Spettacoli

Al cinema ‘Flee’, memoria di un rifugiato

Candidato a tre oscar, in sala il documentario d’animazione di Jonas Poher Rasmussen

31 marzo 2022
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Amin Nawabi è un giovane ricercatore universitario danese: una promettente carriera accademica, i progetti di matrimonio con il fidanzato Casper, ma la sua vita è solo apparentemente stabile, per via di un passato che è al contempo difficile da ricordare e impossibile da dimenticare. Amin è infatti nato e cresciuto in Afghanistan, fuggito ancora bambino in Russia con la famiglia quando i mujaheddin, dopo il ritiro sovietico, presero la città di Kabul, poi la scoperta della propria omosessualità, gli anni trascorsi senza documenti a Mosca cercando di risparmiare abbastanza soldi per varcare clandestinamente il confine, la detenzione in un centro profughi e finalmente l’arrivo, da solo, in Danimarca con una storia falsa per riuscire a ottenere asilo.

Tutto questo lo scopriamo grazie alla ricostruzione che il regista e documentarista Jonas Poher Rasmussen fa in ‘Flee’, meritatamente candidato agli Oscar quale Miglior film d’animazione, Miglior documentario e Miglior film internazionale. ‘Flee’, letteralmente "fuggi" – dalla situazione disperata in cui Amin si trovava prima in Afghanistan e poi in Russia, ma anche dal peso dei ricordi – è un film che mostra, con profondo rispetto verso il dolore delle persone, l’importanza della memoria.

Regista e protagonista si sono conosciuti da ragazzi negli anni Novanta, quando Amin era appena arrivato in Danimarca. I due sono diventati amici ed è questa amicizia che apre lo spazio per il racconto-confessione di Amin, iniziato con una serie di interviste per la radio e poi portato su schermo con un’animazione semplice ed essenziale – opera del direttore artistico Jess Nicholls – che non si limita a proteggere la vera identità del protagonista la cui famiglia è tornata in Afghanistan (quello con cui lo conosciamo è un nome di fantasia e anche altri dettagli sono stati modificati): l’animazione protegge la dignità di Amin e degli altri afghani che hanno trovato malfermo rifugio in Russia, e questo soprattutto in alcune scene che, se portate su schermo con attori, sarebbero risultate eccessive – pensiamo al viaggio via nave o a quando Amin e suo fratello sono fermati dalla polizia russa durante l’inaugurazione del primo McDonald’s di Mosca.

In originale la voce del protagonista è proprio quella di Amin.

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