Musica

Quattro anni fa ci lasciava Chester Bennington

L’ex frontman dei Linkin Park, morto suicida a 41 anni il 20 luglio del 2017, è stato uno dei cantanti più amati degli ultimi vent'anni

20 luglio 2021
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«A chi importa se un'altra luce si spegne in un cielo di milioni di stelle? Be’, a me importa». Questa frase, tratta dal brano One More Light, contenuta nell’ultimo album in studio della band di Los Angeles, è stata purtroppo premonitrice: uscita nel maggio del 2017, solo due mesi più tardi il cantante si sarebbe suicidato nella sua abitazione di Los Angeles all’età di 41 anni. Chester Bennington soffriva di depressione e aveva avuto continui problemi di alcol e droga. Problemi che negli anni, grazie alla musica, ai fan, e alla propria famiglia – stretta e musicale – era riuscito a combattere, a resistere, ma come disse sua moglie in un’intervista poco tempo dopo il tragico fatto, «la depressione è terribile: chiunque guardava Chester, era sicuro di vedere una persona felice. Anche io lo vedevo così. Ma dentro di sé non lo era». Bennington si impiccò il 20 luglio del 2017. Due mesi prima, con la stessa modalità, anche Chris Cornell, cantante dei Soundgarden, decise di togliersi la vita. Era nato il 20 luglio. Una morte che a Bennington lasciò un vuoto incolmabile: Cornell era infatti il padrino di uno dei suoi figli, oltre che essere amici strettissimi e condividere un problema come la depressione, causato in entrambi i casi da alcol, droga e abusi sessuali subiti durante l’adolescenza. 

L’ultimo disco

I Linkin Park hanno esordito nel 2000 con l’album ‘Hybrid Theory’. Disco che frantumò qualsiasi record, vendendo ad oggi più di 27 milioni di copie in tutto il mondo. Successo che replicarono solo tre anni più tardi con ‘Meteora’, mantenendo la stessa formula del primo fortunato disco. Nel 2007, uscì ‘Minutes To Midnight’, uno degli album più polarizzanti della band: il nu-metal (genere musicale popolare a fine anni 90’ che mescolava Metal, Hip-Hop e Elettronica) venne abbandonato in favore di sonorità più alternative. Il risultato premiò ancora la band, facendola balzare in vetta a tutte le classifiche mondiali. Nel 2010, con il quarto album, arrivò di nuovo un cambio di sonorità, ancora più elettronico e meno rock, incentrato sul tema della bomba atomica ed esplorato tramite la tecnica del concept album (un album che tratta un solo tema per tutta la durata e dove le canzoni sono strettamente collegate l’una con l’altra). Alcuni fan di vecchia data si inorridirono, ma altri salparono sulla nuova nave chiamata ‘A Thousand Suns’. Nei sette anni successivi, i sei membri sperimentarono e cambiarono ancora genere. Con Living Things (2012), cercarono di mescolare l’aggressività del primo album con le nuove sonorità più elettroniche e poi, nel 2014, tornarono con un album ancora più rock e violento dei primi due. Un album grezzo che suona come un testo d’amore al rock «pestato e suonato»: ‘The Hunting Party’. 

L’anno del suicidio del cantante fu anche quello di ‘One More Light’. Un disco prettamente pop e autoprodotto. Curato nei minimi dettagli dal punto di vista sonoro e da quello della scrittura. Gli arrangiamenti e le basi vennero però aspramente criticate, additate dai critici e dai fan come banali e scontate. «Un disco fatto solo per vendere», una frase che la band si sentì dire interrottamente per due mesi. Bennington la prese male. In molte occasioni, sui social, l’artista litigò con i fan sulla nuova direzione artistica della sua band, arrivando addirittura a dirgli «se non vi piace la musica, bene. Ma se ci dici che l’abbiamo fatta solo per vendere, beh, tirati un pugno in faccia». Parole forti che i fan non presero bene voltando le spalle al gruppo. Un album complicato, quindi, sotto tanti aspetti, che se riascoltato con la consapevolezza di quello che è accaduto, sembra un avvertimento. Un estratto dal ritornello della prima canzone che apre l’ultimo disco dal titolo ‘Nobody Can Save Me’: «Nessuno può salvarmi ora, sto tenendo viva una speranza, sto scegliendo l'oscurità dentro. Perché nessuno può salvarmi».

Bennington è stato anche il cantante degli Stone Temple Pilots, coronando un suo sogno fin da ragazzino. Era infatti la sua band preferita. Inoltre, fondò i Dead By Sunrise, che a oggi contano un solo album. Incerto è la parola corretta quando si parla della continuazione o meno dei Linkin Park. In questi quattro anni i sei membri hanno intrapreso strade diverse, con l’unico Mike Shinoda, fondatore della formazione, a produrre un disco da solista ed esibirsi in svariati show per il mondo.

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