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Al Sociale coi Trenincorsa, ‘Ballando sul confine’

Sabato 19 febbraio alle 20.45 a Bellinzona, un po’ di storia e qualche novità per la storica band luinese. A colloquio con Matteo Carassini

Matteo Carassini
17 febbraio 2022
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"Dalla prima idea gli anni sono 21, anche se l’inizio vero è poco più in là. Erano anni di tentativi. C’era già Giovanni Bruno alla fisarmonica, e ancora c’è". A un paio di decenni dalla fondazione, da sempre al di qua e al di là di questa frontiera, i luinesi Trenincorsa arrivano al Teatro Sociale con ‘Ballando sul confine’, titolo che logisticamente e linguisticamente dice molto o tutto di un gruppo folk di base ma dalle mille contaminazioni. Bellinzona, per quella che era stata pensata come una reunion, fermata dalla pandemia, è diventata un punto di ripartenza da celebrarsi comunque con la giusta dotazione di ospiti. Sabato 19 febbraio alle 20.45, un po’ di storia dei Trenincorsa e qualche novità, con la partecipazione di Flavio Stroppini, Flavio Sala e la giovane ticinese Matilde. Sul palco, da sette che erano, i Trenincorsa sono ora cinque: con Matteo Carassini (chitarra e voce) ci sono il suddetto Bruno, Ilario Longhi (basso e cori), Giuseppe Gigliola (batteria) e Alessio Isgrò (chitarra).

Matteo Carassini, perdonaci i riferimenti ferroviari un po’ scontati: ricordi la stazione di partenza?

I Trenincorsa sono di una generazione dopo o quasi Modena City Ramblers, Gang ancor prima, o Bandabardò, che per noi ha significato tanto. E Davide Van De Sfroos, che è poi diventato un compagno di un viaggio. Quando abbiamo cominciato non c’era Facebook, e subito dopo sono cambiate tante cose, anche molto velocemente. Per certi versi è stato un bene, per certi altri è stato un rincorrere e un adattarci al cambiamento. Erano gli anni delle sale prova, non c’era fretta di suonare e nemmeno di registrare. Si provava per andare a suonare dal vivo, e si suonava dal vivo solo una volta che ci si sentiva pronti. I Trenincorsa sono un gruppo che la gavetta l’ha fatta…

‘Sanremo, stazione di Sanremo’…

Era il 2010. Avevamo già un repertorio, arrivavamo da collaborazioni con artisti importanti, bei palchi e tante date alle spalle; intorno a noi c’erano ragazzi che ogni anno ci provavano, ma con una canzone alla volta. Ora la sezione dialetto, ad AreaSanremo, mi risulta non ci sia più. Arrivammo lì già sgamati e con ‘Primavera’, una bellissima canzone, mi sento di poterlo dire perché non è solo mia, e infatti arrivammo fino alla finale, a un passo dall’Ariston: in teoria, all’Ariston sarebbero dovute andare una canzone in dialetto e una in italiano, e invece ne andarono due in italiano e fu un po’ come se la nostra sezione non fosse mai esistita. Una bella esperienza comunque, tanti incontri importanti, e la consapevolezza di ritrovarci in quell’area più commerciale della musica, per capirne i meccanismi…

I passeggeri. Il passo dal Teatro Sociale a Shakespeare è un attimo: partiamo da Flavio Stroppini?

Oltre l’amicizia che ci lega, c’è ormai una collaborazione radiofonica e anche teatrale che continua, con nuovi progetti in cantiere. Ora che stiamo riprendendo la strada dopo lo stop, mi è sembrato bello includere ‘C’era una volta la tempesta’. Il nostro mondo folk, inoltre, è anche un po’ suo e abbiamo pensato che questa potesse essere l’occasione per qualcosa di sperimentale. Flavio ha preparato appositamente per la serata alcuni estratti ad hoc, che leggerà lungo la nostra scaletta.

Il passeggero Flavio Sala?

Anche questa è un’amicizia che ci lega per motivi radiofonici ma anche di cabaret musicale degli esordi, prima dei Trenincorsa. Ci siamo conosciuti molto giovani per poi non vederci più per anni, e ritrovarci in radio. Il medley popolare ci accompagna da tanto tempo, mi è sembrato avesse un senso inserirlo.

Il passeggero Davide Van De Sfroos: nell’aprile del 2010, in occasione di un concerto a Mendrisio, questo giornale titolava "Esplosiva accoppiata"…

Avevamo già aperto suoi concerti, dopo i quali ci eravamo scambiati opinioni sulle rispettive novità. Avevo scritto ‘La girandula’, che mi sembrava un pezzo adatto a lui; non volevo forzare la mano, ho aspettato il momento giusto, a lui è piaciuta e ci è rimasto affezionato. Davide è sicuramente colui che ha aperto la strada al dialetto, soprattutto al nostro, considerato più difficile da mettere in musica laddove la musica non fosse quella del cabaret milanese, ma la musica leggera. Veniamo da situazioni differenti e usi di lingua differenti, noi anche in italiano soltanto o italiano e dialetto insieme, ma c’è molto che ci unisce.

Altri passeggeri: gli Elio e le Storie Tese in varie forme, fino a Cesareo, nel 2016 produttore artistico di ‘Barba e capelli’…

Cesareo è amico del nostro vecchio chitarrista. Per noi è stata una crescita forte, Cesareo ci ha guidato con la sua esperienza, con suoni e metodo di lavoro diversi dai nostri. E in più Elio, che canta con me ‘Onderòd’. Abbiamo registrato nei loro studi, sono fenomeni.

Sul biglietto per il Sociale si legge: "Canzoni, chiacchiere, risate e malinconie"...

Per quel che riguarda la malinconia, il dialetto è capace di dare, sia in senso romantico che ironico, quello che la lingua italiana non riesce. Anche questo mi spinge a usare in un’unica canzone entrambe le lingue. Inizialmente, lo spettacolo di Bellinzona era pensato come una reunion, poi è successo quel che è successo; accettando la proposta di Gianfranco (Helbling, ndr) di recuperarlo, ci siamo chiesti cosa fare. Io ho ancora tanto materiale e abbiamo pensato che forse una reunion fine a sé stessa sarebbe stata inutile. Così abbiamo deciso di presentarci con una situazione che potrebbe continuare anche in futuro. Saremo in 5 invece che in 7, tutto più pulito, teatrale. E suonerò uno degli inediti della ‘Tempesta’. Ci sarà anche Matilde, una cantante molto brava che conosco personalmente fin da piccola, iscritta alla scuola di Mogol.

La prossima stazione?

In maggio sono all’Auditorium di Maccagno per una rassegna di cantautori, a fine maggio c’è un nuovo concerto. Come detto, ho tanto materiale e l’idea d’incidere ancora c’è. Sperando che intanto la musica e il mondo in generale trovino un proprio assetto generale, che male non farebbe...

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