Spettacoli

Venezia, il concorso si chiude con il botto

La feroce critica di ‘Un autre monde’ di Stéphane Brizé con Vincent Lindon, la denuncia sociale di ‘On The Job: The Missing 8’ del filippino Erik Matti

Vincent Lindon (Keystone)
10 settembre 2021
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Ormai è chiaro, ogni volta che Vincent Lindon accetta di fare un film si tratta di un'opera che lascia il segno nella vita delle persone, nei festival a cui partecipa, nel concetto stesso dell'arte di essere attore, avvicinandosi nelle sue scelte a quelle indimenticabili di Gian Maria Volonté. Eccolo allora ancora una volta a recitare per Stéphane Brizé in ‘Un autre monde’, il duo ormai martella duro sul mondo del lavoro, sulla società che esiste e che il potere tradisce. Qui Lindon è un dirigente d’azienda, uno che conta, per una grossa compagnia americana di elettrodomestici, uno che si sacrifica al lavoro, uno che ora si trova a guardare la moglie dall’altra parte del tavolo, ognuno è insieme a un avvocato, lei (una magnifica Sandrine Kiberlain) era stanca di un uomo che in due anni aveva passato solo sei fine settimana con la famiglia. Un uomo che viveva il lavoro in modo claustrale: non era una questione di amarsi ancora ma di negare l’amore. Per lui le cose non vanno bene: dalla casa madre americana arriva l'ordine di tagliare sul personale ma lui non se la sente, perché i tagli porterebbero a un forte calo sulla sicurezza; propone allora di tagliare i bonus dei privilegiati come lui, incorrendo nell’odio di quanti dirigono le altre sedi della compagnia. Nel frattempo scopre che il figlio maschio è in una grave situazione psicologica: ha assalito un professore inveendo e minacciandolo, per questo è stato ricoverato, e marito e moglie piangono scoperta la gravità della malattia. L’uomo che ha cercato di difendere i lavoratori viene nello stesso tempo attaccato dai sindacati e dalla compagnia che lo licenzia offrendogli, come possibile via di scampo, quella di licenziare il suo amministratore colpevole di stare dalla parte degli operai; lui non accetta e in una mail alla responsabile dell’area europea scrive della dignità di ognuno, del rispetto verso i lavoratori che non sono numeri da tagliare perché Wall Street deve alzare i dividendi. Venderà la casa ma avrà recuperato la possibilità di essere amato e insieme a lei ora potrà stare vicino a quel figlio la cui mente può essere salvata solo dall’amore. Stéphane Brizé batte duro e forte su una società che ha perso ogni valore morale in nome del valore dei soldi su cui tutto si misura, anche l’amore.

Ancora di onore, dignità e impossibilità di coniugare queste parole con la politica e il denaro parla l’altro film di questa giornata finale della competizione: ‘On The Job: The Missing 8’ del filippino Erik Matti, 208 minuti di alta tensione per raccontare una storia vera, ispirata a eventi realmente accaduti, un fatto di sangue. Sette giornalisti di un giornale contrario alle malefatte dei politici sono assassinati e con loro un bambino, il figlio del direttore del giornale. Un fatto che cambierà la vita di Sisoy Salas, un giornalista corrotto che lecca i piedi al potente di turno, ma che era amico fraterno del direttore morto e il bambino era come suo figlio. Ora è diventato il grande nemico dei politici corrotti, che sono i mandanti del massacro; sarà lui a stanarli mettendo a repentaglio la sua vita. Il film mostra il degrado sociale di La Paz, una delle città più compromesse delle Filippine, un vero inferno in cui il valore degli uomini non esiste, dove però ancora c’è una luce, quella di un mondo di intellettuali che credono di poter cambiare le cose, ma forse è già troppo marcio il mondo che li circonda. Bravo il regista, impressionante la bravura di attrici e attori.

 

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