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Il Lux, l’Iride e Marco Ferreri

Ma soprattutto Joel Fioroni, responsabile di due storiche sale cinematografiche. E l’amore per Marco Ferreri

Lux Art House, Massagno
(Gino Keller/Comune di Massagno)
12 novembre 2022
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La vita scorre al cinema, tra le ore del giorno. Così, Francois Truffaut. "Il nostro film migliore è forse quello in cui riusciamo ad esprimere, più o meno volontariamente, sia le nostre idee sulla vita, che le nostre idee sul cinema". Sono con Joel Fioroni, responsabile di due storiche sale cinematografiche, il ‘Lux’ a Massagno e ‘l’Iride’, Quartiere Maghetti, Lugano. Joel, disegnatore edile, documentarista, diplomato al corso di montaggio presso il Conservatorio Internazionale Scienze Audiovisive, racconta la sua passione per il cinema portandomi agli anni dei miei cinema d’essai; sale piccole e grandi, dove entrando si ascoltava il flusso del mondo vicino a una persona che ti sedeva accanto. Sconosciuta.

‘Iride, Lux’, mono sale. Cosa vuol dire oggi? «Partirei dal ‘Lux’, ed è stata per me assumere una grande responsabilità. Avevo ventisei anni quando il comune di Massagno mi ha dato fiducia per continuare il progetto da solo. Inizialmente lo gestivo con la scuola del cinema, come dipendente. Il direttore del CISA, Domenico Lucchini, ha avuto questa visione quando la sede era ancora a Viganello. Coinvolgere i ragazzi in un progetto ed io mi sono occupato degli aspetti pratici che vuol dire, la cassa, i distributori, la biglietteria, tenendo conto dell’esperienza fatta per diversi anni al ‘CineStar’, sotto Antonio Prata. Poi, la scuola si è spostata al PalaCinema, a Locarno, una sede molto bella». E dopo? «Mi si è accesa una lampadina. L’ambiente mi piaceva molto, la realtà di quello che avevo vissuto stimolante, quindi dovevo scegliere se seguire la scuola come insegnante o fermarmi a Massagno. Il comune mi ha sostenuto e dal 2017 sono al Lux con un gruppo di amici, collaboratori. Adesso siamo in dodici, non pochi». La responsabilità? «È tanta. Il cinema ha festeggiato qualche anno fa i sessant’anni di attività. ‘60 LUX’ è il documentario che ho girato per segnare questo momento, con diverse e significative partecipazioni. Ma direi che la responsabilità è anche verso chi ci ha preceduto, Maurice Nguyen, con il suo importante lavoro». Un pubblico fedele. «Certo. È una cosa preziosa, insieme alla nostra volontà di innovare, di portare novità, dei cambiamenti in alcuni casi radicali. Penso alle tecnologie, al desiderio di catturare un pubblico giovane, guardando il domani».

Mentre parliamo, due signore entrano per chiedere un’informazione, a lato delle cineprese su uno scaffale mostrano l’attenzione alla storia e cultura del cinema. Joel Fioroni, trasmette la passione per questo percorso letto nel presente e nel suo divenire. Avresti fatto qualcos’altro? «Ho appena terminato un lungometraggio acquistato dalla Rsi, ‘I AM FREE’ presentato a Castellinaria e in diversi festival nel mondo, che andrà in televisione. Ma giro solo se ho qualcosa da raccontare, non sono così legato al mestiere. Il cinema, mi impegna invece sette giorni su sette, le sale sono sempre aperte, Natale, Capodanno, Ferragosto e oltre i contenuti in sé mi piace la realtà di un cinema. La gente che viene, che si fa l’aperitivo prima del film, che dialoga con te». E che ti dice, all’uscita, cosa ne pensa. «Sì. Le loro emozioni. Vedere un film in modo collettivo, dove qualcuno ride su una battuta poco prima di te».

Joel viaggia molto, un altro forte interesse. «Ho la fortuna di poterlo fare e vado sempre a visitare delle sale cinematografiche; Messico, Africa, Giappone, dettagli che porto qui per migliorare l’accoglienza. Al di là delle proiezioni d’autore, la qualità, le persone vivono l’esperienza cinema in senso complessivo». Il gruppo di lavoro? «Un gruppo di amici con cui si affrontano i problemi, soprattutto pensando a questi ultimi anni. Chiusure, aperture, adesso l’aumento delle bollette energetiche. Ci confrontiamo, lavoriamo su più fronti».


Cinema Iride, Lugano

Iride

Entrando nel Quartiere Maghetti, torno quasi d’istinto alla casa d’epoca sita a Parigi di cui ha scritto Georges Perec, rue Simon-Crubellier,11. Una sua invenzione. I piani, il numero di stanze, una sorta di pluridimensione tra spazi che si rincorrono e rappresentano una narrazione che si sviluppa per tutta la volumetria dell’edificio. Qui, negozi, la galleria, persone sedute al bar, vetrine. Un clima particolare, arcipelago di rimandi, memorie, volti. L’Iride, nel cuore della città. «Lo abbiamo riaperto il quattro settembre. Ma facciamo un passo indietro. Frequentavo architettura e in quel periodo una lettera sul Corriere del Ticino informava della ricerca di volontari alla cassa. Avevo diciassette anni con già il pallino del cinema, giravo con la mia piccola videocamera. Scrivo allora a Ferruccio Piffaretti, figura indimenticabile e inizio a collaborare. Mi dà le chiavi della sala che non ho mai riconsegnato; un ricordo emozionante». Cosa facevi? «Di tutto. Dal cassiere, al proiezionista. Negli ultimi tempi Ferruccio mi ha chiesto di dargli una mano, poi è entrato in casa anziani e non poteva più seguire il cinema». A quel punto? «Il cinema è di proprietà del Quartiere. Cosa si farà, adesso? Allora mi sono fatto avanti proprio perché l’Iride per me ha rappresentato un momento decisivo. Una sala che mi ha dato molto, penso al mestiere del proiezionista che adesso non c’è più. Ho avuto la fortuna di imparare. Ferruccio è venuto a mancare l’aprile scorso ed era d’accordo su questo passaggio; avrei voluto lo vedesse».

Il rapporto con il Quartiere? «Abbiamo costruito dei legami, ad esempio con il pacchetto Apero & Film, collaborando con il Wine Bar vicino, tenendo costi contenuti. Poi, sconti con una tessera per altre attività commerciali, dinamiche che danno conto di un luogo e delle sue storie». Lux, il palcoscenico, gli eventi, il progetto per le scuole. ‘Iride’, ore 18.00, l’entrata pomeridiana in sala, le rassegne. Due poli integrati. «Il desiderio di incontrarsi. Stiamo realizzando buoni numeri, prepandemia, spettatori che riportano commenti su contenuti alternativi, arte al cinema, la diretta dal Metropolitan di New York, di un’opera. La panoramica, apprezzata, sul cinema italiano».

Nitrato d’Argento

Prima di salutare Joel Fioroni, gli ricordo l’amore per Marco Ferreri, dal periodo spagnolo, ‘El Pisito, El Cochecito’, a ‘Nitrato d’argento’, ultimo film. Caldeggio, prudentemente una rassegna dedicata al suo lavoro. Il regista, negli ultimi tempi parlava spesso del cinema come luogo, realtà vitale dove si incontravano uomini e donne, dove si amava o si fuggiva almeno per un po’ dal tutto, prima di uscire sulla strada. Michel Piccoli, forte il loro legame, diceva che agli attori durante le riprese non spiegava nulla, ma immaginava quello che loro pensavano.


Keystone
Marco Ferreri

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