La recensione

Osi al Lac, Ciajkovskij sotto tutela

Nella multimedialità del tutto, un concerto da ricordare per la lettura profonda, quasi introversa, della Prima Sinfonia

Ovazione, giovedì scorso
12 dicembre 2021
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Giovedì scorso il Concerto per violino e la Prima Sinfonia di Ciajkovskij sono stati messi sotto tutela dalla prima esecuzione di ‘Chants de fragilité - Quatre études sur la persistence de la mémoire’ per violino solo, 16 violini in eco, live video e orchestra, un brano di appena 12 minuti, con il quale il compositore Andrea Molino partecipa alla rilettura dell’opera sinfonica di Piotr Il’ic Ciajkovskij, intrapresa da Markus Poschner con l’Orchestra della Svizzera italiana. Un lavoro multimediale: il live video, nel quale compaiono Robert Kowalski, Konzertmeister, e Christian Tetzlaff, solista del concerto, è stato realizzato dal Conservatorio internazionale di scienze audiovisive; il violino solo in sala è stato Kowalski, che ha dialogato con 16 violinisti studenti del Conservatorio della Svizzera italiana.

Un’introduzione al concerto affatto originale, forse appropriata per esecutori e ascoltatori purtroppo ancora sotto tutela delle mascherine. Mi ha ricordato consuetudini di oltre mezzo secolo fa, quando famosi pianisti, il nostro Wilhelm Backhaus in particolare, solevano preludiare: suonavano due o tre accordi e preannunciavano la tonalità del brano che stavano per iniziare.

Mentre Kowalski dialogava con i violinisti in sala, e gli ascoltatori cercavano preannunci criptici ciajkovskijani, gli strumentisti dell’Orchestra occupavano alla spicciolata i loro posti, imbracciavano gli strumenti, mi pare qualcuno partecipasse all’esecuzione in sala; entrati anche il direttore Poschner e il solista Tetzlaff, l’ultimo suono di ‘Chants de fragilité’ è diventato il primo del Concerto per violino di Ciajkovskij e la tutela è passata da Molino ad Hanslick.

Eduard Hanslick (1825-1904), Magister della critica musicale nella Vienna absburgica, autore di una stroncatura storica di questo Concerto alla sua prima esecuzione del 1881, certamente non estranea alla scelta di Poschner e dell’Orchestra di programmarlo già due volte con due grandi solisti.

La prima, il 12 aprile 2018, con Patricia Kopatchinskaja e fu una clamorosa parodia, che si è ripetuta l’altra sera con Christian Tetzlaff. In musica è più facile far piangere che far ridere. Non mi son scompisciato dalle risa, ma ho goduto tanto i virtuosismi e anche la bellezza di suono del suo violino che a tratti “non suona, bensì raglia, stride, ruggisce” oppure descrive “una qualche festa russa selvaggia dove sono tutti ubriachi”. Bravissima anche l’Orchestra nell’assecondare la parodia negli svicolamenti del fraseggio, nei frastuoni delle percussioni scelti da Poschner.

Kopatchinskaja aveva programmato un bis rocambolesco e portato in scena un pianoforte verticale traballante sul quale aveva eseguito a colpi di avambraccio l’Omaggio a Ciajkovskij di György Kurtag. Tetzlaff invece ha voluto ripristinare la sua credibilità con un bis bachiano, la Gavotta in rondò della Terza Partita.

Il corredo espressivo di Christian Tetzlaff come pure l’attuale stato di grazia della nostra Orchestra, soprattutto quando è nelle mani del suo direttore principale, erano noti, quindi prevedibile l’alta qualità dell’interpretazione offerta ai mille ascoltatori di una Sala Teatro completa.

Ma ricorderò questo concerto soprattutto per la lettura profonda, direi quasi introversa della Prima Sinfonia. La ricerca di una poesia che ha poco a vedere con la bellezza, trae anche forza dal fascino discreto di dolci metafore o di tenere allegorie. Markus Poschner ha mostrato di saper tenere a bada il troppo sentimento profuso in una musica, che per quanto concepita come pura, libera sempre emozioni, svela stati d’animo anche se non utilizza un testo.

Mi è sembrata davvero una grande interpretazione, che allo spegnimento dell’ultima nota avrebbe meritato un momento di silenzio: è partito invece subito un applauso costellato di ovazioni più adatte agli stadi e alle prime della Scala. Poi s’è fatto strada l‘applauso anche ritmato dei melomani fedeli, che ha trattenuto il pubblico perché fossero gli orchestrali a lasciar per primi la sala.

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