Scienze

Grasso senz’onta, ovvero lotta alle discriminazioni

Appello della comunità scientifica per porre fine ai pregiudizi verso l’obesità

5 marzo 2020
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Pigre, ghiotte, con poca forza di volontà e ancora meno autodisciplina: è questo il ritratto tipico delle persone obese e sovrappeso. Quello che tutti abbiamo in mente, quello che troviamo nei media e – cosa ancor più grave – in molte campagne di salute pubblica che per motivare le persone a stili di vita più sani puntano sui sensi di colpa. Il problema è che tutto questo non solo risulta dannoso, ma è anche privo di fondamento scientifico. E a dirlo non è un singolo ricercatore, ma un centinaio di associazioni mediche e scientifiche che, dopo un lungo processo di discussione, sono giunte a un ‘consensus statement’, un elenco di punti sui quali si sono detti d’accordo gli esperti coinvolti e guidati dal professor Francesco Rubino del King’s College di Londra. In pratica, un appello a porre fine alle discriminazioni nei confronti delle persone obese.

Pregiudizi dannosi

Lo si è visto, in passato, con l’Hiv o la sifilide: colpevolizzare le persone malate è pericoloso. Perché ai problemi di salute per così dire “diretti” aggiunge quelli sociali e psicologici. Il resoconto del gruppo di lavoro pubblicato su ‘Nature Medicine’ è in questo chiarissimo: i pregiudizi sul peso corporeo sono collegati a scarsa autostima, stress, abusi di sostanze, isolamento sociale. E paradossalmente anche a minore attività fisica e diete più caloriche, il che significa che a parità di condizioni (e di indice di massa corporea), una persona discriminata per il proprio peso tenderà più facilmente a ingrassare. Anche nei luoghi di lavoro, le persone sovrappeso tendono a lavorare di più e a venir pagate meno.

Pregiudizi che purtroppo riguardano anche i sistemi sanitari: gli studi citati segnalano che le persone obese ricevono meno cure, senza dimenticare le difficoltà nell’ottenere trattamenti chirurgici o farmacologici dell’obesità, spesso avversati per i soliti appelli – magari basati su sensi di colpa – a stili di vita più sani. E anche le ricerche sull’obesità ricevono minori finanziamenti di quelli per altre malattie. Già malattie: uno dei punti dell’appello è appunto che l’obesità è da considerarsi una malattia, definizione non riconosciuta da alcuni in quanto deresponsabilizzerebbe le persone. Ma, si legge nel resoconto, se definire l’obesità una malattia dovrebbe essere stabilito in base a criteri medici e biologici, non sociali. E in molti casi questi criteri, come la presenza di sintomi precisi e la ridotta qualità di vita, ci sono.

Che cosa dice la scienza

Pregiudizi, come accennato, privi di fondamento e che ruotano intorno all’idea che le persone sovrappeso siano pigre e golose. Tuttavia il peso corporeo non dipende solo da calorie e attività fisica, ma è influenzato da numerosi fattori genetici e ambientali. Senza dimenticare che il nostro corpo dispone di un potente e preciso sistema omeostatico che tende a preservare il peso corporeo, ad esempio riducendo il metabolismo e aumentando l’appetito. A questo dobbiamo aggiungere che alcune ricerche mostrano come non ci siano significative differenze nell’attività fisica svolta da persone sovrappeso e persone magre. Insomma l’obesità non è una scelta e nei casi più gravi non è possibile dimagrire cambiando stile di vita. Questo quel che dice la scienza, sperando che la società l’ascolti.

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