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Caporicci, il miglior cantautorato di Berna, Italia

Non è il cognome di nessuno e nemmeno una località. Caporicci è la canzone italiana che vive nella capitale. ‘Si colora’, l’album, è una carezza

Andreas Michel e Annalisa Spagnoli
10 dicembre 2022
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"E mi meraviglio e mai smetterò / Perché i paradossi m’innamorano / Come acqua e roccia, che spettacolo / E si abbracciano di passione e allegria". A reggere ‘Onde del mare’ è un pianoforte che, nel tema, si tuffa dentro il classico, per accompagnare poi la voce esattamente come un pianoforte deve, nella forma canzone. Di tutto questo mare, quel che giunge a riva alla fine di un disco che con il mare si apre, si chiama Caporicci, viene da Berna ma è puro, italianissimo cantautorato.

Lanciamo un concerto che si tiene domani a 252 chilometri da qui, per una combinazione spazio-temporale tutta genovese che ci ha portati fino ad Annalisa Spagnoli, cantautrice. Con Andreas Michel – il pianismo di cui sopra, a tratti co-autore – forma il sodalizio portante di ‘Si colora’, album che è una carezza. A Spagnoli e Michel si uniscono il percussionista Christoph Fluri (già con Polo Hofer, Lo & Leduc e molti altri) e il violinista/polistrumentista Adam Taubitz (ex primo violino della Berliner Philarmoniker).

«Ho vissuto a Genova fino all’età di sei anni, poi in Piemonte. Un giorno i miei genitori hanno deciso che avrei dovuto studiare in Svizzera, perché mia madre è svizzera. Avevo già un piede qui». Qui è Berna, e anche nella capitale Annalisa Spagnoli ha continuato ad amare la musica: «Ho iniziato in giovane età, era quasi un atto catartico». Lezioni di pianoforte, perché «mamma ci teneva a che io imparassi uno strumento», e la prima musica d’insieme all’età di 14 anni: «Nei giorni delle Magistrali ho avuto occasione di suonare in alcuni gruppi, ho capito che mi piaceva stare sopra un palco. Ma anche suonando cover tornavo sempre sul desiderio di scrivere canzoni». E quando le canzoni uscivano, erano sempre in italiano.

Lacrime e fragilità

La collaborazione con il bernese di nascita Andreas Michel festeggia quest’anno un giubileo: «Abbiamo iniziato a collaborare nel 2011, nel 2012 c’è stato il primo concerto come Caporicci». Caporicci, appunto. Non è la località d’origine di nessuno, non è il soprannome di nessuno, men che meno il cognome. Digitando nel noto motore di ricerca, prima della band svizzera escono i rimorchi agricoli. «È un gioco di parole, cercavamo un nome composto che potesse suonare come un cognome ma che fosse allo stesso tempo un insieme di concetti. I ricci e il capo, riferito ai capelli, o il ‘da capo’ musicale. Caporicci è un suono che, inevitabilmente secondo noi, porta all’italiano». Quotiamo.

Il suono dell’album, invece, è un’alternanza di jazz, funk, latin da una parte (‘Compleanno’, ‘A ballare’, ‘Primavera’) e intime ballate. Come ‘La fortuna’, o ‘Mal di vivere’, aperta da un respiro, un pattern di note e un clarinetto felliniano per una storia di lacrime prevalse sulla fragilità. «Ci sono tante dediche in questo disco. ‘Mal di vivere’ è una di quelle». Scritta per un’amica, è la cronaca di un mancato addio. Accompagna il documentario ‘Ein Lied für mich, für dich’ di Sean Wirz, che parla del suicidio di una donna. Che non è l’amica di Annalisa, ma la storia quella è. Dediche, dialoghi, incontri, «duetti potenziali». Regali. Come ‘Inverno senza nostalgia’, scritta per un amico italiano migrante.

Rinascimento

«Ho la fortuna di suonare con musicisti che padroneggiano tutto – dice Annalisa – dalla classica al jazz, che il latino-americano lo hanno studiato con i cubani». E la sua voce, tutt’altro che studiata, è il compendio alla qualità del tutto. È cantautorato femminile, Caporicci, puoi sentirci il sillabare di Grazia Di Michele come l’epicità di Alice o la leggerezza di Tosca. Soprattutto l’ultima delle tre. «Sono una sua grande fan, ne seguo il percorso. Mi piace quel suo voler spaziare all’interno della world music. È un approccio molto aperto». Affinità: «A casa mia non si ascoltava tanta musica, ero una di quelle ragazzine che le canzoni le scopriva nelle cuffie del walkman, quasi di nascosto. Mio padre aveva una certa allergia al rock, troppo trasgressivo per lui. Io invece ascoltavo di tutto, qualsiasi cosa avesse in sé un minimo di melodia, e assorbivo come una spugna». Oggi, le idee di Annalisa nascono al pianoforte: «Lo suono e quando percepisco qualcosa che mi possa ispirare, provo a cantarci sopra; piano piano si concretizza un mood, poi un testo. A volte, al pianoforte mi ci siedo cento volte, altre volte me ne bastano un paio e il pezzo ce l’ho». C’è anche il pianoforte di Andreas a portare la musica, «un’idea sua, definita, sulla quale io aggiungo il testo».

Passaparola

Versatilità tenuta insieme dall’italiano, questo è Caporicci. «Facciamo canzoni, non c’è uno stile che ci possa obbligare a indossare alcun corsetto», chiude Annalisa, che non vede l’ora di scrivere cose nuove e di suonare tanto. Perché la canzone italiana piace a Berna, e il passaparola è foriero di concerti. «C’è stata tanta burocrazia in questi ultimi anni, tante cose che si devono fare e che non sono così poetiche. Quest’album è una specie di rinascimento da ciò che abbiamo passato, è una bellissima primavera anche se siamo a dicembre».

La telefonata è finita, Annalisa ci invita a Berna, al concerto in programma a La Cappella, domani sera sull’Allmendstrasse. Ne attendiamo uno più vicino, affidandoci al buon gusto di chi, la musica – a queste latitudini – la organizza (www.caporicci.info).

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