Spettacoli

'Non si può morire ballando', otto buoni motivi per vivere

È il film indipendente di Andrea Castoldi in arrivo lunedì 2 dicembre a Chiasso, Sala-Cine Excelsior: ne parlano il regista e la losonese Monica Mazzei

Un frammento da 'Non si può morire ballando' di Andrea Castoldi
29 novembre 2019
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Forse Massimiliano può salvare il fratello Gianluca, nel letto di un ospedale con una prospettiva di vita di due mesi; ci sarebbe un vecchio studio sulle ‘cellule dormienti’, da risvegliare grazie alle emozioni. Basterebbe rivivere otto momenti d’oro della propria vita; Gianluca non può farlo, perché immobile. Qualcun altro potrebbe, al posto suo...

È questo il succo di ‘Non si può morire ballando’, film di Andrea Castoldi in arrivo a Chiasso, Sala-Cine Excelsior, lunedì 2, venerdì 6 e sabato 7 dicembre alle 20.30. «La storia – racconta il regista – nasce da un’esperienza vissuta a fianco di un conoscente, e per l’aver assaporato la dimensione ospedaliera della quale fino a quel giorno, fortunato io, ignoravo l’apatia e la freddezza». Fermo allo stadio di semplice idea – «Così com’era, poteva solo essere la copia di un qualsiasi altro film sull’argomento» – Castoldi ha trovato una chiave di lettura diversa e una soluzione per la quale si sfocia in ambiti teatrali, tutti da vedere. Perché i ricordi da rivivere non sono solo legati alla danza: «Il film si chiama ‘Non si può morire ballando’, ma poteva anche chiamarsi ‘Non si può morire davanti al primo bacio’» e tutto il resto delle “otto cose per cui vale la pena vivere” (parafrasando altro regista).


Andrea Castoldi

Di fiori, lavatrici e indipendenza

Per i fan di Lina Wermüller, il film di Castoldi ha un sottotitolo che fa invidia a Giancarlo Giannini e Mariangela Melato: “La vita altro non è che una distesa di fiori profumati con una lavatrice rotta piantata nel mezzo”. Che Castoldi spiega così: «Non c’era una storia quando è nata questa frase. Una buona frase che proponeva, citandola, una chiave di lettura interessante su quella che è la vita. È nata così, dal nulla, mentre passeggiavo per le vie di Fano». Spiegazione: «La vita è un bel quadro da vedere, profumato se vuoi, ma nel mezzo puoi andare a imbatterti in qualcosa che può intaccare l’intero scenario»; e lavatrice è «l’elettrodomestico nel quale ognuno di noi, almeno per una volta, si sarà imbattuto ai margini della strada, abbandonato da qualche idiota. Poteva essere anche un frigorifero o un materasso».

Due anni fa, in ‘Vista mare’, affrontava i temi della crisi e dell’emigrazione: come ogni regista che si rispetti – che promuove il penultimo film mentre quello nuovo attende solo di essere montato – Castoldi ha finito il suo ‘Principe di Melchiorre Gioia’, «che definirei un film in costume, visto che in questi anni sono cambiate davvero tante cose». Tratto da una storia vera, «surreale, grottesco, allegro e spensierato», ha una punta di sociale «per il protagonista eterno sconfitto, che non riesce mai a trovare il suo posto nella vita di tutti i giorni».

‘Non si può morire ballando’ ha tutti i vantaggi di una produzione indipendente – «Hai tu l’ultima scelta, ti prendi i rischi ma non devi scendere a compromessi» e il relativo scotto– «Che è girare un film in dodici giorni quando c’è chi in questi tempi a volte ci gira un corto». Dodici giorni più un tredicesimo, un anno dopo: «Servivano i girasoli, che nel frattempo erano bruciati. Abbiamo atteso un anno perché un drone passasse sopra le Marche a riprendere questo che era un particolare fondamentale nel film». L'indipendenza non ha impedito a questo film di essere inserito nelle ottanta produzioni che si giocheranno una o più candidature ai David di Donatello 2020. E se un giorno arrivasse una grande produzione? «Non andrei a rimettere mano ai precedenti – dice Castoldi – ma farei il film che deve ancora venire. O al massimo un remake». E se fosse un remake? «Vista la vicinanza al Principe di Melchiorre Gioia, allora rifarei ‘Il grande Lobowski’. Un grande Lebowski milanese, ovviamente.


Monica Mazzei

Monica Mazzei, da Losone con furore

Tra gli attori di ‘Non si può morire ballando’ spiccano Mauro Negri e Salvatore Palombi; ma c’è anche la losonese Monica Mazzei, al settimo cielo, forse un paio di piani più su: «Il mio ruolo è giusto nel mezzo, fra il teatrale e il cinematografico, cosa complicata ma bellissima da gestire». Il cinema è il suo sogno da quand’era piccola, dai tempi in cui «Milano mi sembrava un mondo molto lontano». Divisa per lungo tempo – e senza mai badare alle poche ore di sonno disponibili – tra la contabilità (lavoro primario), gli studi al Centro teatro attivo di Milano e le collaborazioni con la compagnia del Teatro delle Contrade di Losone, Monica è la perfetta unione tra emisferi opposti: «Ho un lato rigoroso e un altro ‘folle’. L’arte, in fondo, è matematica, prendi la musica...».

Un’esperienza gratificante e formativa, quella con Castoldi, conosciuto sul set di ‘Vista mare’ per il quale il regista le ha ritagliato una breve apparizione. Questa volta, con più tempo a disposizione, «Andrea mi ha concesso il privilegio di conoscere il cinema in tutti i suoi dettagli, spiegandomi i singoli ruoli del cast, anche e soprattutto quelli tecnici, così che io e gli altri attori potessimo essere d’aiuto tanto quanto il cast lo è per noi».

Per la categoria ‘Sogni nel cassetto’, i suoi sono quelli che questa possa diventare la sua unica professione: «Mi piace recitare tutto, così come si richiede a un’attrice. Da parte mia, sono conscia di far divertire il pubblico, a volte anche solo con un movimento, o un’espressione del viso. Ma credo che potrei anche recitare qualcosa di... ‘biblico’». Biblico come un Gesù di Zeffirelli? «Sì. Non dico che aspiro alla Madonna, ma mia andrebbe bene anche una Maria Maddalena». Quanto la suo potenziale comico, la mano sul fuoco ce la mettiamo noi.

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