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Tanti saluti dalla Ruritania

Dal ‘Prigioniero di Zenda’ a ‘Vacanze romane’, storia di un posto che non esiste, oggetto di retrospettiva alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone

Norma Talmadge in ‘Graustark’, di Dimitri Buchowetzk (1925)
(Giornate del cinema muto di Pordenone)
23 agosto 2022
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Se Peter Pan ha la sua Isola che non c’è, esistono anche altri paesi che non ci sono, ma che esistono davvero. Lo abbiamo pensato quando mi è arrivato il programma della 41esima edizione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (1-8 ottobre), uno dei più importanti festival mondiali, attento alla memoria di quel tesoro ancora in parte inesplorato che è il Cinema mondiale prima del sonoro. Del sempre molto interessante programma mi ha subito colpito la retrospettiva, sviluppata su due anni (proseguirà nel 2023), che Le Giornate dedicano a ‘Ruritania’ spiegando: "Un’ampia raccolta di film provenienti da tanti paesi diversi ma che in comune hanno l’ambientazione in regni di fantasia localizzati nei Balcani, in Ruritania, appunto". Quella parola "appunto", dopo "Ruritania", mi ha spinto a cercarla questa località balcanica, e sulla carta geografica, come l’isola di Peter Pan, non l’ho trovata.

Combattere i ruritani

Ho subito chiamato Jay Weissberg, il Direttore delle Giornate e anche l’ideatore di questa fantasiosa retrospettiva. Invece di facilitarci, ci ha ulteriormente messo in difficoltà con queste parole: "Ruritania è una sezione multi-nazionale, con film da tanti paesi diversi. Ho scoperto che il genere era noto in Italia come ‘silistriano’ perché tante trame erano ambientate nel mitico regno della Silistria. Dopo aver consultato ogni volume di Vittorio Martinelli (uno dei massimi studiosi del cinema muto italiano), ho identificato 65 film italiani con questo tema; film di registi come Ubaldo Maria Del Colle, Roberto Roberti (il padre di Sergio Leone), Augusto Genina e Carmine Gallone, anche se pochissimi sono sopravvissuti". La ‘Silistria’ dopo la ‘Ruritania’, ma in fondo sono la stessa cosa, a partire dal romanzo di fine Ottocento ‘Il prigioniero di Zenda’ (1894) di Sir Anthony Hope. Questo filone dedicato a regni e principati in luoghi indeterminati ai confini dell’impero austro-ungarico prese piede nella cultura popolare sotto forma di romanzi, operette e film; addirittura, andando oltre i nostri giorni, basti leggere queste testimonianze: l’allora ministro degli Esteri australiano Alexander Downer citò la Ruritania come nemico fittizio quando illustrò un trattato di sicurezza tra Australia e Indonesia firmato l’8 novembre 2006: "Non abbiamo bisogno di avere un accordo di sicurezza con l’Indonesia per cui entrambi combatteremo i ruritani. Non è questo il senso delle nostre relazioni", ha detto. "Si tratta di lavorare insieme sulle minacce che dobbiamo affrontare, che sono di tipo diverso". Ancora: un tribunale britannico, nel prendere in considerazione un divieto di pubblicazione relativo a un caso di violenza sessuale infantile, si è riferito al Paese di origine del bambino come ‘Ruritania’, spiegando inoltre: "Il ragazzo è stato descritto nella sentenza come avente ‘doppia nazionalità britannica e ruritana’".

La Legge della Ruritania

È chiaro che di strada il termine ne ha fatta molta partendo da quel romanzo, pensiamo poi ai regni immaginifici delle operette e, tornando al cinema, non veniva forse da un regno simile anche Audrey Hepburn-principessa Anna in ‘Vacanze romane’ di William Wyler? E il Charlie Chaplin di ‘Un re a New York’ veniva da quel paese chiamato Estrovia, uno dei tanti nomi di Ruritania. Ma a differenza dell’Isola che non c’è, la Ruritania ha fin da subito mobilitato armate di scrittori, politici, economisti, arrivando a punti estremi: Adrian Briggs in ‘The Conflict of Laws’ (3a edizione 2013, p. 305): "La questione se A abbia ottenuto un buon titolo di proprietà su una macchina fotografica acquistata in Ruritania è regolata dalla legge della Ruritania, anche se la macchina fotografica è stata consegnata in termini di acquisto a rate o nell’ambito di una vendita condizionata al venditore di A in Inghilterra".

Eppure, tutto era partito dalle avventure di Rudolf Rassendyll, un gentiluomo britannico che si finge il re di Ruritania e lo sostituisce per salvarlo da un complotto a tradimento, vicenda fantasiosa raccontata da Anthony Hope nel suo ‘Il prigioniero di Zenda’, portato sullo schermo ben otto volte. Anche Tintin passerà da quel regno in mezzo a quell’est europeo che si alza dai Balcani, e Winston Churchill nel suo romanzo ‘Savrola’ immagina un paese da quelle parti di nome ‘Laurania’. Forse la Ruritania è il sogno di noi tutti cenerentole in cerca di un castello e di principi e di principesse, e forse, allora, aveva ragione George Bernard Shaw che aveva ritenuto opportuno usare ‘ruritano’ come aggettivo generico: "Il nostro buon senso... deve immediatamente porre fine alle sciocchezze ruritane della nostra immaginazione". In attesa di una Retrospettiva che ci illumini di più.

Ugo Brusaporco, Regno di Ruritania, agosto 2022

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