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Tornando a parlare di educazione civica

Una conferenza online dedicata all'educazione civica organizzata da Campus per la democrazia. Intervista a Marcello Ostinelli

30 maggio 2020
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È un tema che si apre ad accese discussioni, quello dell'educazione civica. E non potrebbe essere diversamente, coinvolgendo non solo la scuola e la formazione delle future generazioni, ma proprio l'idea di società che vogliamo costruire o mantenere.  Dalla “semplice” conoscenza del funzionamento delle istituzioni ai valori democratici che si spera condivisi ad aspetti invece più controversi della vita comune, è ampio lo spettro di quello che possiamo definire “educazione civica”, come hanno dimostrato i dibattiti che giusto qualche anno fa hanno accompagnato l'ultima votazione popolare sul tema, quella sull'iniziativa “Educhiamo i giovani alla cittadinanza (diritti e doveri)”, alla fine approvata da oltre il 60 per cento dei votanti.

È di questi temi che si discuterà – online: per informazioni www.campusdemocrazia.ch –, durante la conferenza “Passato, presente e futuro dell’educazione civica in Ticino” organizzata da Campus per la Democrazia che si svolgerà sulla piattaforma Zoom mercoledì 27 maggio dalle 18.
Dopo il discorso di benvenuto del consigliere di Stato Manuele Bertoli e prima delle sessioni parallele incentrate su alcune esperienze concrete, avremo la relazione di Marcello Ostinelli, docente della Supsi, al quale abbiamo posto alcune domande.

Marcello Ostinelli, si tratta del primo evento in lingua italiana del Campus per la Democrazia: che cosa è questa associazione?

Il Campus per la Democrazia è una piattaforma nazionale che mira a rafforzare la democrazia e a promuovere l’educazione civile e la partecipazione politica in Svizzera. Non si rivolge soltanto a ragazze e ragazzi in età scolastica, ma anche a persone adulte residenti senza cittadinanza svizzera. È patrocinato dalla Fondazione Dialogo, che in passato ha pure sostenuto il progetto La gioventù dibatte, conosciuto anche in Ticino. Gode del sostegno di molti deputati dell’Assemblea federale e della consigliera federale Simonetta Sommaruga, attuale presidente della Confederazione. 

Venendo al suo intervento, mi pare di capire che avrà un approccio storico: come è cambiata l’educazione civica nella scuola ticinese dalla sua creazione nel 1804?

In realtà l’ambizione della mia relazione non è soltanto di ripercorrere la storia dell’educazione civica in Ticino. Considero alcuni episodi significativi del passato per discutere dello stato attuale di questo insegnamento. Inoltre vorrei anche proporre qualche riflessione sul futuro dell’educazione civica in Ticino, considerando le situazioni di emergenza che stiamo vivendo da qualche tempo. Mi riferisco qui all’emergenza sanitaria causata dal Covid-19; all’emergenza ambientale causata dal mutamento climatico; e all’emergenza migratoria causata dalle guerre e dalla povertà in molte regioni del mondo. La tesi che sviluppo è che oggi c’è una dimensione cosmopolitica della cittadinanza che l’educazione civica non può ignorare.

Ciò contrasta con il carattere patriottico che essa ha avuto in passato e che qualcuno vorrebbe per il presente?

Dipende da ciò che intendiamo con patriottismo. C’è in effetti un patriottismo “geloso”, che non ammette obblighi morali nei confronti degli stranieri, che collide con la solidarietà umana, che esclude l’umanità. C’è però anche un patriottismo “mite”, che per Brenno Bertoni – colui che in Ticino tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento maggiormente si adoperò per l’educazione civica – era il patriottismo “beninteso”. Questo patriottismo “mite” non si oppone alla solidarietà umana e al sentimento di umanità.

Il punto saliente della mia relazione è il carattere controverso dell’educazione civica: controverse sono la denominazione della materia, le sue finalità, la sua dotazione oraria, i rapporti con gli altri insegnamenti. La sua storia lo prova, compresa quella degli ultimi due decenni durante i quali sono state approvate ben due iniziative popolari sul tema.

Quali sono gli scopi dell’educazione civica? Comprendere il funzionamento delle istituzioni o anche ‘criticarle’, mostrandone i limiti?

Se parliamo di educazione civica non possiamo pensare che sia un insegnamento il cui scopo sia circoscritto alla mera conoscenza di nozioni civiche. In questo caso parliamo di istruzione civica o anche, come si usa dire in Ticino, di civica. Se invece il tema è l’educazione civica allora è evidente che essa deve coltivare nell’allievo e nel cittadino i valori politici della convivenza civile e le virtù politiche democratiche (come ad esempio la tolleranza e la lealtà). Entro questo quadro di riferimento, allora ha senso mettere a tema anche la questione dei limiti della democrazia. Non è però una critica ostile; è la critica di chi vorrebbe migliorare il sistema politico vigente.

L’educazione civica può essere un ‘antidoto’ all’antipolitica?

Sì. In fondo l’educazione civica è educazione alla convivenza civile: in classe, nella vita sociale, sul piano locale, cantonale, federale, europeo, mondiale. E ciascuno di noi in tutte le situazioni della vita deve darne prova, concretamente.

Aldo Foglia nel suo ‘Per discutere la civica’ parte dalla tesi che il diritto è gestione della conflittualità e quindi per comprenderlo bisogna partire da quei conflitti. Condivide questo approccio? Se è corretto, ha senso l’educazione alla cittadinanza come materia a sé, separata ad esempio dalla storia?

La mia idea è che “la giustizia è il primo requisito delle istituzioni sociali”. Lo scriveva John Rawls cinquant’anni or sono nella prima pagina della sua ‘Teoria della giustizia’. Suggerirei di partire da lì.

Quanto alla questione del rapporto con gli altri insegnamenti, a me pare che la soluzione attuale di una materia separata con un proprio voto sia stato un passo indietro. La soluzione giusta è l’insegnamento integrato, auspicato già da Brenno Bertoni. Però è opportuno che ci siano verifiche periodiche dei risultati ottenuti. La scuola ha il dovere di render conto di quello che fa (o che eventualmente non fa) e la società civile ha il diritto di sapere.

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