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'I venti miliardi della Bns non rilanceranno l'economia'

Il professore Sergio Rossi sui crediti alle imprese annunciati a Berna: 'Si guarda solo all'offerta. Mancano politiche di spesa pubblica a sostegno dei consumi'

Thomas Jordan e Ueli Maurer durante la conferenza stampa a Berna (Keystone)
25 marzo 2020
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«Questi venti miliardi che la Banca nazionale svizzera (Bns) è pronta a dare alle banche non serviranno a rilanciare l’economia. Le uniche misure intelligenti, dal mio punto di vista, sono le indennità per lavoro ridotto che erano state annunciate qualche giorno fa, ossia gli otto miliardi di franchi che andranno a sostenere non soltanto l’offerta ma anche la domanda nel mercato dei prodotti e che possono effettivamente favorire la ripresa dell’attività economica» afferma Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friburgo.

Scusi professore, ma perché non dovrebbero essere di aiuto i venti miliardi messi a disposizione delle piccole e medie imprese (Pmi)?

Quello che intendo dire è che da quanto comunicato a Berna dalla Bns e dalla Finma emerge un grande errore concettuale: non è vero che se la Bns non fosse intervenuta le banche non avrebbero potuto espandere il volume dei crediti. Le banche concedono dei prestiti senza guardare la liquidità che hanno presso la Bns, ma guardando la solvibilità del debitore. Questa idea della trasmissione di denaro dalla Banca nazionale alle banche è sbagliata. Non c’è bisogno della Bns per spingere le banche ad allargare i cordoni della borsa: queste avrebbero potuto decidere di farlo autonomamente. Inoltre con questa manovra verrà azzerato il cuscinetto anticiclico di capitale che le banche devono avere nei loro bilanci, aumentando così i rischi di fragilità finanziaria. La Confederazione in ogni caso avrebbe potuto garantire i prestiti bancari e le banche sarebbero state in grado di concedere i crediti senza necessità delle misure di allentamento concesse dalla Banca nazionale.

Ci sono dei rischi collegati a questa deroga del ‘leverage ratio’?

Certo, questo è molto pericoloso. Se una banca non deve più avere un cuscinetto anticiclico di capitale sulle ipoteche residenziali, viste le difficoltà ad avere dei rendimenti nei mercati finanziari a causa del coronavirus, e viste le difficoltà a recepire il pagamento degli interessi e degli ammortamenti sui prestiti commerciali, le banche si esporranno più volentieri sul mercato ipotecario, dal momento in cui non devono più avere così tanti fondi propri a copertura di questi crediti. Dunque aumenterà il rischio di un surriscaldamento del mercato immobiliare.

La Finma dice però di non vedere questo rischio...

Il surriscaldamento dei prezzi immobiliari è sotto gli occhi di tutti. Inoltre, più avanti, la crisi potrebbe riguardare non soltanto il debitore. Se molte imprese dovranno chiudere e licenziare dei dipendenti, queste persone non potranno più pagare l’ammortamento ipotecario. Così non sarà solo un problema del debitore, ma anche la banca potrebbe vacillare.

Quale altro ruolo potrebbero assumere in questo contesto di emergenza la Confederazione e la Bns?

Occorreva fare quello che per esempio sta facendo Trump negli Stati Uniti per ovvi motivi elettorali: cioè dare dei soldi alla gente per stimolare i consumi. La Bns potrebbe redistribuire 20 o 30 miliardi dei suoi utili alla popolazione invece dei 4 redistribuiti a Confederazione e Cantoni per il 2019.

Si può dire che con questo programma le banche stanno quindi facendo un buon affare?

Sì, assolutamente: se esce testa vincono loro, se esce croce perdono gli altri. E la Confederazione dovrà in ogni caso registrare a fondo perso i debiti di tante Pmi che molto probabilmente non potranno rimborsare i prestiti ottenuti dalle banche. In quel caso, appunto, dovrà intervenire la Confederazione quale garante di questi prestiti. E vista la traiettoria di questi anni è facile immaginare che allora si dirà: “Dobbiamo rimborsare 20 miliardi alle banche, bisogna perciò tagliare da qualche altra parte la spesa pubblica”. Un ultimo aspetto è che molte imprese che magari hanno degli utili in calo in questo periodo prenderanno questi soldi a prestito, non per sostenere le proprie attività e pagare gli stipendi, ma per investirli sui mercati finanziari. Il rischio maggiore alla fine è che quanto annunciato a Berna aiuta solo l’offerta ma non la domanda. Mancano delle politiche di spesa pubblica a sostegno dei consumi.

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