Spettacoli

Baron Cohen l'anti-bullo, da Idle a Borat, da Trump all'Oscar

I dietro le quinte dell'ultimo Borat nell'incontro con uno dei leggendari Monty Python. E quattro chiacchiere anche sulla doppia nomination

‘Seguito di film cinema’ (Keystone)

"Un uomo che ha realmente cambiato le tante facce della commedia". Così Eric Idle uno dei componenti dei leggendari Monty Python, ha introdotto nell'incontro online organizzato dall'American Cinemateque, Sacha Baron Cohen, uno dei trionfatori dell'attuale stagione cinematografica, sia come mente creativa, co-sceneggiatore, co-produttore e mattatore in ‘Borat - Seguito di film cinema’ di Jason Woliner (disponibile su Amazon Prime Video, nuova avventura di uno dei suoi personaggi simbolo), che come interprete di uno dei suoi eroi personali, Abbie Hoffmann (attivista, scrittore e tra le figure di riferimento del movimento di protesta del '68) nel corale ‘Il processo ai Chicago 7’ di Aaron Sorkin (disponibile su Netflix).

Dopo la doppia nomination fra gli attori protagonisti e non protagonisti ai Golden Globes, Baron Cohen ora punta a tornare in corsa per gli Oscar (ha già ottenuto una candidatura nel 2007 per la sceneggiatura di Borat). Una consacrazione alla quale, secondo Idle, ha diritto: "Non vorrei dire cosa fare ai votanti, ma Sacha ha fatto un grandissimo lavoro ed è il momento che venga riconosciuto. Sono molto fiero di te". Un complimento che emoziona il collega, da grande fan dei Monty Python e visto che da sempre considera Idle "il mio eroe". Nella conversazione, Baron Cohen spiega che "fin dall'inizio, fin da ‘Ali G’ (un altro dei suoi personaggi-icona, ndr) ho pensato alla comicità come strumento per 'umiliare i potenti'. Io me la prendo con i bulli, con chi fa cose sbagliate, e provo una certa soddisfazione a colpire personaggi come Dick Cheney". O anche lo stesso Donald Trump, che Baron Cohen aveva intervistato proprio nei panni di Ali G. "Era molto deluso dal non avere come intervistatrice una bionda in tailleur – scherza–. Ha resistito sette - otto minuti, ha interrotto solo quando ho iniziato a chiedergli soldi".

La satira è al centro anche del sequel di Borat: "Per la prima volta durante le riprese ho dovuto indossare un giubbetto antiproiettile. È successo per la scena al raduno dei pro-armi. Ci avevano detto che sarebbe potuto diventare violento se i manifestanti avessero capito che qualcuno tentava d'infiltrarsi... Lì c'erano tante persone con armi semi automatiche. Poi, mentre cantavo la canzone contro i vaccini e Obama, alcuni hanno capito che era una gag e sono saltati sul palco. Noi siamo scappati e ci siamo rifugiati in un'ambulanza, ma non ci lasciavano andare via. Il poliziotto che era con noi sosteneva i manifestanti, e non ci ha aiutato". Una ulteriore sfida per Cohen è stata il dover restare nel personaggio di Borat per cinque giorni consecutivi, per girare la parte del mockumentary nella quale viene ospitato in casa da due appassionati di cospirazioni: “È stato un po' terrificante, anche perché erano molto sospettosi. Ma al terzo giorno mi sono reso conto che anche quando ero solo in bagno a lavarmi i denti, ormai mi comportavo come Borat. Comunque, pur essendo appassionati di cospirazioni politiche, erano persone molto educate. Hanno anche cercato di educare Borat a essere meno misogino".

Per Cohen è stata una grande gioia poter interpretare un uomo che ha sempre ammirato, Abbie Hoffmann, al quale aveva anche dedicato parte di una sua dissertazione quando era studente di storia a Cambridge: "Ero ossessionato da lui sin da quando avevo 20 anni e quando, 13 anni fa, ho saputo che Spielberg stava lavorando a un film sul processo ai Chicago 7, mi sono subito proposto per il ruolo. Ho lavorato settimane per avere il giusto accento". Il progetto poi si è fermato ed è stato ripreso solo recentemente da Aaron Sorkin: "Essere sul quel set con giganti del teatro e del cinema come Frank Langella, Eddie Redmayne, Mark Rylance, è stato incredibile. Le comparse che facevano da spettatori al processo applaudivano tra una scena e l'altra". In quel periodo "giravo i Chicago 7 di giorno e lavoravo al sequel di ‘Borat’ la sera, con il timore di non fare in tempo a finirlo. Volevo assolutamente che uscisse prima delle elezioni americane". E "c'è da ringraziarti – sottolinea Idle – perché potresti aver influenzato positivamente il voto, visto che hai smascherato un po' di quei cretini".

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