Economia

Gli effetti secondari della Voluntary disclosure

Le banche svizzere potrebbero passare alla cassa per redditi conseguiti in Italia. L’Agenzia delle entrate si è già attivata nei confronti di istituti esteri

Controlli negli scorsi anni alla frontiera italo-svizzera (Ti-Press)
8 dicembre 2018
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Le due edizioni della Voluntary disclosure (Vd), il provvedimento italiano di emersione di attività finanziarie detenute all’estero e non correttamente dichiarate, hanno permesso all’Agenzia delle entrate oltre al recupero retroattivo – in sanatoria – delle imposte sul reddito anche di aprire nuove indagini per il recupero di gettito da altri soggetti. È il caso, per esempio, degli interessi attivi percepiti da istituti bancari svizzeri, ma non solo (analoghi accertamenti sono in corso nei confronti di banche monegasche, britanniche e maltesi, ndr), per i finanziamenti a clienti italiani.
Del tema si è parlato mercoledì durante un seminario organizzato a Manno dal Centro di competenze tributarie della Supsi. All’evento erano presenti rappresentanti dell’Agenzia delle entrate, i quali hanno spiegato fattispecie e basi normative all’origine di quelle che sono state definite le “nuove azioni’ dell’autorità tributaria a seguito dello scambio automatico d’informazioni e della Vd.
Il patrimonio informativo a disposizione dell’Agenzia delle entrate è ora molto ampio, ha spiegato Vincenzo Averna, della sezione analisi e strategie per ilcontrasto agli illeciti fiscali internazionali della stessa Agenzia. Un patrimonio costituito prima con le informazioni delle Vd e che ora si è arricchito con i dati forniti dalle autorità estere in base al Common reporting standard dell’Ocse (lo scambio automatico d’informazioni a fini fiscali). Standard a cui hanno aderito oltre 100 Paesi, tra cui la Svizzera. Ricordiamo che il flusso informativo è anche verso la Confederazione elvetica.
Alla fine dello scorso settembre sono partite, dall’Amministrazione federale delle contribuzioni e all’indirizzo dell’omologa italiana, le informazioni relative a circa 200mila contribuenti italiani.
«Dati molti precisi che permetteranno di ricostruire gli schemi elusivi o di evasione fiscale messi in atto dai contribuenti con il sostegno dei cosiddetti ‘facilitatori’, ovvero gli intermediari finanziari esteri», ha spiegato ancora Averna. Le cronache delle scorse settimane, per esempio,
hanno acceso i riflettori sulla Pkb Privatbank di Lugano, ma potrebbero essere altre le realtà svizzere ed estere a finire nel mirino della magistratura.
Intanto alcuni intermediari finanziari sono finiti certamente sotto la lente dell’Agenzia delle entrate per aver sottaciuto i redditi conseguiti (inconsapevolmente) in Italia senza che avessero una stabile organizzazione.
Alcuni hanno già regolarizzato la loro posizione (versando alcuni milioni di euro all’erario), altri lo faranno nei prossimi mesi e altri ancora riceveranno notizie dalla Procura della Repubblica. Quella milanese, diretta da Francesco Greco, è molto attiva in questo senso.
In questo è stato chiaro Giuseppe Malinconico, sempre dell’Agenzia delle entrate. La legislazione italiana – ha spiegato Malinconico – prevede che i redditi conseguiti sul territorio nazionale da soggetti non residenti siano tassati con un’aliquota del 12,5%. Possibilità prevista anche dalla Convenzione contro la doppia imposizione in vigore tra Italia e Svizzera.
E quali sono questi redditi? Certamente gli interessi su prestiti (di qualunque natura, ma generalmente quelli Lombard) concessi a contribuenti italiani con patrimonio finanziario all’estero. Anche le commissioni bancarie? «È una possibilità. Bisogna capire in che modo e dove (in Italia? in Svizzera?) è stata fornita la prestazione», afferma Pierpaolo Angelucci, commercialista milanese.
Come si dice, banca avvisata...

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