Spettacoli

Parliamo di parole con Annagaia Marchioro

Venerdì in streaming per ‘2 teatri in salotto’ lo spettacolo ‘#pourparler’, indagine comico-scientifica sulle cose belle e meno belle da dire

11 marzo 2021
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La rassegna online ‘2 teatri in salotto’ prosegue, venerdì 12 marzo alle 20.30, con la “indagine comico-scientifica” di Annagaia Marchioro: il suo spettacolo ‘#pourparler’ sarà visibile, in diretta e poi ancora per alcuni giorni, su www.centroculturalechiasso.ch e www.teatrodilocarno.ch.

Si tratta di «uno spettacolo pensato da una persona viva tra i vivi» ci racconta l’attrice italiana. ‘#pourparler’ doveva debuttare durante il primo lockdown. «Ho cominciato a creare delle “pillole web” dal salotto di casa. La struttura ricorda la stand-up americana, ma l’ho trasformata in una cosa tutta mia, un ‘one-woman show’ con anche alcuni personaggi in video che gli spettatori, adesso, vedranno direttamente sul loro schermo».

Come il titolo suggerisce, ‘#pourparler’ è uno spettacolo che parla delle parole. «Si fonda sul principio che le parole sono parabole e raccontano delle storie. E io cerco di raccontare queste storie andando fino in fondo a parole che trovo interessanti». In che senso interessanti? «Parole controverse, o parole d’amore, parole che mi piacciono o parole che mi hanno ferita». Un esempio è “vacanza”, «è una parola che mi piace molto: deriva da vacante, cioè vuoto, per cui è il tempo del vuoto. Siamo bottiglie troppo piene,  non ci sta più niente e quindi dobbiamo riuscire a liberarci, a rendere vuoti». Da qui poi un aneddoto che non anticipiamo.

Nello spettacolo ci saranno ovviamente anche delle parole controverse, «come sindaca, avvocata, e del resto c’è appena stato Sanremo con la direttrice o direttore d’orchestra Beatrice Venezi». Forme femminili che fanno strano, «eppure l’italiano è una lingua coniugata: semplicemente, sono tutte professioni che per molto tempo non sono state praticate dalle donne. Sono parole che spostano un immaginario, si scontrano con la nostra abitudine». Ma, prosegue Marchioro, «la lingua è una cosa viva, si trasforma in continuazione: molti pensano che l’Accademia della Crusca decida quali parole vanno dei vocabolari e quali no; in realtà rivela quali sono le parole che utilizziamo».

Ma sono così importanti le parole? «Raccontano il mondo: all’inizio dello spettacolo dico che secondo i filosofi noi non conosciamo le cose, ma le cose che sappiamo nominare: i geologi hanno molte parole per le rocce, i veneti hanno almeno quindi parole per dire spritz. E non solo parole, ma anche le espressioni e i modi di dire raccontano come noi vediamo il mondo. “Bella ma anche mamma”: che cosa racconta questa espressione? O “una donna che spaventa gli uomini”: come è?». O ancora “straniero” che «dipende da che cosa sono per te i tuoi usi e costumi, perché “straniero” vuol dire estraneo ai tuoi usi e costumi e per mia nonna gli stranieri più stranieri degli altri erano quelli dall’altra parte del canale». Ma questo concentrarsi sulle parole non rischia di farci dimenticare i fatti? «Ma l’unico modo per passare ai fatti è imparare a nominarli: non riesci a vedere qualcosa se non sei riuscito a nominarla, è quello il primo passo. Come ha scritto Michela Murgia nel suo ultimo libro, il modo in cui nominiamo la realtà è quello in cui finiamo per abitarla».

Le parole mutano, si adattano, e «ci sono eventi che improvvisamente rendono importanti parole prima poco interessanti», e questo vale anche per i tempi particolari che stiamo vivendo: «Nello spettacolo ci saranno ovviamente anche le parole del Covid: quarantena, cluster, lockdown…».

Si è detto del debutto bloccato dalla pandemia, delle pillole su YouTube. «Sono riuscita a fare due volte lo spettacolo live; una proprio a Cavandone, al festival dei narratori diretto da Crivellaro (direttore del Teatro di Locarno, ndr)». Il pubblico come ha reagito? «È piaciuto molto e qualcuno mi ha anche detto che vorrebbe risentirlo per prendere appunti». Magari farci un libro? «Non lo so, per adesso no ma forse in futuro potrebbe valerne la pena».

Chiudiamo l’intervista chiedendo a Annagaia Marchioro se, tra tante parole controverse, ce n’è una che vorrebbe valorizzare. «Dispietanza». Cosa vuol dire? «Lascerei al pubblico immaginare che cosa possa significare».

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