Spettacoli

Settant’anni di Roberto Benigni

Le origini contadine, la tv con ‘Onda libera’, di censura in censura fino a ‘Non ci resta che piangere’. E, prima di Dante e la Commedia, due Oscar

Roberto Benigni
(Keystone)
27 ottobre 2022
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È il ‘fool’ scespiriano della scena italiana. Roberto Benigni, ultimo di quatto figli nati dall’amore contandino dei genitori Luigi e Isolina, venuto al mondo a Manciano La Misericordia nell’aretino, cresciuto a Prato e diventato star mondiale in palcoscenico e al cinema, compie oggi settant’anni. Interprete straordinario della cultura e dello spettacolo, cantastorie capace di ‘rimare’ all’impronta (memorabile un certame con Umberto Eco e Francesco Guccini a Gradara nel 1996), a suo agio tanto con Dante che con gli articoli della Costituzione, Benigni debutta nel 1971 al Metastasio di Prato come cantante e musicista ne ‘Il re nudo’ diretto da Paolo Magelli; Carlo Monni e soprattutto Marco Messeri lo tengono a battesimo in vari spettacoli d’avanguardia a metà fra il teatro di strada e l’invenzione comica.

Sbarcato a Roma in compagnia di Messeri, Roberto Benigni incontra nel 1975 Giuseppe Bertolucci che scrive per lui il monologo di ‘Cioni Mario’, diventato in breve lo spettacolo di punta del teatro Alberico, punto di riferimento della scena off romana. Frammenti di quell’esperienza finiscono nel programma televisivo ‘Onda libera’ (alias ‘Televacca’), avversato dalla censura così come il suo primo exploit cinematografico, sempre per mano di Giuseppe Bertolucci, ‘Berlinguer ti voglio bene’ del 1977. Se la critica e i circoli intellettuali non lo hanno mai accettato fino in fondo, avvertendo il pericolo della sua satira irriverente, della sua comicità popolare e immediata, del suo voler sempre scrivere lontano dalle regole, il pubblico lo ha sin da subito abbracciato: fu così in teatro con lo spettacolo a sketch ‘Tuttobenigni’, e in tv con le irruzioni al festival di Sanremo e a Fantastico (auspice Pippo Baudo), tra piccolo e grande schermo nel sodalizio con Renzo Arbore tra ‘L’altra domenica’ e ‘Il Pap’occhio’, pellicola a lungo censurata. Nel 1983 si misura con l’altra parte del set e la regia di se stesso, debuttando con un film a episodi, ‘Tu mi turbi’, nella tradizione del cinema comico all’italiana, nascondendo aspirazioni registiche ben più alte.

Nel 1984, con la complicità dell’amico Bertolucci, scrive per sé e Massimo Troisi ‘Non ci resta che piangere’, storia di Mario e Saverio a spasso nel tempo che frantuma, a colpi di genialità, ogni record d’incasso. Si sposta quindi in America per farsi dirigere dall’amico Jim Jarmush con cui nel 1986 firma ‘Daunbailò’; accetta di misurarsi col mito di Peter Sellers ne ‘Il figlio della pantera rosa’ (1993) e torna in patria con un diverso carisma, da attore e regista di culto. Dal 1988 lo adotta Vincenzo Cerami, sei collaborazioni che consolidano un formidabile sodalizio umano e artistico arricchito da Nicoletta Braschi, fondatrice insieme a Roberto ed Elda Ferri della casa di produzione Melampo, attrice-icona dell’uomo che diventa suo marito nel 1991.

Insieme passeranno di successo in successo da ‘Il piccolo diavolo’ a ‘Johnny Stecchino’, da ‘Il mostro’ fino al trionfo – pur controverso – di ‘La vita è bella’, Oscar per il miglior film straniero ma anche per il miglior attore, ‘Roberto!’, come dall’annuncio della premiante Sophia Loren. Seguiranno ‘Pinocchio’ e ‘La tigre e la neve’, ma nell’intervallo c’è spazio per la collaborazione con Federico Fellini (e Paolo Villaggio) in ‘La voce della luna’ (1990). Fino a Dante e alla Commedia, che negli ultimi anni hanno allontanato Roberto Benigni dal cinema.

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