Figli delle stelle

Sara Bareilles, io donna al tempo di Trump

Sara Bareilles, 'Amidst the chaos' - ★★★★✩ - Amore, politica, poco pianoforte e tanta passione in un gran bel disco (se ascoltato al contrario)

Sara Bareilles (Pagina ufficiale Facebook)
25 maggio 2019
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Diamo le stelle ai pianisti, visto che è stata e sarà la settimana di Elton John. E visto che Sara Bareilles, dell’icona pop inglese, è interprete di una delle più riuscite cover (digitare ‘Goodbye yellow brick road’, Atlanta 2013). Anche il produttore ha a che fare con Elton John, si chiama T-Bone Burnett e gli ha prodotto ‘The Union’ e ‘The diving board’. Allora perché sacrificare il pianoforte in questo disco? È un tantino doloroso attendere da ‘Armor’ (echi di Tori Amos e suono ‘grasso’ tipico del produttore) fino a ‘A safe place to land’ per apprezzare l’intestataria di questo album nel suo habitat naturale, gli 88 tasti, insieme a John Legend in una canzone che parla della frontiera con gli States in un disco dichiaratamente anti-Trump.

Un disco che per intensità – le splendide 'Shiny', ‘Someone who loves me’ e ‘Saint Honesty’ sono sacrificate in coda – pare dare il meglio verso la fine partendo da ‘Orpheus’, un sentimentale e tutt’altro che sdolcinato invito a non mollare in nome dell’amore (quello tra esseri umani, non quello delle soap opera). “La sua elezione mi ha fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa di cantautorale”, dice l’artista nelle note di presentazione parlando dell’attuale presidente e della difficoltà di essere donna e di lui contemporanea. Lei che ‘No such thing’ l’ha scritta dopo avere ascoltato, in lacrime, il discorso d’addio di Barack Obama (“Come back in”, ritorna, è riferito a lui). Da piano woman a piano woman, bello anche il ricordo di Nina in ‘Miss Simone’, una delle cose più riuscite di un gran bel disco (se ascoltato al contrario).

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