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'Una fusione sensata dal punto di vista aziendale'

Secondo il professor Henry Peter l'eventuale 'matrimonio' tra Credit Suisse e Ubs non sarebbe un errore strategico

Discussioni in piazza (Keystone)
14 settembre 2020
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Se confermata, l’indiscrezione del sito ‘Inside Paradeplatz’ avrebbe del clamoroso. Credit Suisse e Ubs starebbero lavorando dietro le quinte in vista di una fusione che potrebbe dar luce a un colosso bancario che non avrebbe eguali in Europa. Secondo il blog zurighese d'informazioni finanziarie, il presidente del Cda di Ubs Axel Weber e quello di Credit Suisse Urs Rohner sarebbero in trattative e avrebbero già avvertito sia l’autorità di vigilanza Finma, sia il consigliere federale competente Ueli Maurer. Il progetto avrebbe un nome in codice (Signal) e dovrebbe essere svelato al grande pubblico all’inizio del prossimo anno in modo che la nuova entità possa nascere entro la fine del 2021. I tempi, quindi, sarebbero strettissimi. Contattate dall’agenzia di stampa finanziaria Awp, le due grandi banche non hanno voluto commentare quelle che definiscono “speculazioni dei media”. 
«Dal punto di vista di una logica puramente aziendale, un’ipotesi di fusione non sarebbe una via sbagliata. È significativo delle difficoltà alle quali entrambe le banche sono confrontate il fatto che da qualche anno l’evoluzione delle quotazioni delle azioni delle due società abbia un andamento essenzialmente laterale, senza quindi grandi aumenti. Anche la redditività globale non è esaltante come pure i dividendi versati agli azionisti che sono rimasti tendenzialmente bassi negli ultimi anni», commenta Henry Peter, partner dello studio legale Kellerhals Carrard e professore di diritto societario all’Università di Ginevra, a proposito di un’eventuale fusione tra i due big della finanza.

Un duro colpo all'occupazione

«Il settore bancario a livello europeo e anche svizzero sta attraversando un periodo particolare segnato dall’avvento della digitalizzazione e che mette in difficoltà i vecchi modelli di business: la parola d’ordine ora è comunque sinergia», aggiunge il professor Peter che precisa che come è successo un paio di decenni fa con la fusione tra Ubs e Sbs ritenuta allora, da molti, quasi impossibile, «anche oggi si potrebbe avrebbe senso mettere in atto una fusione storica tra due entità che fanno quasi lo stesso mestiere, ma non del tutto». «Gli investimenti necessari per trasformare ulteriormente il business bancario sarebbero più sostenibili se a farli fosse un soggetto unico con una massa significativamente più ampia», commenta ancora il professore. Sarebbe però un bagno di sangue dal punto di vista occupazionale. Oggi le due banche occupano circa 120mila dipendenti a livello mondiale, di cui 35mila in Svizzera. Gli esuberi sono stimati in circa il 10-12% (15mila posti di lavoro) a livello globale e almeno 5mila nella Confederazione. «Questa è evidentemente una delle conseguenze a breve termine negative. I nodi verrebbero comunque al pettine tra qualche anno e le imprese per definizione devono poter evolvere con strutture adeguate ai tempi».

La Commissione della concorrenza potrebbe però obiettare che si creerebbe una entità dominante sul mercato svizzero. «Questa potrebbe sarà senz’altro un’obiezione non semplice da superare. L’autorità di mercato svizzera, ma anche le omologhe europea e statunitense, porrebbe probabilmente delle condizioni per evitare che in un singolo mercato la nuova banca occupi una posizione preminente. Per anni questa motivazione è stata ritenuta un ostacolo assoluto a una tale fusione tra i più importanti attori del settore bancario svizzero». «Anche questa - aggiunge il professor Peter - è però superabile». C’è infine il tema del ‘too big too fail’. «Entrambe le banche sono vigilate speciali e devono rispondere a requisiti ben precisi a livello internazionale e nazionale. Devono disporre di ratio esigenti in materia di fondi propri e di rigorosi piani di salvataggio al fine di preservare l’integrità del sistema finanziario in caso di crisi sistemica. Anche al riguardo non si tratta però di ostacoli insormontabili a una eventuale fusione. La politica avrebbe voce in capitolo, ma non penso che possa fermare un’ipotesi di fusione che abbia senso nell’interesse ben compreso dell’economia del nostro paese».

L'imponderabile fattore umano

Uno degli ostacoli, paradossalmente, potrebbe essere di natura umana. «Quando da due entità aziendali si arriva a una, uno dei presidenti del Cda e uno degli amministratori delegati sono di troppo. Ed è non raramente proprio quale conseguenza di discussioni su chi sarà a presiedere la banca e su chi sarà chiamato a dirigerla che spesso queste operazioni falliscono», conclude Peter. 

Il progetto di fusione Signal sarebbe spinto in particolare dal presidente del Cda di Ubs Axel Weber che nelle ipotesi di Inside Paradeplatz diverrebbe presidente della nuova superbanca. A dirigerla sarebbe chiamato Thomas Gottstein, attuale Ceo di Credit Suisse.

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