Spettacoli

Sanremo 2016: pensieri e parole (terza serata)

12 febbraio 2016
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1. Parole (ovvero cosa vi siete persi)

Nella serata dedicata alle cover, in cui gli Elii suonano Beethoven e Noemi canta Fossati, il momento d'oro è “La notte dei miracoli”, gli Stadio al completo che omaggiano Dalla.
Si compie la reunion dei Pooh, e va in scena con una delle migliaia di medley eseguiti in carriera. Il rispetto incondizionato è dovuto, fosse anche per una popolarità a cavallo di due secoli (1966/2016) e un parco canzoni invidiabile. Medley, e su “Uomini soli”, tra abbracci e occhi lucidi, si compie la parabola del figliol prodigo Riccardo Fogli.
Il Festival celebra le quattro medaglie d'oro di Nicole Orlando, giovane atleta paralimpica; in clima di nastri multicolore, Hozier ripropone la splendida “Take me to church”.
Virginia Raffaele, esilarante e senza pietà, è Donatella Versace il cui lifting perde pezzi. Rocco Tanica in sala stampa intervista un Celentano con voce da Farinelli (ma anche Giancarlo Prostata). Nel Dopofestival, il leggendario Adrian Belew canta con Elio e le Storie Tese – non a caso - “Heroes” (già con King Crimson, scoperto da Zappa, il chitarrista collaborò con il defunto Duca). C'è Marzullo, segno che è un giorno nuovo. 50% di share, il Festival sceglie questa sera il vincitore dei giovani e gli eliminati tra i Big. Buonanotte, buongiorno.

2. Pensieri (ovvero cosa abbiamo ascoltato)

Noemi - “Dedicato” (Loredana Bertè, di Ivano Fossati – 1978). Quando Fossati scriveva hit da classifica, e nel 1978 “il commerciale” era fatto di grandi canzoni come questa, cucita addosso a Noemi, quanto a Berté. Giudizio: grande musica (che gira intorno).

Dear Jack - “Un bacio a mezzanotte” (Il Quartetto Cetra, di Kramer/Garinei/Giovannini – 1952). Monumento all'intonazione, il Quartetto Cetra – qui oltraggiato – sta ai Cari Jack come i Manhattan Transfer alle Sorelle Bandiera. L'arrangiamento è l'unico motivo per il quale si arriva alla fine. Giudizio: (come già lo scorso anno), staccate i jack.

Zero Assoluto - “Goldrake” (Actarus, di Luca/Albertelli/Tempera - 1978). Un ricordo commosso per la sola versione originale suonata da Bandini, Tempera, Tavolazzi, Farmer, Luca, e dall'esordiente Concato. Lo Zero di sinistra, con noti e irrimediabili impedimenti al canto, gesticola e finge cori a microfono spento. Giudizio: vuoto cosmico (sempre assoluto).

Giovanni Caccamo/ Deborah Iurato - “Amore senza fine” (Pino Daniele, 1998). L'inconsistenza dell'accoppiata produce un dignitoso episodio – comunque ben arrangiato - di karaoke tra amici. Del bluesman napoletano ci sarebbe un mondo intero da rieseguire (possibilmente da altri). Giudizio: nessuno tocchi Pino.

Patty Pravo - “Tutt'al più” (Patty Pravo, di Migliacci/Pintucci - 1970). Il parlato della versione originale, giusta intuizione, è affidato al rap di Fred De Palma. Per non passare inosservata, la Strambelli si autoincorona con una cover di se stessa. Ma la corona gliela consegna l'interpretazione. Giudizio: regina.

Alessio Bernabei - “Bella senz'anima” (Riccardo Cocciante, 1974). Ci sono Holly e Benji (pardon, Benji e Fede), mancano solo Justin Bieber e Violetta. Una grande canzone rende tutto almeno semiserio. Giudizio: belli senz'anima.

Dolcenera - “Amore disperato” (Nada, di Manzoli/Venturi – 1983). Hit estiva di Nada prima di tuffarsi nell'indie anticanzonetta. Così come Nek un anno fa con “Se telefonando”, una Dolcenera in abito confetto si incolla addosso la canzone. Giudizio: l'amiamo, disperati.

Clementino - “Don Raffaè” (Fabrizio De André, di De André/Bubola/Pagani – 1990). Coraggioso, il rapper. Al contrario di Grignani, che lo scorso anno uccise Tenco per la seconda volta, Clementino ha la mimica e la terra (e anche la testa) dalla sua, così il rispetto a Faber è assicurato. Giudizio: canta Napoli.

Elio e le Storie Tese – “Quinto ripensamento” (da “A Fifth of Beethoven”, Beethoven/Murphy - 1976). Testo inedito su sinfonia, con Stefano Antibiotice alla pianola. Gli Elii potrebbero suonare anche “Via Margutta” di Luca Barbarossa in versione speed metal, e sarebbe musica classica (Bolzano, 1990). Giudizio: rendiamo grazie ad Elio.

Arisa - “Cuore” (Rita Pavone – di Rossi/Waill/Mann). Non può esistere versione più bella dell'originale, come non esiste altra Rita all'infuori della Pavone. Arisa, l'unica che può provarci, alla “Zanzara” oggi ticinese rende splendidamente onore. Giudizio: core grato.

Rocco Hunt - “Tu vuò fa l'americano” (Renato Carosone, di Carosone/Nisa – 1956). A Rocco piace vincere facile, ma la rievocazione dell'Elton John napoletano è gesto utile e gradito. Giudizio: ok napulità.

Francesca Michielin - “Il mio canto libero” (Lucio Battisti, di Mogol/Battisti – 1972). Il brano è monumentale, ma Francesca – voce e percussioni - ne regge il peso con estrema grazia, e (commossa) ringrazia. Giudizio: è Francesca.

Neffa - “'O Sarracino” (Renato Carosone, di Carosone/Nisa – 1958). Con i Bluebeaters, Neffa ci riconsegna “'O Sarracino” di un pluriomaggiato Carosone. Le dissonanze sono musica, ma le imprecisioni di intonazione dell'interprete sono un calvario unico che dura un pezzo intero. Giudizio: sottotono.

Valerio Scanu - “Io vivrò” (Lucio Battisti, di Mogol/Battisti - 1969). Talento vocale, Scanu sembra faticare a fare la storia di nuove canzoni. Più a suo agio al cospetto dei classici, pur su arrangiamento oltremodo laccato. Giudizio: Amici di Lucio.

Irene Fornaciari - “Se perdo anche te” (“Solitary Man”, di Neil Diamond - 1966). Irene riesuma Neil Diamond, ma non sono pietre preziose. Le si preferisce il Morandi originale, con o senza Baglioni. Giudizio: il bel tacer.

Bluvertigo - “La lontananza” (Domenico Modugno, di Modugno/Bonaccorti – 1970). Il Morgan in modalità Tony Levin (ma per pochi istanti, perché il basso è pre-registrato), rispolvera il Modugno meno cult, in una lotta con la giacca (che non si sfila) e con se stesso. Non è pathos, ma pura confusione. Giudizio: Vecchio Flop.

Lorenzo Fragola - “La donna cannone” (Francesco De Gregori, 1983). “Qualcuno nei vicoli di Roma fa a pezzi una canzone”. L'estratto è dal Dalla che canteranno gli Stadio fra poco, ma è quanto Fragola fa con De Gregori. Giudizio: non c'è niente da capire.

Enrico Ruggeri - “'A Canzuncella” (Alunni del Sole, di Paolo Morelli – 1977). Il napoletano di Enrico ricorda l'italiano di Don Lurio, ma Ruggeri – qualità di pochi - canterebbe bene anche le istruzioni del microonde. Giudizio: luntan de Napoli se mor

Annalisa - “America” (Gianna Nannini, di Nannini/Paoluzzi - 1979). L'originale è inattaccabile, ma non è colpa di Annalisa, sempre in voce e in abito rosso fuoco su fondale blu navy dall'abbinamento patriottico. Giudizio: Gianna Gianna Gianna.

Stadio - “La sera dei miracoli” (Lucio Dalla, 1980). Capolavoro di Dalla, artista commemorato giusto un anno fa a Sanremo da Ron con “Cara”, impeccabilmente. Tutti, ma proprio tutti gli Stadio – e una frase la canta la vera voce di Dalla - ne fanno un momento davvero altissimo. Giudizio: chiedi chi era Lucio Dalla.

Appendice: Nuove proposte

Mercoledì 10
Chiara Dello Iacovo - “Introverso” vs Cecile - “N.E.G.R.A.”. Semplice, filiforme, graziosa e ricoperta di cellophane (che tessuto sarà?), Chiara esclude Cecile, gran voce e bella canzone di denuncia, sempre di troppo a Sanremo (il testo, per l'Ariston, ha subito ampi tagli).
Irama - “Cosa resterà” vs Ermal Meta - “Odio le favole”. Più che una canzone, uno scioglilingua di tre minuti, quella di Irama. Né l'orecchino, né l'avvenenza possono contro autore affermato, con canzone non indimenticabile, ma almeno comprensibile.

Giovedì 11
Miele - “Mentre ti parlo” vs Francesco Gabbani - “Amen”. Se gli Stadio sono padri che parlano ad una figlia, Miele è figlia che canta, dal profondo, al padre. Un errore tecnico prema la prima; la votazione si ripete e premia “Amen”, la cosa migliore sentita quest'anno (Big inclusi).
Michael Leonardi - “Rinascerai” vs Mahmood “Dimentica”. Italo-australiano contro italo-egiziano. Composizioni tutt'altro che epocali fanno sì che la sfida si giochi sulle capacità vocali. Vince la voce più gradevole, che è di Mahmood.

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