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Famiglia, scuola, educazione e telefonini: dove vogliamo arrivare?

25 marzo 2019
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Negli ultimi vent’anni, la società svizzera è cambiata. Se una volta era abituale iniziare la propria attività lavorativa in un'azienda e rimanervi fino alla pensione, oggi sono sempre di più le persone che, pur avendo famiglia, perdono il lavoro prima di arrivare al pensionamento come risultato delle ristrutturazioni e malgrado le imprese abbiano un attivo di bilancio. La grande massa di disoccupati obbliga poi i lavoratori ad accettare condizioni di lavoro sempre più dure nella speranza di conservare il proprio impiego. Inoltre nelle coppie sposate spesso entrambi i genitori sono costretti a lavorare per arrivare alla fine del mese. La vita familiare è sempre più stressata, soggetta ai condizionamenti dei sempre più pressanti impegni lavorativi, che pesano sulle spalle di entrambi i coniugi. Le conseguenze sono un aumento dei divorzi, il crollo della natalità e un malessere sociale generale che si ripercuote sulla crescita delle nuove generazioni. I genitori non hanno più il tempo materiale da dedicare all'educazione dei figli e non hanno le energie da investire nell'ascoltare i loro problemi. I giovani sono sempre più lasciati a loro stessi. Si potrebbe a lungo discutere se tutto questo sia un bene o un male per la società. La conseguenza più immediata è però che la scuola ha dovuto assumere un ruolo addizionale, che tradizionalmente non aveva. Da centro di trasmissione del sapere, la scuola è oggi chiamata a svolgere quel ruolo educativo che i genitori non riescono sempre a svolgere. Su questo sfondo sono comparse progressivamente nuove distrazioni. Dal gareggiare a chi avesse il vestito più bello, oggi molti allievi si confrontano su chi riesca ad accaparrarsi l'ultimo modello di cellulare. Il recente regolamento che permette agli allievi di tenere il telefonino in classe, purché in modalità aerea, quanto è educativa? Su un non ben precisato principio di salvaguardia della proprietà privata, ancora una volta si affida al docente un ruolo addizionale che non gli compete: quello del poliziotto. Da dispensatore del sapere, il docente dovrebbe, come un gendarme, verificare (in che modo, poi, non è dato sapere) che gli allievi abbiano attivato la modalità aerea sui loro dispositivi elettronici. La scuola dovrebbe essere un posto in cui ogni giovane cittadino riceva, e capisca, delle informazioni fondamentali che lo aiutino in futuro a meglio interpretare la realtà, al fine di compiere delle scelte razionali per il bene della comunità. Il lavoro in classe richiede concentrazione, e i telefonini sono, per i giovani (ma non solo), un'addizionale fonte di distrazione. Non sarebbe forse meglio lasciarli fuori dalle classi, allo scopo di facilitare la concentrazione dei nostri allievi? Questo non vuol dire proibirne l'uso, qualora un docente li voglia utilizzare per un particolare fine didattico. Tuttavia nelle lezioni dove l’intervento delle nuove tecnologie di comunicazione non sia richiesto, il telefonino non dovrebbe restare acceso, e questo aiuterebbe gli allievi a capire l’importanza di un uso più razionale dei nuovi mezzi di telecomunicazione. Educare cioè l’allievo a trasformare il telefonino in un mezzo da utilizzare nei momenti opportuni, ed evitare invece che non sia il telefonino a trasformare l'allievo in un cliente da sfruttare nei momenti meno adatti. Si educherebbero così le nuove generazioni ad un uso più consapevole delle nuove tecnologie di comunicazione: fonti di distrazione in classe (che nel futuro diventa il posto di lavoro), ma utili nel tempo libero.

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