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Il diritto di veto del Gran Consiglio sugli atti del Governo

11 marzo 2019
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Il controllo dell’attività governativa da parte del parlamento ritorna spesso in discussione. In sei cantoni è stato introdotto il diritto di veto del parlamento su regolamenti del governo. A livello federale è in discussione una proposta simile per le ordinanze federali.
Di fronte all’iniziativa costituzionale di Boris Bignasca, che chiedeva di sottoporre a referendum facoltativo «tutti gli atti del Consiglio di Stato che comportano un aggravio fiscale per i cittadini», la Commissione speciale Costituzione e diritti politici, a maggioranza, ha preferito seguire la proposta di Fabio Bacchetta Cattori, che chiede di introdurre il «diritto di veto sugli atti del Consiglio di Stato e dei suoi Dipartimenti che comportano aggravi fiscali», con una modifica della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato.
Il Gruppo socialista combatte questa proposta per vari motivi. Il principio della divisione dei poteri dovrebbe suscitare una certa prudenza nel modificare le prerogative di Consiglio di Stato e Gran Consiglio. Già ora nei lavori commissionali il Governo presenta a volte proposte di regolamento per aiutare il lavoro legislativo. D’altra parte, se un regolamento o un decreto governativo sembrano superare i limiti previsti dal parlamento, con lo strumento dell’iniziativa legislativa o della mozione è possibile porre rimedio. Se un atto del Governo viola i limiti delle sue competenze è possibile adire al potere giudiziario.
In realtà il problema si presenta molto raramente. L’iniziativista cita l’aumento delle stime immobiliari, che il Governo ha messo in vigore sfruttando le sue competenze – aumento in realtà inadeguato per sanare l’insufficienza dell’imposizione fiscale della proprietà immobiliare! Cita poi il caso dell’aumento delle imposte di circolazione del 2017. Aumento contro quale alcuni cittadini hanno ricorso a tribunali con successo.
Negli altri Cantoni e nella Confederazione si parla di veto contro regolamenti o ordinanze del Governo. La motivazione è che a volte il legislatore non vuole essere troppo dettagliato nella formulazione di una legge, ma non intende però accettare regolamenti o ordinanze che interpretino male le sue intenzioni: si parla allora di collaborazione tra i poteri che mantengono la divisione delle loro competenze.
La proposta in discussione in Gran Consiglio non parla però solo di regolamenti, ma di tutti gli atti del Consiglio di Stato e dei suoi Dipartimenti! I due esempi citati infatti non sono regolamenti ma decreti esecutivi.
L’aspetto che più urta è poi la restrizione agli atti «che comportano aggravi fiscali»! Contro regolamenti di applicazione di leggi che non prevedono aggravi, questo strumento non è dato. Come pure contro decreti che prevedono conseguenze pesanti per i cittadini come i sussidi di cassa malati, i tagli sociali, gli sgravi fiscali e molti altri. Una proposta inutile e squilibrata!

 

 

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