L'intervista

Christian De Sica al Palacongressi: 'Una serata tra amici'

Il 27 novembre, racconti di vita, di musica e di un padre andato via troppo presto (‘ma che era anche un gran giocatore, e io Lugano la conosco bene...’).

A tu per tu (© Emi Seven Media)
20 novembre 2019
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«Buodgiordo a lei. Sodo ravvreddado, si sende?». È passato qualche giorno da quando Christian De Sica, al telefono da Verona nel pomeriggio dell’imminente spettacolo, con voce dalle catacombe confidava in un miglioramento per condurre in porto, poco più tardi, il suo ‘Christian racconta Christian De Sica’, show che arriva al Palazzo dei Congressi di Lugano mercoledì 27 novembre alle 20.30 (info@horangmusic.com, biglietti su  www.biglietteria.ch e presso i rivenditori autorizzati). ‘Confidenziale’ è il termine forse più corretto per descrivere uno spettacolo che si divide tra racconto e canzone e in cui De Sica ripercorre la propria vita, umana e d’artista.

Christian De Sica si racconta: terapia di gruppo? Puro piacere?

È puro piacere, a partire dal fatto che quando lavoro a teatro mi sento sempre bene, tant’è che quella di mercoledì prossimo vorrei fosse una serata tra amici più che uno spettacolo. Non a caso, all’inizio entro dalla platea, saluto qualche persona e poi salgo sul palcoscenico e comincio a cantare e a raccontare, ma sempre con la luce pronta a illuminare il pubblico, perché raccontare il privato davanti a un muro nero è impossibile. Preferisco guardare in faccia le persone, anche perché se poi si divertono io m’allungo, e se si annoiano m’accorcio...

Ad affiancarla sul palco ci saranno un ‘moderatore’ e tanta musica...

Vicino a me c’è Pino Strabioli, che mi ricorda le cose che mi sono successe in questi anni, perché me ne sono successe tante, di divertenti e meno divertenti, di tenere e di romantiche, come nella vita di tutti. Il ricordo passa attraverso canzoni che hanno segnato in primis la mia vita. È uno spettacolo in divenire, regolato dai ricordi imprescindibili e da quelli che possono riaffiorare strada facendo, che è il bello di questo tipo di spettacolo. Vicino a me c’è il pianista Riccardo Biseo che dirige un sestetto di musicisti bravissimi e mi accompagna nelle canzoni di Lelio Luttazzi, grande musicista un po’ dimenticato che scrisse molte cose anche per Mina, e poi nelle canzoni francesi, napoletane, americane, tutte legate ad avvenimenti che mi sono capitati.

A proposito di canzoni: il suo esordio musicale fu a Sanremo, nel 1973. ‘Mondo mio’, ascoltata oggi, non era poi così male...

Vuol sapere perché mi esclusero? E che ne so, bisognerebbe chiederlo a quelli là. Ma nel mio spettacolo quella canzone non c’è, perché non me la ricordo più.

Scorrendo i punti chiave dello show, si partirà dagli esordi. Maurizio Costanzo, a inizio carriera, le disse: “A te non crederanno mai come uomo democratico, con questa faccia, queste espressioni e questo fisico, non è plausibile. Devi puntare al ruolo di figlio di papà, tutti penseranno che sei uno str**** e ti noteranno”...

È vero, cominciai così, mi presentavo chiamando la gente in sala “pubblico gentile”, vestito elegantissimo e coi capelli impomatati. Tant’è che il pubblico, alla fine, si chiedeva davvero “Ma chi è questo str***?”. Poi ho cambiato...

Ampio spazio occuperà suo padre...

Certamente. È stato importante per me in quanto padre e per la mia carriera, anche se disgraziatamente l’ho perso che avevo soltanto 23 anni. Per uno che vuole fare l’attore e ha il padre che si chiama Vittorio De Sica è una bella fregatura perderlo così presto; gli avrei potuto chiedere tante cose e chissà quante paure mi avrebbe potuto togliere, quanti consigli mi avrebbe potuto dare. Racconto un po’ di aneddoti che fanno parte di quel periodo, senza nascondere che mio padre era un grande giocatore e quando arrivava l’estate diceva a noi bambini “Allora, scegliete: dove volete andare? Campione, Montecarlo, Sanremo, Saint Vincent? Quindi io Lugano la conosco molto, molto bene, mi sono fatto certe nottate con la nebbia per tornare a Milano...

Parlerà anche il Re del cinepanettone, comicità spesso grassa per la quale in molti hanno storto il naso...

I film di Natale mi hanno dato la notorietà. Devo ad essi l’aver potuto fare, ancora oggi, dopo tanti anni, l’ultimo film ‘Sono solo fantasmi’, che è il mio centodecimo. Sono cinquant’anni che faccio questo mestiere, non posso che ringraziare il pubblico per avermi seguito in tutto questo tempo e per continuare a farlo, grazie a Dio. Quindi non posso di certo recriminare sul cinepanettone.

Tra gli aneddoti, Wanda Osiris, il compagno di liceo Carlo Verdone e molto altro. Racconterà anche del “vecchio scemo che sta a fa’ ‘na cosa con la bombetta in testa”?

Charlie Chaplin! (ride, ndr). Ero un ragazzino, non parlavo inglese. Aspettavo mio padre all’Hotel Flora di via Veneto a Roma e questo signore, per farmi passare il tempo, giocava con la sua bombetta, l’alzava, l’abbassava, come faceva lui. Quand’è arrivato mio padre gli ho detto “Papà, c’è un vecchio scemo che gioca col cappello, ma chi è?”. E lui mi ha risposto “Ma sei pazzo, è Charlot!”.

Uno dei suoi ruoli drammatici più riusciti è il Bruno Ciardulli di  ‘Compagni di scuola’. Non le pare che il cinema le abbia riservato pochi ruoli di quel tipo? E c’è un personaggio che avrebbe tanto voluto interpretare?

Non lo so. Potrei dire Romeo di Romeo e Giulietta, ma non me lo farebbero fare, se parliamo di ruoli nobili. Forse adesso sarei più adatto per un Re Lear (ride, ndr) ma sinceramente non ne ho il coraggio. Quindi preferisco rimanere qui, con i personaggi che ben conosco.

Da tempo si annuncia ‘La porta del cielo’, ma il suo sogno d’interpretare suo padre è ancora rimandato...

Sì, ma non si tratta di recitazione, ora sono troppo vecchio per indossare i panni di mio padre, anche se sì, quella era l’idea iniziale. Mi piacerebbe farlo da regista perché c’è una storia bellissima da raccontare, la storia d’amore tra mio padre e mia madre mentre aspettavano che gli americani liberassero l’Italia dal nazismo, chiusi dentro la basilica di San Paolo in cui papà salvò quasi 200 ebrei e amici, nascosti lì dentro a fare quel film.

 

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