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O Galileo Galileo, perché sei tu Galileo

Un ben costruito ‘Processo Galileo’, al netto della contrapposizione parziale e superata tra razionalità che vuole conoscere e la ‘saggezza popolare’

Visto al Lac
(Masiar Pasquali)
8 novembre 2022
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Chi era Galileo Galilei? Una delle tante risposte possibili gli riserva il ruolo di "padre della scienza moderna", con tutto quello che ne deriva sia in positivo sia in negativo. Va da sé che le cose sono più complesse, innanzitutto dal punto di vista storico. Il processo che ha portato al metodo scientifico contemporaneo è stato lungo e le "sensate esperienze e dimostrazioni necessarie" di Galileo costituiscono una tappa importante ma non l’intero percorso: Galileo sarà anche il padre della scienza moderna, ma lo è in una famiglia decisamente allargata e complicata. Ma le cose sono complesse anche, e soprattutto, dal punto di vista ideologico e in quattro secoli Galileo è stato tante cose, da martire dell’oscurantismo religioso a scienziato che cerca l’appoggio del potere e non si assume alcuna responsabilità per le conseguenze sociali delle proprie scoperte. Galileo è oggi citato sia da chi difende le teorie che incontrano il consenso della comunità scientifica sia da chi si presenta come portatore di un sapere alternativo: una contraddizione che non ci dice nulla su quel che ha studiato e scritto Galileo di Vincenzo Bonaiuti de’ Galilei ma che ci dice tutto su come la nostra società guarda alla scienza.

Quello dell’impresa scientifica

Quale, tra questi tanti Galileo, troviamo nella nuova produzione teatrale del Lac, il ‘Processo Galileo’ scritto da Angela Dematté e Fabrizio Sinisi e diretta da Andrea De Rosa e Carmelo Rifici? Non il Galileo storico, per quanto la prima parte dello spettacolo si basa su testi dell’epoca (perlopiù lettere e atti dal secondo processo dell’Inquisizione); il personaggio che vediamo e ascoltiamo in scena assume abbastanza rapidamente i contorni dell’impresa scientifica, andando ben oltre gli studi di meccanica di cui si è effettivamente occupato Galileo. È un Galileo che parla di genetica e di connessioni neurali, che passa dall’apparizione, nel 1604, di una nuova stella in cielo – oggi conosciuta come "Supernova di Keplero" – agli impianti cibernetici con cui l’umano diventa macchina, passando dal passato dei processi per eresia al presente al futuro. È un Galileo che squarcia l’apparente perfezione dei cieli: quelli aristotelici e tolemaici con le loro sfere cristalline e quelli di una saggezza popolare che cerca orizzonti spirituali che non riducano la musica a rapporti matematici o il linguaggio a un codice riproducibile da un algoritmo.

Il testo di Dematté e Sinisi – in conferenza stampa era stato spiegato quali parti erano scritte da chi, ma qui consideriamo ‘Processo Galileo’ un lavoro unitario come effettivamente appare allo spettatore – prende sul serio questa contrapposizione, la porta in scena intrecciando vari livelli esplorando anche dimensioni oniriche ma sempre evitando banalizzazioni e stereotipi. Al di là di alcuni passaggi troppo enfatici e di una recitazione talvolta troppo carica, il confronto tra le due visioni, tra "la cura e la conoscenza" come viene affermato a un certo punto, avviene sempre alla pari e in profondità. Comprendiamo il disorientamento di chi, nell’affrontare una situazione difficile come un lutto, cerca qualcosa che la razionalità scientifica non può dare; comprendiamo la tensione di chi rifiuta illusioni consolanti ma false.

Personaggi e interpreti

A questo punto è opportuno spendere qualche parola sui personaggi: abbiamo Galileo, interpretato da un convincente Luca Lazzareschi e come detto incarnazione di un pensiero scientifico senza tempo; abbiamo Angela, interpretata da Catherine Bertoni de Laet, che studia il processo a Galileo per scrivere un articolo sul rapporto tra scienza e società e che la porta a ripensare la propria relazione con la madre; abbiamo Virginia, la figlia di Galileo (Roberta Ricciardi); abbiamo l’Inquisizione che poi diventa madre di Angela incarnando infine un sapere femminile e terreno senza tempo (una prova non facile, ma ben superata, per Milvia Marigliano); completano il cast Giovanni Drago e Isacco Venturini. Tutte queste figure si muovono in un testo che ricorda effettivamente la perfezione delle sfere celesti. Alla resa contribuiscono anche i costumi di Margherita Baldoni e le interessanti scene di Daniele Spanò che con semplicità dà concretezza ai vari libelli di lettura dello spettacolo, muovendosi su un palcoscenico che il pubblico, da una tribuna costruita sulla ribalta, vede nella sua interezza.

La ‘sentenza’

Il problema è che ’Processo Galileo’ si condensa in quel confronto tra una razionalità che vuole conoscere e quella che potremmo definire "saggezza popolare" e che arriva a includere le ribellioni contro il potere. Si tratta, almeno nella forma presentata, di una contrapposizione parziale e superata: una parte non trascurabile della comunità scientifica è consapevole della dimensione sociale e politica della ricerca; si sono costruite diverse esperienze di dialogo, pensiamo ad esempio alle associazioni di pazienti attivamente coinvolte nella ricerca medica; le discussioni sulla parzialità del sapere tecnico-scientifico prendono sempre più in considerazione i saperi tradizionali non occidentali. Spiace vedere tutta questa ricchezza trascurata per un dialogo sull’importanza di concimare i fagiolini.

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