Spettacoli

‘Sanremo? È come il Bitcoin’. Il Festival spiegato agli svizzeri

Una semplice gara canora, con mille implicazioni tutte italiane. Sua Eminenza Mario Luzzatto Fegiz ci dà udienza.

6 febbraio 2018
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L’uomo con ‘Troppe zeta nel cognome’ (titolo del suo libro, edito da Hoepli) ci fa strada indicando due comode sedie di velluto blu. Lo abbiamo strappato ieri sera alla mondanità del Galà della Stampa, dove non sembrava divertirsi granché. Forse gli abbiamo fatto un favore. «Qui va bene», dice. E sta bene anche a noi, perché a Mario Luzzatto Fegiz, Sua Eminenza sanremese, è difficile contestare qualcosa, pure nella hall di un Casinò. «Sa chi era la signora che ho salutato? Rosanna Mani, da sempre condirettore di Sorrisi e Canzoni. Una volta il potere di decidere le canzoni in Italia lo avevamo in tre. Io, lei e Discoring». Tempi in cui una recensione azionava la pressa stampavinili, e cambiava carriere. «Li ho seguiti tutti, dal ’68 ad oggi, tranne tre. Quindi, vedi tu. Sono più di 40». Siamo seduti qui per chiedergli cos’è Sanremo. E perché fuori dai confini italici in molti fanno fatica a coglierne l’essenza. Dunque, ecco il Festival secondo Fegiz (parte prima). «Come si spiega Sanremo a uno svizzero… Sanremo è qualcosa che assomiglia al Palio di Siena. Per molti anni è stato una lotta fra gladiatori. Quest’anno gli hanno tolto questo carattere». Il Festival parte seconda (sfumature): «È una cosa che si guarda in gruppo, dove si commentano i vestiti, il look e le stonature e ogni tanto salta fuori anche un capolavoro, o qualcosa che si lega alla storia del costume. Come ‘Signor tenente’ di Faletti. Anche quest’anno qualcuno che allude al sociale c’è. Una canzone parla di Scampia (Avitabile e Servillo, ndr), un giovane parla di migranti (Mirkoeilcane, ndr)».

Intorno alla sedia di velluto blu, nel frattempo, sfilano potenziali (e successivi) selfisti e una manciata di illustri colleghi. Volano un paio di “Ciao Maestro” e arrivano telefonate («Sto rilasciando un’intervista. Tu dove sei ? Mi scusi, è la mia amica Venegoni della Stampa»). Sanremo, parte terza: «Vorrebbe essere l’espressione, il barometro della qualità della produzione musicale italiana. In realtà i consumi sono talmente segmentati che è difficile che lo sia. Si cerca di fare come al Rotary, dove si mette a fare da autista un magistrato, un avvocato, un medico. Il risultato è che per accontentare tutti, non si accontenta nessuno».

Tutti allenatori e direttori artistici

Per fare capire a uno svizzero Sanremo, prima bisogna spiegargli cos’è un italiano. «Ci sono due cose che noi sappiamo fare molto bene in Italia. Scegliere la Nazionale meglio di Trapattoni e il cast di Sanremo meglio di Baudo. Tant’è vero che la polemica si scatena già quando nessuno ha ancora sentito le canzoni, che sono note a me e pochi altri». Sanremo, parte quarta: «È un meccanismo che ha sempre messo in moto molti soldi, e su questo argomento credo che gli svizzeri mi seguano. La sola nomination di un gruppo tra i primi 60 di Sanremo, e parlo di Giovani, provoca una lievitazione di cachet del doppio, per alzarsi ancor più se restano nel giro dei finalisti. Questo interessa il mondo dell’impresariato e delle edizioni musicali, perché le vere fonti di guadagno sono gli artisti sconosciuti che devono ancora diventare famosi». Perché quelli già famosi «vanno prima dall’avvocato e poi dal maestro di canto».

Pagine sanremesi non mancano in ‘Troppe zeta nel cognome’, con prefazione di Pippo Baudo. «Quel titolo nasce dal fatto che io ho sempre massacrato Baudo quando presentava Sanremo. Lui, una sera, in un ristorante ormai vuoto, si abbandonò a delle confidenze con i suoi collaboratori. Disse: “Certo che da uno che ha tante zeta nel cognome non c’è da aspettarsi nulla di buono”. Devi sapere che nel settore degli spiritisti la zeta è la lettera del diavolo. Mentre scrivevo questo libro, l’ho chiamato per chiedergli conferma che fosse realmente andata così. Lui mi dice: «Sì, è andata così». Io gli dico: «Ma sei ancora arrabbiato con me?» e lui: «No». Allora gli chiedo di farmi la prefazione. E lui la fa, la prefazione, ma anziché essere uno zuccherino, in realtà si vendica. Ha scritto: “Leggendo questo libro ho notato che Fegiz probabilmente ha anche un cuore e un’anima e una certa competenza musicale”. Chiudiamo con una sua preoccupazione, che abbiamo fatto nostra. Diceva più o meno: “Non ho nulla contro Baglioni a Sanremo, sono solo preoccupato per lui”. «Credo che ne uscirà bene» conclude il critico. «Non come ascolti, ma lì non è colpa sua. Gli ascolti di Sanremo sono come il Bitcoin. Sono una bolla che continua a gonfiarsi e non si capisce né come, né perché». Sanremo come il Bitcoin: «Le piace questa?», ci chiede compiaciuto. Sì, gli rispondiamo. Da farci il titolo.

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