre.

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