Società

Covid-19, una madre su 3 rischia burnout

Colpa del mito delal donna perfetta, secondo l'esperta Caroline Dayer che vede anche un peggioramento della situazione femminile dovuto al coronavirus

(Photo by Marcin Jozwiak on Unsplash)
29 luglio 2020
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Una madre su tre è a rischio burnout, confrontata con il mito della donna perfetta veicolato da una pressione sociale che nasce dal neoliberismo: lo sostiene l'esperta Caroline Dayer, che vede anche un peggioramento della situazione femminile dovuto al coronavirus.

"Per le madri sussiste un obbligo alla perfezione", afferma in un'intervista diffusa stamani dalla radio RTS la ricercatrice in studi di genere ed esperta in prevenzione delle violenze e delle discriminazioni per il canton Ginevra. "Oggi una mamma deve lavorare, occuparsi dei figli, fare fitness, sempre con il sorriso", osserva Dayer. "Deve essere seducente e desiderabile, in linea con i cliché che le sono imposti". La pressione numero uno è comunque ancora quella della maternità, nonostante vi siano donne di varie età che non desiderano avere una famiglia, come peraltro succede agli uomini.

Secondo la 42enne non è comunque stato necessario aspettare le reti sociali per veder sorgere queste sollecitazioni. A suo avviso decisivo è il momento della socializzazione durante l'infanzia: importanti sono i messaggi a cui l'individuo è confrontato. La differenza fra maschi e femmine comincia lì e prosegue poi nel mondo del lavoro.

I social possono però effettivamente essere a doppio taglio. "Vi sono delle influencer che rimangono attaccate alle ingiunzioni sociali, ma se ne vedono anche molte altre che, al contrario, trasgrediscono agli stereotipi e rifiutano di piegarsi", sottolinea Dayer.

"Le donne sono costantemente sotto osservazione nella nostra società: in strada, in famiglia, nei contesti professionali, in tutte le sfere sociali vengono maggiormente scrutate", prosegue la specialista. Le madri poi lo sono ancora di più, perché vengono giudicate in base al modo in cui si comportano i figli: ragazzi troppo calmi o, al contrario, troppo agitati sono sempre problematici.

Stando alla ricercatrice di origine vallesana la concorrenza che si crea a livello familiare - la corsa a chi ha i figli più bravi o a chi ha organizza il compleanno più bello - "non deriva dalle mamme o dai padri, ma dall'era neoliberale che impone agli individui di dover essere performanti, raggiungendo sempre la perfezione". Si instaura quindi "una concorrenza completamente capitalista, perché bisogna sempre superare l'altro".

Le mamme rischiano l'esaurimento perché nelle maggior parte delle coppie è ancora la donna che si occupa interamente della casa, per poi andare anche al lavoro e, soprattutto, organizzare in generale l'insieme delle cose. Quest'ultimo aspetto provoca fra l'altro anche una pressione emozionale, perché è la mamma che deve fare in modo che tutti stiano bene in famiglia, rassicurando o intervenendo in altro modo.

Secondo Dayer la pandemia di coronavirus e il relativo confinamento hanno peggiorato ulteriormente la situazione. "Le donne che non hanno perso il lavoro - perché sono loro che erano maggiormente al fronte, con più tempi parziali e contratti a durata determinata - si sono viste veramente interessate da un rafforzamento dell'ineguaglianza di genere".

Questo è avvenuto principalmente in tre ambiti: lo spazio, perché nella maggior parte dei casi le donne hanno nelle abitazioni meno metri quadrati per sé rispetto agli uomini (necessari per lavorare bene e concentrarsi); il tempo, poiché hanno lavorato in media 4 ore in più al giorno, visto che si sono improvvisate per esempio maestre; e il tipo di attività: quelle più ingrate (pulire) sono riservate a loro.

Destinato ad espandersi, il telelavoro rischia quindi di costituire un passo indietro per le donne, mette in guardia l'esperta. "Bisogna sempre chiedersi quali sono le condizioni in cui si opera". Per alcune donne lo smart working può avere un impatto positivo, ma decisive sono le modalità di attuazione.

Nella visione di Dayer le donne devono avere a disposizione una loro stanza, in modo da poter separare bene professione e famiglia. Oggi esiste una "divisione sessualizzata del lavoro", una separazione in base al sesso che esiste nello spazio domestico e nel mondo professionale. Si tratta quindi di cogliere l'occasione "di ripensare un sistema sessista che interessa la casa, l'impiego e la strada".

"La Svizzera avrebbe tutto il vantaggio, in termini economici e di politica familiare e sociale, di imitare i paesi nordici", si dice convinta Dayer. "Serve un sistema politico, familiare di società che sia il più possibile egualitario".

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