Scienze

Occhiali 'virtuali' per immergersi nella storia delle dogane

Il Museo di Gandria arricchisce la sua offerta con la realtà aumentata. Una tecnologia dalle grandi potenzialità da attivare grazie a un buon racconto

28 aprile 2018
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La realtà aumentata arriva anche al Museo delle dogane di Gandria che, un mese dopo la riapertura stagionale, si unisce alle altre istituzioni culturali ticinesi – Villa Ciani, la Biblioteca cantonale di Lugano e il Parco archeologico di Tremona – che impiegano questi speciali occhialini multimediali per arricchire l’esperienza del visitatore. Al contrario della realtà virtuale – che isola dal mondo esterno, può disorientare, provocare nausea (‘motion sickness’) e non è indicata ai minori di 13 anni –, la realtà aumentata si aggiunge alla normale esperienza, arricchendola con elementi multimediali che “completano” il mondo che ci circonda, mostrandoci magari elementi e testimonianze di un passato che non c’è più. Il tutto senza perdere di immersività, come ha spiegato ieri in conferenza stampa Antonio Scuderi, presidente di Capitale Cultura e Ceo di ArtGlass che ha curato questo progetto promosso dal Museo delle Culture di Lugano che ha in gestione il Museo delle dogane. Disponibile da oggi ai visitatori per soli 3 franchi – «un prezzo aggressivo ma economicamente sostenibile nel lungo termine» ha spiegato Scuderi – la visita in realtà aumentata utilizza materiali provenienti dalle Teche della Rsi che, ha spiegato il responsabile Mauro Ravarelli, trovano qui un nuovo modo per valorizzare il materiale custodito dalla radiotelevisione. A fianco di soluzioni più tradizionali che convivono anche al Museo delle dogane, dove un libro curato da Jean-Luc Rickenbacher ripercorre la storia dell’istituto e – ha precisato Scuderi – ha fornito diverso materiale per il progetto di realtà aumentata.

Antonio Scuderi, vediamo sempre più progetti di realtà aumentata nei musei: è la moda del momento, destinata a sparire con la prossima novità tecnologica, o è qualcosa di duraturo?

Noi crediamo che sia qualcosa di più profondo e concreto di una moda. Un solo dato: misuriamo continuamente l’indice di soddisfazione dei visitatori dei musei in cui inseriamo soluzioni di realtà aumentata e questo non è mai inferiore al 95 per cento. Questo dato, insieme ad altri indicatori, ci testimonia che c’era e c’è un bisogno di racconto della cultura, che c’è spazio per un nuovo racconto della cultura che metta in gioco la curiosità e la sensorialità. Si tratta di usare la multimedialità per rendere più efficace e più rapido il cammino della persona verso la cultura, verso la conoscenza. E lo dico da editore, perché la tecnologia è uno strumento per un nuovo prodotto culturale. Dal pubblico ci arrivano anche altre indicazioni che ci fanno dire che non è una moda passeggera. La prima è che si tratta di una tecnologia semplice e immediata, nonostante gli occhiali multimediali non siano comuni come lo sono gli smartphone. E poi c’è il giudizio sui contenuti: non solo sono molto chiari, ma ce ne chiedono di più, costringendoci ogni volta ad alzare l’asticella.

Ha parlato di racconto e di contenuti editoriali: alla base c’è sempre una narrazione, tecnica vecchia come l’uomo…

Assolutamente. Quello che facciamo è un progetto editoriale nel quale la tecnologia ci permette di superare dei limiti. Faccio un esempio: fino a qualche mese fa non eravamo in grado di avere dei video animati a 360 gradi, adesso possiamo ma per noi è una opportunità narrativa, non tecnologica. Soprattutto, come per il catalogo di una mostra è essenziale coinvolgere i massimi esperti di quel tema, per noi lavorare con i curatori è fondamentale: senza la loro collaborazione sarebbe impossibile realizzare un prodotto di successo.

Per il museo delle dogane, il materiale arrivava dagli archivi della Rsi. Immagini e filmati che non erano a 360 gradi…

In alcuni casi abbiamo inserito i contenuti in scenari a 360 gradi, ad esempio una linea del tempo che ripercorre tutta la storia del museo e nella quale il visitatore si può muovere. In altri abbiamo preferito lasciare il contenuto video così come era, perché rielaborare questo contenuto d’archivio sa- stato fargli una violenza. Abbiamo quindi lavorato sul contesto, ad esempio proponendo il filmato del capodoganiere esattamente sulla scrivania in cui lui si sedeva.

In questo caso una soluzione ‘vecchio stile’ sarebbe stata mettere, su quella scrivania, uno schermo…

Certamente. Però su schermo non ha lo stesso effetto che avrebbe all’interno di un racconto immersivo. Il trovarsi dentro una storia crea una attenzione enorme: con la realtà aumentata il visitatore è completamente concentrato, non ha distrazioni. E questo cambia tutto. Senza dimenticare “l’effetto wow”, che ci vuole sempre altrimenti le persone rimangono deluse.

Se pensiamo a musei e siti storici, la realtà aumentata permette di vedere qualcosa che c’era e non c’è più, arricchendo l’esperienza del visitatore. Quali sono le potenzialità in altri contesti?

La nostra sfida più grande è il confronto con la pittura. Ed è una sfida che qualche volta abbiamo perso e qualche volta abbiamo vinto. E quando l’abbiamo vinta è stato grazie a dei curatori che ci hanno guidati sulla strada giusta. Perché la realtà aumentata su delle opere d’arte è poco efficace se ti sovrapponi al quadro, perché è già al centro dell’attenzione del visitatore. Ma se usi la realtà aumentata per esplorare l’opera d’arte, affrontando un tema specifico, allora diventa potentissima. All’Accademia Carrara di Bergamo abbiamo ad esempio creato un percorso attraverso una ventina di opere che vanno dal Quattrocento ai primi del Novecento, dalla scuola di Giotto a Canaletto fino a Fattori. Senza sovrapporci ai quadri, e con l’ausilio della curatrice che è anche una regista teatrale, abbiamo raccontato l’acqua: una annunciazione di Bellini con sullo sfondo un paesaggio d’acqua lo mostriamo con un paesaggio rurale, con una città, con solo il cielo, così da far capire l’importanza dello sfondo d’acqua.

E in altri campi, come il teatro e la musica?

Lì la grande potenzialità riguarda l’accessibilità, il poter proporre contenuti anche al pubblico che ha degli handicap. Sottotitolazione in tempo reale, e in varie lingue, racconto per immagini per chi ha problemi legati all’udito. Crediamo che questo sia un aspetto molto importante, sul quale ci stiamo muovendo.

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