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Il Forum per l’italiano in Svizzera

Nasce ‘Otium’, pagina culturale a scadenza mensile che si prefigge di fare divulgazione sul duplice fronte umanistico e scientifico

La lingua di Dante
(Keystone)

Si chiama ‘Otium’ e vuole portare una ulteriore voce nel dibattito non solo svizzero-italiano. È una pagina ‘aperta’ a competenze e collaborazioni diverse, senza altre preclusioni che non siano quelle di una buona divulgazione culturale. Una riflessione che intende contribuire ad allargare gli spazi (sprovincializzandone, all’occasione, gli esiti) e che speriamo gradita al lettore ‘curioso’.

Forum per l’italiano in Svizzera

Nel corso del sesto Forum di dialogo tra Svizzera e Italia (Zurigo, 21-22 ottobre 2022), la ‘Fondazione CH’ ha consegnato al Forum per l’italiano in Svizzera il Premio per il federalismo 2022. La consigliera di Stato del Canton Neuchâtel, Florence Nater, presidente della ‘Fondazione CH’, ha elogiato l’impegno dell’organizzazione per la promozione della lingua e della cultura italiana. Il premio è stato ritirato dal consigliere di Stato Manuele Bertoli, presidente del Forum per l’italiano in Svizzera. Abbiamo chiesto al coordinatore del Forum, prof. Diego Erba, e al dott. Matteo Casoni, tra gli autori del volume ‘La posizione dell’italiano in Svizzera’, qual è lo stato di salute dell’italiano in Svizzera.

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Dove l’italiano è più debole

di Matteo Casoni, ricercatore dell’OLSI

Le considerazioni sullo ‘stato di salute’ dell’italiano in Svizzera (una metafora ricorrente) emergono a cadenza regolare dacché l’italiano è lingua nazionale, quindi da più di un secolo e mezzo. Per certi aspetti (grado di tutela formale, risorse, quantità di informazioni disponibili) quella italofona può essere considerata una minoranza ‘di lusso’. Ciò non toglie la necessità di monitorare con regolarità la situazione: i dati e le indicazioni sono essenziali per il dibattito pubblico, ma soprattutto per poter promuovere in modo informato, là dove è necessario, iniziative di sostegno alla terza lingua nazionale nel contesto del plurilinguismo svizzero.

Numeri e aspetti demografici

Il monitoraggio è particolarmente pertinente nei territori dove l’italiano non è lingua tradizionale. Fuori dalla Svizzera italiana emerge in effetti un quadro sfaccettato. Un aspetto demografico rilevato – e spesso enfatizzato nel dibattito pubblico – è il fatto che un numero maggiore di italofoni risiede fuori dalla Svizzera italiana (circa 310mila a fronte dei 280mila residenti nel territorio). Questa è una condizione stabile almeno dagli anni Cinquanta: solo nel censimento del 2000 si era registrata una situazione inversa. Il dato è indicativo della presenza diffusa, ma minoritaria, degli italofoni fuori territorio (4.5% della popolazione) che costituiscono una realtà frammentata e trasversale, senza particolare tutela, unita solo nella lingua.

Sulla consistenza numerica degli italofoni in Svizzera incide storicamente il fattore migratorio, che contribuisce a mantenere per l’italiano il rango di terza lingua principale più diffusa. La ‘nuova immigrazione’, più contenuta nei numeri rispetto a quella degli anni Sessanta/Settanta, si caratterizza per un profilo diversificato dal punto di vista delle competenze professionali e linguistiche: accanto ai lavoratori nel settore manifatturiero (che ancora ci sono) si hanno oggi anche immigrati nel settore terziario con repertori plurilingui. I censimenti informano anche sull’uso delle lingue nei contesti della famiglia e del lavoro. Fuori dalla regione italofona, l’italiano è parlato in ambito familiare dal 5.1% della popolazione, più basso è l’uso sul posto di lavoro (4.7%). Indicatore fondamentale per la vitalità di una lingua è la misura in cui essa è trasmessa tra le generazioni. I dati demolinguistici non permettono di rilevare direttamente questo fenomeno, ma di osservare che l’italiano si mantiene nel repertorio dei parlanti dall’infanzia fino all’età adulta, sempre accanto alla lingua locale, anche se a livelli di competenza diversa. Le competenze bi-plurilingui contribuiscono quindi in modo significativo al mantenimento e alla diffusione complessiva dell’italofonia.

Acquisizione e insegnamento

Fuori dalle mura domestiche invece l’acquisizione dell’italiano rimane limitata, dato che non è veicolo dell’educazione. Questa è anche una conseguenza della politica educativa basata sul principio della territorialità. Per quanto riguarda l’italiano come materia d’insegnamento vanno segnalate lacune nella disponibilità e confrontabilità di dati su offerta e frequenza dei corsi per tutti i gradi e gli ordini scolastici. Accanto al monitoraggio dell’offerta formativa secondo ordinamenti e concordati, va considerata anche l’ampia e diversificata offerta extracurricolare, come i corsi di lingua e cultura d’origine e i programmi di mobilità e di scambi linguistici (tra i quali Movetia). Questi ultimi sono ormai parte integrante della politica linguistica nazionale: su di essi punta il Messaggio sulla cultura 2021-2024 del Consiglio federale. Se l’offerta è ampia, non ha però ancora espresso tutto il suo potenziale, per es. negli scambi di classe le strategie attuate sembrano favorire soprattutto le altre lingue nazionali. Ciò nonostante il modello della mobilità è valido e ampliabile anche al mondo del lavoro, in aziende attive a livello nazionale, alla stregua di quanto già fanno l’Amministrazione federale o la Posta per gli apprendisti.

Il principio di territorialità

In conclusione torniamo sul principio di territorialità, elemento alla base del federalismo e della politica linguistica in Svizzera, non solo per l’ambito educativo. Una sua applicazione rigida non va sempre a favore delle minoranze linguistiche e del loro sostegno fuori dai rispettivi territori. Vi sono però anche ambiti in cui si fa riferimento non al concetto di comunità territoriale ma a quello di comunità linguistica. Un esempio sono i valori di riferimento per la rappresentanza delle comunità linguistiche nel personale dell’amministrazione federale che corrispondono a quelli delle lingue principali a livello nazionale (tra il 6.5 e l’8.5% per l’italiano): se il riferimento fosse la Svizzera italiana, avremmo valori dimezzati. Un altro esempio è il meccanismo di distribuzione del canone radiotelevisivo, chiaramente sbilanciato a favore delle comunità minoritarie, poiché trascende l’aspetto demografico e territoriale basandosi su un sistema di perequazione e sul principio di solidarietà. Sono esempi virtuosi che stimolano a evitare posizioni di arroccamento nel proprio territorio e a mirare anche all’obiettivo costituzionale: favorire il plurilinguismo e la comprensione tra le comunità linguistiche.

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Luci e ombre dell’italiano in Svizzera

di Diego Erba, coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera

Il Forum per l’italiano in Svizzera, associazione che comprende 38 organizzazioni che operano a favore della lingua italiana, ha promosso una ricerca per disporre di indicatori che permettessero di verificare se e in quale misura l’obiettivo che si era dato, ovvero «la corretta collocazione entro il 2020 dell’italiano nel quadro del plurilinguismo costituzionale della Svizzera» fosse stato o meno conseguito. È stato richiesto un rapporto che mettesse a confronto la situazione del 2012 (anno di avvio del Forum) con quella del 2020 e individuasse degli scenari per l’attività futura. La pubblicazione "La posizione dell’italiano in Svizzera", frutto di un approfondito lavoro di ricercatori e ricercatrici dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (OLSI), del Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI (DFA) e del Partenariato dell’Alta scuola pedagogica dei Grigioni (PHGR), è stato presentato nel novembre 2021 a Palazzo federale e ha suscitato l’interesse del mondo politico, culturale e dei media. L’edizione cartacea è praticamente esaurita, ma lo studio può essere scaricato dal sito www.forumperlitalianoinsvizzera.ch.

Molte sono le indicazioni che scaturiscono dalla lettura e dalle illustrazioni del rapporto. Mi limito qui a segnalare quei temi che coincidono con gli ambiti d’intervento del Forum e che trovano ora una puntuale risposta. Si tratta inizialmente del ruolo e della posizione dell’italiano come lingua ufficiale, vale a dire l’uso dell’italiano nella documentazione ufficiale della Confederazione (scritti, siti, traduzioni, ecc.), nell’Amministrazione federale e in quella dei Grigioni (visto che l’italiano è lingua cantonale minoritaria) e la presenza dell’italiano nel dibattito politico. Interessante è conoscere l’offerta d’insegnamento dell’italiano nelle scuole elementari e medie, nei licei e nelle scuole professionali della Svizzera tedesca e francese, come pure la domanda e l’offerta di corsi di lingua e cultura italiana promossi dalle autorità italiane e gli scambi linguistici di classi. Utili sono pure i risultati sulla presenza dell’italiano nelle manifestazioni culturali organizzate nella Svizzera tedesca e francese, nei luoghi di prestigio come la biblioteca nazionale, i musei delle principali città, le università e i media (italofoni e non).

Il quadro scaturito è fatto di luci e di ombre. Se è vero che l’italiano è ben tutelato dalle leggi, a far difetto è spesso l’applicazione. Si trova così conferma, ad esempio, che non sempre le disposizioni previste dalla Legge sulle lingue sono rispettate, come ha dichiarato recentemente il Consiglio federale per i Politecnici federali, oppure che - in ambito scolastico – alcuni cantoni non offrono l’italiano come prescritto da HarmoS e che non tutti i licei, in particolare della Svizzera tedesca, propongono l’italiano come disciplina fondamentale come indicato dall’Ordinanza sulla maturità. A preoccupare è anche il mancato intervento delle autorità competenti nel richiamare il rispetto delle leggi! In diversi ambiti mancano dati statistici sull’italiano e carente è l’informazione nella nostra lingua per chi visita alcuni musei d’Oltre Gottardo.

Un dato positivo non solo è la presenza maggioritaria di italofoni al di fuori della Svizzera italiana, ma pure quel 34% di persone che in quei territori dispone di una certa competenza dell’italiano. Se a ciò si aggiunge il saldo migratorio positivo di persone di nazionalità italiana a partire dal 2007 che interessa soprattutto l’Oltralpe (nel 2019 è di ca. 6900 persone), per il futuro c’è un certo ottimismo. Fuori dalla Svizzera italiana un ruolo importante lo possono e lo potranno svolgere sia la RSI - a condizione che sia sempre più Radio televisione svizzera di lingua italiana per tutti gli italofoni - come pure la fruizione degli altri media italofoni e delle pratiche di lettura affinché la competenza di chi ha dichiarato l’italiano fra le lingue conosciute non sia solo mantenuta ma ulteriormente sviluppata. L’impegno di tutti nel promuovere l’italiano in Svizzera rafforza anche un valore che ci contraddistingue: il nostro plurilinguismo.

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