Spettacoli

Sanremo 2016: pensieri e parole (prima serata)

10 febbraio 2016
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1. Parole (ovvero cosa vi siete persi):

Interminabile, ma non pesante. Nella sigla sfilano i 66 vincitori di Sanremo, Jalisse inclusi, e il cuore batte per Giorgia melodica, così bella no-soul. Sulle note di “Starman” sale sul palco il Conti (“vi porterò le stelle”) e in rappresentanza del talento sale Virginia Raffaele, nei panni di Sabrina Ferilli (la si attende Belen, e magari Bruzzone). Al Festival si canta anche durante la pubblicità: Penelope Cruz fa a pezzi “Tu si 'na cosa grande” per una nota casa di borse e borsette, e un tenero Fedez legge frasi d'amore per i baci (minuscolo, non è promozione). Di Gabriel Garko, meglio Donnie Darko, ma anche Donnie Brasco (in realtà, chiunque). Il Festival ringrazia Aldo, Giovanni e Giacomo, ma prima Laura Pausini con salivazione fantozziana (l'emozione è reale), che fa più di Natalie Cole con il padre Nat e Manuela Villa con il padre Claudio (duetta con se stessa in “La solitudine”).
Elton John lascia per strada qualche nota, ma per affetto si sorvola (è quello vero, non Crozza, e “Your song”, insieme al suo autore, sono patrimonio dell'umanità). Si ride, finalmente, ma in orario da tisana, con Rocco Tanica che chiude la prima puntata di Sanremo, “la risposta italiana a Tu si que vales” (ipse dixit). Al Dopofestival volano domande come “pensi di vincere?” e “come hai scelto il vestito?”, che sanno di post-partita calcistico. Alle 02:00, una consuetudine, appare Gigi Marzullo. Nel frattempo è mercoledì, il giorno degli Elio e le Storie Tese e quello di altri nove. Buonanotte (o buongiorno).

2. Pensieri (ovvero cosa abbiamo ascoltato):

Lorenzo Fragola - “Infinite volte”. Un Fragola mengonizzato canta per primo (tanto di cappello). Per un ventenne, “Far l'amore senza amore” suona anacronistico. “Sento come se hai paura” non è scusabile nemmeno fingendosi assidui lettori di Max Pezzali. Giudizio: sentiamo come se andrà lontano...

Noemi - “La borsa di una donna”. Masini per Noemi, come Ruggeri per Mannoia, anni fa. Canta di donne e di rispetto, la Rossa, in canzone che si rispetti, scritta da autore che si rispetti per interprete che si rispetti. Giudizio: ti diremo ancora un altro sì.

Dear Jack - “Mezzo respiro”. Un elefante (quattro autori) ha partorito una canzone topolino (o stereotipo). Sanremo ce li propone, così come ce li proponeva lo scorso anno. Un motivo ci sarà. Giudizio: asfissia.

Giovanni Caccamo e Deborah Iurato - “Via da qui”. Una ventata di aria vecchia, cui non basta la poetica del Sangiorgi autore, cantore di rapporti di coppia conflittuali. Così conflittuali che siamo in conflitto con noi stessi per quanto abbiamo visto e ascoltato. Giudizio: è già nel titolo.

Stadio - “Un giorno mi dirai”. Un pezzo di storia. Cori (da stadio) qua e là per un padre che parla ad una figlia, in canzone immediata ed onesta come un uomo che ha il coraggio di piangere. Giudizio: Stadio e le Storie Serie

Arisa - “Guardando il cielo”. Ogni donna vorrebbe un sarto personale. Anastasi, il sarto di Arisa, le cucì addosso una vittoria giusto due anni fa (“Controvento”). Quest'anno le regala altra polvere preziosa dalla quale la splendida ex-compagna fabbrica una stella. Giudizio: Via Lattea.

Enrico Ruggeri - “Il primo amore non si scorda mai”. L'Enrico sfodera il miglior Rrouge, tra synth, distorto, accelerazioni e melodia. Sicuro come un ABS, credibile come tutta la sua carriera, il titolo – se fans - glie lo si può dedicare. Giudizio: perché Ruggeri è Ruggeri.

Bluvertigo - “Semplicemente”. E' una poesia, quella scritta da Morgan. Tanto bella che la musica sarebbe elemento del tutto secondario. E siccome è bella pure la musica, allora bravo Castoldi, e bravi tutti. Giudizio: vertigini.

Rocco Hunt - “Wake up”. Quanto a denuncia, Rocco – nessuna allusione - non ha le misure dei 99 Posse. Ma non c'è nemmeno un “ti amo” e parlare di vita, di tanto in tanto, male non fa. Giudizio: chillo è nu buono guaglione.

Irene Fornaciari - “Blu”. C'è lo zampino di Beppe Dati, in “Blu”, uno che ha dato belle parole a Masini, Raf e mille altri, non ultima la Mimì di “Gli uomini non cambiano”. Il brano chiamava altra timbrica, e meritava altra/o interprete. Giudizio: grigio.

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