Economia

‘Un circolo vizioso’

Crescita esponenziale degli attivi della Bns, oggi pari al 125 per cento del Pil

(Ti-Press)
1 dicembre 2018
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Il totale degli attivi della Banca nazionale svizzera (Bns) ammonta a circa 843 miliardi di franchi. Una cifra piuttosto impressionante se si tiene conto che questo volume di bilancio della Bns corrisponde attualmente al 125% del valore complessivo del Prodotto interno lordo (Pil). Una crescita progressiva del patrimonio della Banca nazionale che ha portato al superamento del Pil, in termini di valori nominali, già nel 2016, e che si è accentuato negli ultimi due anni. Un “effetto collaterale” quindi della strategia della Bns per contrastare l’eccessivo rafforzamento del franco, attraverso una politica monetaria ultra espansiva e di acquisizioni di titoli e obbligazioni sui mercati esteri. Il rapporto tra gli attivi della Bns e Pil svizzero è tra l’altro da primato a livello mondiale: negli Stati Uniti e Regno Unito il “peso” delle banche centrali rispetto al prodotto lordo è attorno al 25%, vicino al 50% nell’eurozona, e sfiora il 100% soltanto in Giappone.

Il fatto singolare rilevato da alcuni analisti economici è che l’istituto che determina la politica monetaria della Confederazione agisce come un fondo comune di investimento, utilizzando tecniche e strategie di copertura finanziaria per ridurre il rischio di un’eccessiva valorizzazione del franco. Per questo, da anni, la Bns si adopera per “imbrigliare” il cambio stampando franchi con cui acquistare azioni e obbligazioni americane ed europee, denominate rispettivamente in dollari ed euro. Berna oggi è all’ottavo posto tra gli azionisti di Wall Street e si calcola che ogni cittadino svizzero possa contare su un portafoglio azionario Usa da 10mila dollari, grazie ai 19 milioni di titoli Apple, ai 27 milioni di azioni Microsoft e agli 8,7 milioni di titoli Facebook, seguiti da partecipazioni in Amazon, J&J, Exxon, Alphabet, At&T e GE.

Come scrisse la giornalista finanziaria Cinzia Meoni: “Il circolo vizioso innescato fa sì che, per mantenere sotto controllo la forza del franco, la Bns prosegua a ‘fabbricare’ franchi con cui inondare i mercati esteri con investimenti in euro e dollari, ‘drogando’ il mercato”. Il trend non sembra destinato ad arrestarsi visto che la richiesta di franchi rimane elevata. Le tesi di Dennis Gartman, membro dell’Akron University Investment Committee Foundation, e di John Mauldin, a capo di Millenium Wave Advisors e Securities parlano di una strategia di investimento “sfuggita di mano”, che potrebbe scatenare un cortocircuito nel momento in cui, si dovesse raffreddare la ‘francomania’, la Bns, per mantenere la stabilità finanziaria, si veda costretta a vendere le partecipazioni accumulate, facendo precipitare il valore dei titoli coinvolti e, allo stesso tempo, rivalutando il franco sull’euro e sul dollaro.

 

S. Rossi: ‘La politica monetaria da sola non basta per indebolire il franco’

«La politica monetaria da sola non basta per indebolire il tasso di cambio del franco – ci spiega Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e politica monetaria all’Università di Friburgo –. L’uso che ne viene fatto è sbagliato, a maggior ragione quando si riduce la spesa pubblica».

Signor Rossi, ci sarebbero altre strade più virtuose secondo lei?
Sono anni che la Confederazione preannuncia dei disavanzi nei conti pubblici e poi a consuntivo registra degli avanzi enormi. Questo vuol dire che la spesa pubblica non è così elevata come potrebbe essere, per accompagnare la politica monetaria in una crescita del Pil che inneschi dinamiche virtuose, stimolando i consumi e aumentando i salari delle persone del ceto medio.

In che modo ciò potrebbe avvenire?
La Bns potrebbe acquistare i titoli della Confederazione sul mercato primario (dove vengono emessi), finanziando la spesa pubblica laddove essa crea lavoro e reddito nazionale, anche in modo indiretto, per esempio investendo nella formazione, nella sanità e nella ricerca.

Si può definire ‘paradossale’ questa situazione in cui il patrimonio della Bns supera il valore del Pil?
Di sicuro è un fenomeno unico nel suo genere in questo periodo. Ma non è tanto la questione del peso del bilancio della Banca nazionale a doverci preoccupare, bensì verso dove questa massa monetaria viene indirizzata dalle banche. Siamo di fronte a un forte surriscaldamento del mercato immobiliare, alimentato dai tassi d’interesse negativi della Bns. Così si rende il sistema sempre più fragile.

Mentre per l’ortodossia il rischio sarebbe l’inflazione...
Per i ‘monetaristi’ rimane un mistero come mai non c’è stato un incremento dei prezzi al consumo. La risposta è semplice: i salari non sono aumentati. E i soldi emessi dalla Banca nazionale rimangono nei mercati finanziari. Per comprendere questi temi importanti, bisogna poter ragionare diversamente da quello che è il pensiero dominante. 

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