Società

Più di un locale, una 'Living family'

Dopo 21 anni oggi chiude il Living room, locale raro di cui in molti già rimpiangono originalità e gusto. C'è ancora spazio in Ticino per proposte di questo tipo?

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18 maggio 2019
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l titolo è merito di Va Lentina, che come molti altri amici del Living room ha voluto lasciare un pensiero nella pagina Facebook del locale luganese: “Chiude un pezzo di storia, chiude un pezzo del mio cuore”. Per molti ticinesi, appunto, una seconda famiglia, da frequentare nelle serate più lunghe e più dolci, quando ogni incontro si fa possibile e la notte si offre come uno sconfinato spazio di scoperta.

In 21 anni – dal 1998 ad oggi, da Massagno a via Trevano – per tanti nottambuli il Living room è stato questo: lo spazio “alternativo”, quello a cui riconoscere un’identità, e in cui rispecchiare la propria, la volontà di smarcarsi con coraggio dalle piste più facili e più battute, per affidarsi in ogni dettaglio a un progetto proprio, al proprio gusto, alla propria voglia di selezionare ed offrire al pubblico qualcosa di significativo.

Le proposte del Living room sono state diverse, spaziando ad esempio fra il cinema d’autore e quello di tiKINÒ. Evidentemente, però, questo lavoro di ricerca è stato soprattutto condotto a livello musicale, esplorando generi diversi (dal rock all’elettronica), permettendo al pubblico ticinese di scoprire dal vivo alcuni fra gli artisti più interessanti della scena underground nazionale e internazionale e allo stesso a molti Dj e musicisti ticinesi di trovare un palco all’altezza di questo nome, si pensi a talenti come Andrea Bignasca o i Peter Kernel.

Il successo di locali come il Living room – culturalmente significativi – è figlio della volontà (rara) di fare delle scelte, grazie alle quali compattare una comunità. Per cui oggi, per Nina, è possibile scrivere “al Living sono cresciuta ed ho passato alcuni tra i momenti più importanti della mia vita... Non era “soltanto” un locale: era casa, amici, scoperte”.

Stasera il Living room saluterà il pubblico con un’ultima lunga notte di musica. Mauri e Jamf preferiscono non parlare delle ragioni che li hanno indotti a questo passo, ma non è difficile immaginarle. Mentre centinaia di persone esprimono il loro rammarico per la chiusura di uno dei pochissimi locali ticinesi capaci di una proposta originale (forse l’unico in modo continuativo e a prezzi accessibili), s’impone la domanda: la formula del Living non funziona più? Per quali ragioni? C’è ancora spazio in Ticino per un ritovo che punti su qualità e ricerca, sfuggendo le cover pop?

Ai molti “grazie”, in rete, seguono altrettante invettive alla “città morta”. Confidando poco in un futuro che sembra volerci sempre più omologati e sempre meno disponibili alla scoperta.

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