Società

Per un diritto diverso

Un opuscolo risponde alle incertezze delle persone Lgbt di fronte alla legge. Ce ne parla Valerie Debernardi della Law Clinic dell'uni di Ginevra

5 ottobre 2019
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Un datore di lavoro può obbligare il dipendente a divulgare la propria identità di genere? Un’associazione può rifiutare l’iscrizione in base all’orientamento sessuale? Il matrimonio con una persona dello stesso sesso celebrato all’estero è riconosciuto in Svizzera? La polizia può porre domande sull’orientamento sessuale? I genitori possono punire un figlio omosessuale?

Sono alcune delle domande affrontate dall’opuscolo ‘I diritti delle persone Lgbt*’, realizzato dalla Law clinic dell’Università di Ginevra e tradotto in italiano dalla Fondazione Diritti umani di Lugano. Il libretto – che è stato presentato nell’Aula Magna dell’Università della Svizzera italiana a Lugano – vuole essere una guida per tutti coloro che si ritrovano ad avere a che fare con i diritti, o con la mancanza di diritti, di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali. Persone, in questo momento e nella nostra società, «giuridicamente vulnerabili», ci spiega Valerie Debernardi della Law Clinic. «Si tratta di persone la cui situazione giuridica non è definita completamente e non solo è difficile per le persone stesse sapere quali sono i propri diritti, ma anche i professionisti stessi possono avere dei dubbi».

Queste incertezze a cosa sono dovute? Al diritto che fatica ad adeguarsi alla realtà sociale oppure è proprio la società che fatica ad adattarsi e le autorità ad applicare le leggi che già vi sono?
Il tema dei diritti Lgbt tocca moltissimi ambiti – l’opuscolo stesso copre diversi settori del diritto. Quello che in generale si vede è che chi ha scritto le leggi non ha pensato, non ha preso in considerazione le persone Lgbt in quanto non appartenenti alla “norma costituita”. Ma alla fine queste persone esistono e quando si presenta una situazione di conflitto, occorre trovare una risposta nelle leggi esistenti. Ma spesso non sono risposte nette: nel preparare l’opuscolo abbiamo più volte dovuto ragionare per analogia.

L’opuscolo è stato tradotto in italiano e adattato alla situazione ticinese: da questo esercizio di comparazione cosa emerge? Come è messo il Ticino rispetto a Ginevra?
Un aspetto che è emerso in maniera abbastanza chiara è che il Canton Ginevra, quando ha margine di manovra nella protezione dei diritti umani, quasi sempre si attiva. A livello di costituzione cantonale, ma anche a livello di regolamenti interni dei dipendenti. L’omofobia e transfobia sono ad esempio chiaramente vietate sul posto di lavoro nell’amministrazione cantonale ginevrina, cosa non specificamente prevista per i dipendenti privati e, anzi, il Tribunale federale ha recentemente stabilito che la legge sulla parità tra uomo e donna non può essere estesa alla parità di genere. Nell’opuscolo ginevrino avevano quindi distinto tra dipendenti pubblici e privati, mentre nella versione ticinese una tale distinzione non è stata nemmeno necessaria.
Poi, ma la cosa non riguarda solo le persone Lgbt, a Ginevra ci sono tribunali specifici o istanze di mediazione – ad esempio tra la polizia e persone che ritengono di essere state maltrattate da quest’ultima – assenti in Ticino.

Ha accennato a una decisione del Tribunale federale. A cosa si riferisce di preciso?
Prima di questa sentenza capitava di invocare, in caso di licenziamento o mobbing a sfondo omofobo, la legge sulla parità dei sessi, per capirci quella che stabilisce ad esempio la parità di salario. Il ragionamento è che come sul luogo di lavoro ci deve essere parità tra uomo e donna, così deve esserci tra tutti gli orientamenti sessuali, ma il Tribunale federale ha stabilito, pochi mesi fa, che questo non è possibile. Un’occasione mancata.

Occorrerà una legge apposita. Con i tempi del parlamento…
Per voler essere un po’ positivi, abbiamo notato che alcuni dei problemi che avevamo sollevato nel preparare l’opuscolo – le prime ricerche sono iniziate ormai quattro anni fa – sono adesso discussi dalla politica. Il matrimonio per tutti, ad esempio. O inserire l’omofobia e la transfobia tra le discriminazioni riconosciute a livello penale, il che sarebbe utile anche per le statistiche della polizia che al momento registra le violenze omofobe come lesioni o minacce, non essendoci un articolo specifico del codice penale.
La politica mi sembra abbastanza interessata al tema – poi bisogna vedere fino a che punto questo si concretizzerà in leggi.

Leggi che comunque non è detto risolvano la situazione: occorre anche la volontà, e la sensibilità, di applicarle.
Certamente. Spesso è una questione di ignoranza del problema. Nell’opuscolo c’è una sezione dedicata ai minori, nel rapporto con la famiglia e con la scuola, ed è interessante notare che a Ginevra ci sono alcune associazioni che fanno sensibilizzazione nelle classi, sia alle medie sia alle superiori – addirittura c’è una scuola pubblica che fa sensibilizzazione alle elementari, in maniera adattata ovviamente. Perché il diritto internazionale stabilisce ad esempio che tutti i bambini devono essere trattati senza discriminazione o che tutti gli adolescenti devono potersi esprimere liberamente eccetera, ma molto dipende dalla scuola.

Il quadro generale come è? In Svizzera sono più gli aspetti positivi o quelli negativi?
Penso dipenda molto dal settore, di quali problemi stiamo parlando, della situazione concreta delle persona. C’è in generale una certa apertura, anche se bisogna dire che siamo molto indietro rispetto ad altri Paesi, sia per il tipo di processo legislativo sia perché su certi temi siamo piuttosto conservatori. Se guardiamo al diritto di famiglia – in generale, non riferito in particolare alle persone Lgbt – fatica a cambiare e, ad esempio, la visione del nucleo famigliare è sostanzialmente immutata da trent’anni.
Ma se vogliamo essere positivi, possiamo dire che dal momento che il nostro è un sistema lento perché particolarmente democratico e di discussione, penso e spero che quando si arriverà a dei progressi sul tema sarà perché la maggior parte della società si considererà pronta. Ma per arrivare, occorre che ci sia maggiore discussione pubblica, perché certi temi sono ancora sentiti come tabù anche se riguardano più persone di quanto si pensi. Perché le cose difficilmente cambiamo da sole.

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