Società

Musica e pirateria: la utilizza il 38% di chi l'ascolta

La forma più comune di violazione è il cosiddetto "stream-ripping" (32%), cioè l'utilizzo di semplici software online per registrare l'audio di video.

11 ottobre 2018
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Nonostante siamo nell'era di Spotify, che compie proprio in questi giorni dieci anni, la pirateria musicale è ancora un problema diffuso, con più di un terzo di chi ascolta musica digitale che ricorre a metodi illegali. Lo afferma un rapporto della International Federation of the Phonographic Industry, secondo cui il fenomeno riguarda il 38% degli utilizzatori.

La forma più comune di violazione del copyright è il cosiddetto "stream-ripping" (32%), cioè l'utilizzo di semplici software online per registrare l'audio di video come quelli di YouTube. Al secondo posto c'è il "vecchio" peer-to-peer, quello che fece la fortuna di Napster, usato dal 23% di chi infrange la legge, mentre al terzo c'è l'acquisizione di file trovati attraverso i motori di ricerca.

La motivazione principale per l'uso illegale è "poter ascoltare le canzoni offline senza pagare i servizi premium". "La pirateria musicale è scomparsa dai media negli anni scorsi ma di sicuro non è un fenomeno passato - afferma al "Guardian" David Price, uno degli autori del rapporto -. Le persone amano ancora le cose gratis, quindi non ci sorprende che molte lo facciano. Ed è relativamente facile piratare la musica". Secondo il rapporto l'86% degli utilizzatori di musica sceglie i servizi di streaming audio o video, ma una percentuale identica indica anche la "vecchia" radio tra i dispositivi utilizzati. Ogni settimana in media un utilizzatore ascolta 17,8 ore di musica.

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