Scienze

Studio Uni Insubria: saliva senza anticorpi dopo vaccino Pfizer

Uno studio di Università dell’Insubria e Asst Sette Laghi spiega in parte perché il vaccino protegga dai decorsi gravi ma non sempre dal contagio

Una parte del team dello studio
28 dicembre 2021
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Il basso livello di anticorpi neutralizzanti contro la proteina Spike nella saliva, dopo la vaccinazione con Pfizer, dimostra che occorre rafforzare le difese di bocca e naso, per esempio con preparazioni vaccinali somministrate a livello locale. Lo rivela uno studio di Università dell’Insubria e Asst Sette Laghi pubblicato su EBioMedicine, rivista dell’importante gruppo editoriale The Lancet. Lo studio sulla risposta immunitaria mucosale evocata dalla vaccinazione anti-Covid19 con Pfizer-BioNTech “Mucosal immune response in BNT162b2 Covid-19 vaccine recipients” si basa su un’indagine che ha coinvolto 60 operatori sanitari dell’ospedale varesino.

Lo studio dimostra che, dopo il completamento del primo ciclo di due dosi di vaccino, tutti i soggetti immunizzati presentano anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma non nella saliva, nella quale sviluppano anticorpi neutralizzanti solo gli individui precedentemente esposti all’infezione naturale e le cui mucose orali sono state a contatto con gli antigeni virali. Questi dati spiegano almeno in parte perché la vaccinazione a mRNA sia efficace e protettiva contro la malattia severa ma meno performante nel blocco dell’infezione e quindi della circolazione del virus tra i soggetti vaccinati.

Lo studio è stato coordinato dal punto di vista clinico da Lorenzo Azzi, ricercatore odontoiatra e patologo orale, e da Daniela Dalla Gasperina, ricercatrice in Malattie infettive e attualmente coordinatrice delle attività cliniche dell’Hub Covid dell’Ospedale di Circolo di Varese; il disegno sperimentale dello studio è stato condotto e coordinato dalla professoressa Greta Forlani, direttrice del Laboratorio di Patologia generale e immunologia “Giovanna Tosi”. Importante e preziosa è stata la collaborazione del personale infermieristico.

«Oggi il riacutizzarsi della pandemia – spiegano Lorenzo Azzi e Greta Forlani – fa emergere sempre con maggiore urgenza la necessità di indurre un’immunità sterilizzante per bloccare la diffusione del virus. A nostro parere per raggiungere questo obiettivo occorre rafforzare le difese immunitarie a livello delle vie aeree, sviluppando ad esempio preparazioni vaccinali somministrate nel cavo orale o nelle vie nasali, che rappresentano la prima barriera all’ingresso del virus nell’organismo. Sulla base delle evidenze sperimentali ottenute da questo primo studio, stiamo valutando l’andamento della risposta immunitaria umorale nel siero e nelle mucose negli stessi soggetti a circa sei mesi dal termine del ciclo vaccinale e dopo il terzo boost antigenico».

L’analisi statistica dello studio è stata condotta dai professori Marco Ferrario, Francesco Gianfagna e Giovanni Veronesi, afferenti al Centro di ricerca in Epidemiologia e medicina preventiva (Epimed) dell’Università dell’Insubria.

Tra gli autori dell’articolo vi sono anche: il rettore dell’Insubria Angelo Tagliabue, il direttore sanitario dell’Asst Sette Laghi Lorenzo Maffioli, il past-president della Scuola di medicina Giulio Carcano, il professore emerito di Patologia generale dell’Insubria Roberto Accolla, il professor Fabrizio Maggi, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell’Insubria, e il professor Francesco Dentali, direttore del Dipartimento delle Medicine dell’Asst Sette Laghi. Il personale infermieristico ha attivamente collaborato nella conduzione dello studio.

“Mucosal immune response in BNT162b2 COVID-19 vaccine recipients” è pubblicato su EBioMedicine, rivista del gruppo editoriale The Lancet.

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