Figli delle stelle

Ode a Brunori Sas, anche in formato ‘Cheap!’

Brunori Sas, ‘Cheap!’ (Universal) - ★★★★✩ - Cinque canzoni, ‘qualcosa di leggero’, sedici minuti che ci hanno cambiato la vita. In meglio

‘L’aria un po’ sinistra da vecchio socialista’ (Brunori Sas official facebook)
12 gennaio 2022
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Su Apple Music, digitando ‘Brunori’, esce non si sa perché Bruno Mars. Il faccione blu di Dario Brunori appare poco sotto, nella Playlist ‘Brani essenziali’. Vicino a Bruno Mars. Digitando invece ‘Brunori Sas’, esce proprio Brunori Sas nel recente tripudio di uccellini aperto da ‘Cip!’, miglior album del 2020 per quelli del Premio Tenco, forse intimoriti nel 2017 dal dover premiare anche ‘A casa tutto bene’, nell’ipotetica playlist ‘Dischi imprescindibili’. Di volatile in volatile, a ‘Cip!’ è seguito lo strumentale ‘Baby Cip!’, segnalatovi su queste pagine tra i Christmas album atipici. Per completezza d’informazione: ‘Baby Cip!’ è originale rivisitazione di ‘Cip!’, risuonato nello stesso ordine di brani con gli strumenti e le voci delle ninnenanne e dedicato a Fiammetta, primogenita dell’autore, ma fruibile anche dai nostri “fanciullini interiori” (parole sue, con i proventi devoluti al reparto di neonatologia dell’ospedale Annunziata di Cosenza, città natale di padre e figlia).

Il terzo volatile, che ha appena mosso le sue alette in versione Ep, è ‘Cheap!’, letteralmente ‘economico’, perché fatto con pochi mezzi che comunque sono molti e tutti piacevolmente vintage, dal Geloso a bobina al Cp80 Yamaha, pianoforte semiacustico con cassa armonica in ghisa (che ha rovinato la schiena a intere generazioni di pianisti o aspiranti tali). ‘Cheap!’, scrive l’autore, è acronimo di Cinque Hit Estemporanee Apparentemente Punk. Virgolettando per intero: “Una raccolta di 5 canzoni casalinghe, scritte e registrate in una settimana durante le feste di Natale, con strumentazione scarna e approccio da ‘buona la prima’”.

Effetto nostalgia

“Ma me devo mette la Ffp2?”, scrive qualcuno prima della presentazione ufficiale dell’album breve, fissato per le 21 di lunedì scorso, quando sugli schermi del diversamente social Brunori è andato in onda il film di ‘Cheap!’, annunciato dal protagonista come “sedici minuti che vi cambieranno la vita, in peggio”, dalla qualità Vhs degna dell’epoca d’oro del porno, girato e montato da Giacomo Triglia, concluso nel Museo di Storia naturale della Calabria (ad Arcavacata, Rende, Cosenza).

Se ‘Cip!’ era l’album di ‘Per due che come noi’, l’educazione sentimentale di Brunori Sas, che tra amore e innamoramento, tra culi e cuori, scriveva un manifesto dell’amarsi a quarant’anni (quarantacinque a settembre), ‘Cheap!’ è quello di ‘Yoko Ono’, brano d’apertura sulla condizione femminile, la donna “calpestata da millenni da maschietti sempre in guerra”, punto di arrivo di una constatazione – “Chissà come sarebbe il mondo se qualche maschietto scendesse dal trono” – e di una domanda-ritornello che arriva dritta da ‘Berlinguer ti voglio bene’, il Benigni ruspante del 1977: “Pole la donna permettisi di pareggiare coll’omo?” (qui nel toscano originale del regista Duccio Chiarini, very special guest).

Di toscano in toscano, alla traccia 3 si cita il Monni di ‘Benvenuti in casa Gori’ in ‘Il giallo addosso’, storia di bambini che usano i telefonini e bambini che li fabbricano, alla fine della quale si fa prima a dar la colpa ai cinesi per quel che accade a Cosenza, Pechino o Seul. Se ‘Figli della borghesia’, che chiude l’Ep, è la botta emozional-generazionale che riempirà pagine e bacheche, ‘Italiano-latino’, in maccheronico sudamericano su ritmica hawaiana, è un ritratto dell’italiano nostalgico, “pettorale di legno ma uccello pequeño como Calimero”, dove la nostalgia è “che un giorno lui possa tornare a parlar dal balcon”.

Bastoni e carote

Nella consueta alternanza di bastoni e carote tramite i quali il cantautore la poggia piano da sempre, in questo gustoso panino della vita dove quella in mezzo non è sempre Nutella, Brunori pare ancora l’unico in giro con l’autorevolezza per sbatterci in faccia l’infanzia, i sogni, l’amore, i fallimenti, la catastrofe e un filo di speranza. Tra i complimenti più sentiti lasciati in rete a margine dell’esibizione, ci sono quelli di chi lo vuole dopo Mattarella, di chi “avevo delle certezze, ma la stima che ho di te mette in dubbio anche la mia sessualità” e chi “e fallo un pezzo brutto ogni tanto, per vedere che cosa si prova!”.

C’è anche chi, ogni volta che esce qualcosa di Brunori Sas, il fanciullino interiore che un tempo aspettava i nuovi dischi davanti alla vetrina ha un fanciullesco interno sussulto. Saranno “la giacca da impiegato e la barbetta, la montatura spessa e la panzetta”, saranno “l’aria un po’ sinistra da vecchio socialista e l’ironia un po’ cattocomunista”, (auto)ritratto della categoria in ‘Ode al cantautore’, traccia 2 che abbiamo lasciato per ultima, non ulteriormente spoilerabile, raro momento di tv verità che chiama la risata grassa. Ode al cantautore, dunque, ode a Brunori Sas e ai suoi sedici minuti che ci hanno cambiato la vita. In meglio.

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