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Riscaldamento climatico, sensibilizzare e agire

18 marzo 2019
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Il riscaldamento climatico dura ormai da parecchi decenni. Chiunque abbia più di mezzo secolo di vita si ricorda le pattinate all’aperto sui laghetti che oggi non gelano più, gli inverni immancabilmente e abbondantemente innevati dal San Gottardo fino a Chiasso: e si ricorda fin dove scendevano i ghiacciai quando si percorrevano i passi alpini, sovente in automobile perché i collegamenti in treno e  in autopostale non erano così performanti come oggi.  A preoccupare, a giusta ragione, è l’accelerazione che questo processo ha intrapreso adesso e le conseguenze esercitate sull’ambiente e sull’uomo: estati tropicali, inverni siccitosi (se va bene con qualche goccia d’acqua, mentre il limite della neve continua a salire), eventi naturali inattesi ma sempre meno eccezionali e via dicendo. Un’accelerazione ormai fuori controllo ed è proprio questo il punto: dobbiamo ancora trovare il modo di invertire la tendenza, perché quanto abbiamo fatto finora a tutela dell’ambiente non basta. Non possiamo però permetterci di lasciare in eredità un ambiente invivibile. Facile a dirsi, ma come fare? Ritengo necessario agire in tre distinte direzioni:
-  purtroppo è ancora e più che mai necessario sensibilizzare: solo se siamo convinti riusciamo a cambiare abitudini e comodità. Sensibilizzare dalla scuola dell’infanzia fino alle università, passando per la formazione professionale; sensibilizzare gli amministratori comunali affinché adottino modalità rispettose dell’ambiente nell’erogazione dei loro servizi. Ognuno di noi dev’essere convinto di potere e dovere fare qualcosa in questo campo: da tempo si sa che il riscaldamento climatico è collegato in primo luogo con le emissioni umane a effetto serra, che a loro volta dipendono dai consumi umani di energia, di quella fossile in particolare.
- Agire per promuovere una migliore gestione delle nostre (limitate) risorse naturali: qui anche l’agricoltura ticinese può offrire un contributo considerevole, se lo Stato la saprà orientare verso forme di produzione particolarmente ecologiche. Al Piano - dove la densità della popolazione è più elevata - essa può offrire alimenti a km 0, risparmiano qualche trasporto aereo e riducendo il  traffico delle migliaia di auto (con al massimo due persone a bordo) che valicano il confine per fare la spesa e conservando le poche superfici verdi rimaste sul Piano di Magadino, nel Luganese e nel Mendrisiotto. Nelle valli, assicurando la gestione del territorio agricolo e forestale che, oltre ad offrirci energia alternativa a quella fossile, ci risparmia almeno le conseguenze negative del riscaldamento climatico, quali incendi e scoscendimenti.

Oltrepassare gli angusti confini cantonali e dare una mano alla Confederazione nell’adozione delle misure atte a combattere il riscaldamento climatico: serve a poco mettersi ad inventare misure unilaterali. Ma anche ricercare modalità di collaborazione a livello transfrontaliero per ridurre il consumo di energia, fossile in particolare. L’ambiente non conosce confini: lo sappiamo bene noi che viviamo ai margini di un’area, quella Padana, tra la più inquinate d’Europa. Anche a livello cantonale, la prossima legislatura dovrà mettere tra le proprie priorità la questione del riscaldamento climatico.

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