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Hans Detlef Sierck, alias Douglas Sirk (la Retrospettiva)

Le sue ceneri giacciono a Castagnola. Un tempo ‘poco importante’, fu rivalutato dopo il ritiro, a partire dal di lui ‘follemente entusiasta’ Godard.

Immagine tratta da ‘Douglas Sirk - Hope is in a despair’, di Roman Hüben (Pic Film, Manno/Lugano). Il 10 agosto alle 14 al GranRex, giovedì 11 agosto alle 21 al Palazzo dei Congressi ­
3 agosto 2022
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In una celletta del cimitero di Castagnola, vicino a Lugano, riposano le ceneri di Hans Detlef Sierck, meglio conosciuto come Douglas Sirk, e di sua moglie Hilde Jary. Lui era nato ad Amburgo il 26 aprile 1897 ed è morto a Lugano il 14 gennaio 1987, trent’anni dopo aver lasciato quella Hollywood che, parentesi della sua lunga vita, gli ha regalato una fama non cercata, ma frutto meritato del lavoro, molto più complesso, di una vita vissuta tra letteratura, arte, teatro e cinema, ma soprattutto una vita cui mai è mancato il dolore di vivere.

Quelle ceneri, in quel tranquillo cimitero, raccontano, forse ormai pacificate, di quanto gli fosse costato l’aver amato Hilde. Per lei aveva lasciato la prima moglie, l’attrice Lydia Brincken, da cui ebbe un figlio, Klaus Detlef Sierck (1925-1944). Lei. Lydia, dopo il divorzio, scoperto che Hilde, la nuova moglie, non era solo un’attrice ma era ebrea, si iscrisse al partito nazista, per impedire a lui, legalmente, di vedere il figlio. Quel figlio che divenne uno dei principali attori bambini della Germania nazista, noto per film di successo come ‘Die Saat geht auf’ (1935) di Hans von Passavant, ‘Streit um den Knaben Jo’ (1937) di Erich Waschneck e ‘Kopf hoch, Johannes!’ (1941) di Viktor de Kowa. Questo prima di morire come soldato della Panzer-Grenadier-Division Großdeutschland il 22 maggio 1944 nei pressi di Novoaleksandrovka, Oblast di Kirovograd, allora Urss, oggi Ucraina. E mentre in uno studio suo figlio bambino ancora recitava, lui Hans Detlef Sierck – erano gli anni 30 del secolo scorso – era diventato uno dei principali registi teatrali tedeschi, uno che, applaudito, portava in scena ‘L’opera da tre soldi’ di Brecht.

Al principio fu William Shakespeare

Ne aveva fatta di strada da quando adolescente aveva scoperto i drammi storici di Shakespeare, e al cinema quei "drammi di emozioni gonfiate", come descriverà i film con l’amata Asta Nielsen. Nel 1919, Sierck era a Giurisprudenza all’Università di Monaco, ma fu costretto a lasciarla per il violento crollo dell’effimera Repubblica Sovietica Bavarese. Aveva cominciato a scrivere per il giornale del padre quando, dopo l’Università di Jena, si trovò ad Amburgo a studiare filosofia e storia dell’arte. Si racconta che qui assistette a una lezione sulla relatività tenuta da Albert Einstein. Ma, soprattutto, qui diventa per lui fondamentale l’incontro con lo storico dell’arte Erwin Panofsky, per il quale scrisse un ampio saggio sul rapporto tra la pittura tedesca medievale e i drammi misterici.

Per mantenersi durante gli studi, Sirk iniziò a lavorare come drammaturgo di seconda linea al Deutsches Schauspielhaus di Amburgo. Diresse qui la sua prima produzione, la commedia di Hermann Bossdorf ‘Bahnmeister Tod’ (Morte del capostazione), che a sorpresa divenne un successo. In questo periodo formativo dipinse, fece un lavoro estivo come scenografo in uno studio cinematografico di Berlino, pubblicò la propria traduzione tedesca dei sonetti di Shakespeare, tradusse alcune altre opere dello stesso Shakespeare e pubblicò scritti propri.

Quasi Oscar

Nel 1934, Sirk entra a far parte degli studi Ufa (Universum Film Ag), dove dirige tre cortometraggi, seguiti dal suo primo lungometraggio, ‘April, April’ (1935). Gira film in cui sperimenta la rilettura della tradizione melodrammatica. Con ‘Schlussakkord’ (La nona sinfonia, 1936), suo primo capolavoro, vince la Coppa per il miglior film musicale alla Mostra del cinema di Venezia. I suoi melodrammi esotici ‘Zu neuen Ufern’ e ‘La Habanera’, entrambi del 1937, fanno della cantante svedese Zarah Leander una star del cinema nazista. In quello stesso 1937, Hans Detlef Sierck lascia la Germania a causa del suo anti-nazismo e della sua (seconda) moglie ebrea, l’attrice Hilde Jary. Resta con lei in Europa, lavora a film in Svizzera e nei Paesi Bassi, ha la supervisione artistica di un film franco-svizzero, ‘Accord final’ (1938) di Ignacy Rosenkranz e poi dirige l’olandese ‘Boefje’ nel 1939.

L’anno dopo, i due si trasferiscono negli Stati Uniti, e qui Sierck assume il nome di Douglas Sirk; il primo film hollywoodiano che gli affidano, visto che viene dalla Germania nazista, è ‘Hitler’s Madman’ (1943), un film di attualità di guerra, resoconto altamente romanzato dell’assassinio del funzionario nazista Reinhard Heydrich nel 1942 e del conseguente massacro di Lidice, che i tedeschi commisero per vendetta. Nel film si vede John Carradine nel ruolo di Reinhard Heydrich. A questo seguono: ‘Summer storm’ (1944), melodramma da A.P. Čechov, che riceve tre nomination agli Oscar; il brillante ‘A scandal in Paris’ (1946), ispirato alle imprese dell’ispettore E.-F. Vidocq (nato in una prigione francese nel 1775, Eugène-François Vidocq diventò un ladro professionista e in seguito venne nominato capo della polizia parigina).


Wikipedia
Titoli di testa di Il pazzo di ‘Hitler’ (Hitler’s Madman) del 1943

Scelte di vita

Nel dopoguerra, Sirk affronta il noir in ‘Lured’ (1947) con Boris Karloff, in ‘Sleep, my love’ (1948) e con ‘Shockproof’ (1949), proprio nel 1949 Sirk rientra in Europa, deluso dall’esperienza americana. Ma le terribili condizioni dell’industria cinematografica tedesca lo spingono a tornare a Hollywood, scelta che dà una svolta definitiva alla sua carriera. Per lui inizia un decennio, gli anni 50, in cui sperimenta il cinema, raccogliendo tutte le sue precedenti sapienze ed emozioni; è una scelta di vita, una scelta come quella di abbandonare il cinema al termine di questo decennio. Si mette al lavoro e firmerà 24 titoli prima di dire basta, e in quei 24 titoli ci sono il musical, le commedie, il western, il peplum, i film d’avventura, ma soprattutto splende il melodramma. Splende ora, splende dopo, perché per lui, in quel decennio esisteva solo la gloria del mercato, il grande successo commerciale con i melodrammi ‘Magnificent Obsession’, ‘All That Heaven Allows’, ‘Written on the Wind’, ‘A Time to Love and a Time to Die’ e ‘Imitation of Life’. La critica allora li classificava come film sentimentali per donne.


Wikipedia
Titoli di testa di Lo specchio della vita (Imitation of Life) del 1959.

‘Melodrammatici’

I suoi film sono stati considerati poco importanti (perché ruotano intorno a questioni femminili e domestiche), banali (per la loro attenzione ai sentimenti più grandi della vita) e irrealistici (per il loro stile vistoso e distintivo). E i loro modi ‘melodrammatici’ sono stati considerati dalla critica di cattivo gusto. Per comprendere come erano trattati, di ‘Written on the Wind’, Alan Brien, recensendo il film per l’Evening Standard dopo la sua uscita britannica nell’ottobre 1956, commentò il suo aspetto patinato, scrivendo: "Tutti i personaggi di ‘Written on the Wind’ parlano come, si comportano come e hanno persino l’aspetto dei personaggi di una rivista femminile a puntate. Gli uomini hanno le stesse facce inverosimilmente iperbronzate e regolari, e indossano gli stessi abiti drappeggiati fuori misura così cari al cuore degli illustratori di narrativa".

Nella sua recensione sul New York Times all’uscita iniziale del film, Bosley Crowther disse: "Il problema di questo film romantico... è che non succede davvero nulla, le complicazioni all’interno dei personaggi non sono mai chiare e il tipo sciatto e autocommiserativo al centro di tutto è una noia". Stranamente il vento della critica cambiò con il suo ritiro alla fine degli anni 50, quando il suo lavoro fu riesaminato dalla critica francese, americana e britannica. Come scrisse Jean-Luc Godard nella sua recensione di ‘Un tempo per amare e un tempo per morire’ (1958), "... scriverò una recensione follemente entusiasta dell’ultimo film di Douglas Sirk, semplicemente perché mi ha infiammato le guance". Molti anni dopo, il critico cinematografico Roger Ebert dichiarò: "Per apprezzare un film come ‘Written on the Wind’ ci vuole probabilmente più raffinatezza che per uno dei capolavori di Ingmar Bergman, perché i temi di Bergman sono visibili e sottolineati, mentre con Sirk lo stile nasconde il messaggio".

Ora tocca alla retrospettiva che Locarno dedica a Sirk completare il lavoro di rilettura e scoperta iniziato al Festival di Edimburgo del 1972, a cui Sirk partecipò e che generò anche un libro di saggi, e nel 1974 la prima retrospettiva completa della Film Society dell’Università del Connecticut. In quegli anni 70 qualcuno ebbe un dubbio: la nuova reputazione di Sirk è stata favorita anche da una diffusa nostalgia per i film hollywoodiani di una volta? Certo tutto questo rumore non turba le ceneri di Hans Detlef Sierck alias Douglas Sirk, che tranquille giacciono ora in un piccolo cimitero ticinese.


‘All That Heaven Allows’, 1955, foto di scena

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