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Francesco Milani, ritorno a Basilea

C’era una volta un giovane amante del bianco e nero. Gli scatti di quel futuro designer sono ora in mostra alla Fondazione Herzog di Zurigo

Ottantacinquenne, in Ticino dal 1962
10 giugno 2022
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Parafrasando il cantante: eravamo tre amici alla Kunstgewerbeschule di Basilea, un grafico e un fotografo che ora vivono in Canada, e un secondo grafico, basilese di nascita, che da decenni è ticinese a tutti gli effetti: Francesco Milani. È nella casa un tempo anche studio di quest’ultimo, a Giubiasco, che raccogliamo tutte le informazioni su ‘Zurück in Basel – Karol Ike, René Schoepflin, Francesco Milani’, mostra fotografica che si apre il prossimo 11 giugno alla Fondazione Herzog di Basilea, punto di riferimento della fotografia in Svizzera col suo patrimonio di circa 300mila scatti che coprono tutte le tecniche utilizzate sin dagli albori del mezzo (1839/40) al 1970. Gli scatti dei tre compagni di scuola, visibili fino al 16 luglio, coprono l’arco di tempo che sta tra il 1952 e il 1963, riempiendo una delle tracce lasciate in campo fotografico dai tre creativi prima di una brillante carriera come professionisti nei rispettivi settori, ma facendo anche "un meraviglioso regalo alla loro città natale cui devono molto e alla quale, naturalmente, si sentono ancora legati". Parole di Peter Herzog stesso, l’ospitante.

«Ho 85 anni, sono in pensione da venti. Faccio ancora fotografie, ma non come un tempo. Quello legato alla fine art è stato un momento, tra gli anni ’50 e i ’60. Così Milani, quarant’anni di lavoro nel campo del design industriale e della grafica e una serie di riconoscimenti che ne fanno, malgrado la popolarità che il settore possa di suo riservare in Ticino, una delle eccellenze di questo Cantone. Due premi su tutti: la sua Milani Design è tra i primi dieci migliori progetti nel campo delle apparecchiature medicali 1996/1997; sarà quarta, l’anno successivo, dietro a colossi del design come Siemens e Philips. A certificarlo è ‘Die 100 Besten Industrie Design’, rivista che stabilisce il ranking internazionale del disegno industriale.


Frutto dei 28 anni per la Daeger

Arte

Classe 1937, padre friulano e madre russa emigrati in Svizzera per raggiungere il ramo materno engadinese e paterno basilese, Francesco Milani nasce a Basilea. Papà Pietro era un fotografo appassionato che aveva iniziato a fotografare già negli anni Venti. Sebbene il suo lavoro fosse quello di bibliotecario, possedeva nozioni molto approfondite della fotografia e un occhio artistico raffinato, ‘trasmesso’ a Francesco ma anche all’altro figlio, pittore e scultore che oggi vive in Italia. «Ho cominciato ad apprezzare l’arte non prima dei 15 anni – dice Milani – perché non ho sempre amato la scuola, principalmente per motivi di lingua, visto che in casa si parlava il russo. Il mio interesse per il design, nello specifico, nasce a Milano». Il giovane Francesco studia grafica alla Kunstgewerbeschule di Basilea dal 1952 al 1956 per poi approfondire, per il tempo di un anno, le conoscenze tecniche della fotografia. Ma sono i quattro anni di lavoro nel capoluogo lombardo per l’italiano Franco Grignani ad accendere in lui il ‘sacro fuoco’ del design. «In quei giorni – spiega il ticinese – il design del prodotto non era ancora una specializzazione. Lo stesso Grignani, uno dei grafici italiani più importanti del tempo, era architetto, designer industriale e grafico. Per Moto Guzzi, per esempio, aveva disegnato sia la fabbrica che le moto, e curato la pubblicità».

Nemmeno nel Ticino del 1962, anno in cui Milani fonda a Giubiasco il proprio studio di consulenza e comunicazione visiva, è chiaro cosa sia un grafico: «Tante industrie non capivano nemmeno cosa significasse ‘grafica’, un mestiere completamente nuovo. In certi momenti mi sentivo come qualcuno che vendesse… la pasta dentifricia». Era il prezzo da pagare da chi di norma anticipa la storia, destino comune ai ricercatissimi designer svizzeri del tempo, inseguiti dalle aziende più importanti: «Penso a Max Huber, ad Aldo Calabresi, a Lora Lamm e al fotografo Serge Libiszewski. Eravamo una sorta di famiglia».

Identità aziendale, packaging design, sistemi formativi e di orientamento dapprima; design industriale poi, dopo un focus su tecnologia medica, prodotti high-tech, utensili elettrici per la lavorazione della lamiera, ingegneria meccanica, sistemi di controllo e di flash fotografici. Queste le competenze di Milani, integrati – una volta nata e completatasi la Milani Design & Consulting – con consulenza e ingegneria di marketing fino al prodotto finito. «Nel campo del design industriale mi posso definire un autodidatta. Ho imparato guardando, naturalmente studiando e informandomi a sufficienza. Ma erano tempi un po’ diversi, la mia scuola aveva un solo corso che portava a diventare grafico, oggi i settori sono molti. Questo perché una volta il grafico si occupava di tutto».


Frutto delle due settimane con il Circo Knee

Persone

Sono in tutto venticinque le fotografie di Francesco Milani esposte alla Fondation Herzog, anche detto ‘Laboratorium für Photographie’. «Amavo fotografare le persone, la gente». Con abbigliamento originalissimo, a volte in funamboliche pose, le persone sono anche quelle del circo: «Ho vissuto per due settimane con il Circo Knie, ho viaggiato con loro, ho vissuto da vicino la vita del circo, grazie al permesso datomi di fotografare, in ogni momento, ogni aspetto di quel lavoro. La grande libertà di azione mi ha permesso di conoscere in modo più approfondito il mondo degli artisti, di dialogare con essi. È stato un momento molto bello per me».

Milani fa scorrere davanti ai nostri occhi i provini delle foto in mostra, e i luoghi sono (estraiamo a sorte) la Milano degli emigranti, quella delle industrie e dei cantieri stradali, il mare di Camogli, quello di Venezia e della Sardegna; le facce sono quelle di uomini, di donne e di bimbi, negli angoli e nelle piazze del nord e del sud Italia, ma anche ad Amburgo. In mostra – ve n’è solo un piccolo estratto – sono anche elaborazioni grafiche di queste immagini, collage e fotomontaggi di un’epoca non digitale. C’è anche un Lionel Hampton d’annata davanti al suo vibrafono. Andrà ad affiancarsi agli scatti di Karol Ike, a prevalente sfondo musicale, e alle altre più similiari scene di vita di René Schoepflin.

Dal 1998, Francesco Milani è membro del comitato scientifico della Supsi. Giudice di concorsi internazionali ed esperto di esami finali, era nel consiglio dell’Associazione svizzera dei designer industriali (Sid); oggi è membro onorario della Sda (ex Sid) e membro dell’Associazione svizzera degli artisti grafici (Sgv). Nel 2002 ha passato le consegne della Milani Design & Consulting per una creativa pensione da vivere insieme alla dolce Iris, la consorte. Erano trascorsi trentasei anni dal primo riconoscimento, il lavoro ‘Die gute Form’ sulla forma del densitometro, l’apparecchio che misura l’intensità del colore (1966); trentuno dal premio internazionale per la grafica dei cronometri Longines (1971, Olimpiadi invernali di Monaco). In mezzo, i progetti per la Gretag, nome di prestigio nel settore della fotografia, e la lunga parentesi di progetti per la Draeger, importante azienda nel settore medicale, «ventotto anni avanti e indietro da Lubecca, un impegno interessante e gratificante». Nel 2010, il suo lavoro è stato acquisito dall’Ufficio federale della cultura e aggiunto alla collezione di design del Museum für Gestaltung di Zurigo.

Una figlia, Olivia, specializzata in arte e fotografia; un figlio, Flavio, professionista nel campo della produzione di libri d’arte. Francesco Milani segue a distanza il loro lavoro, che si muove nel raggio d’azione che fu il suo, ma senza forzature: «Tutto è venuto naturale», chiude il designer. «Hanno frequentato sin da bambini lo studio, conoscendo i miei impiegati, che ho sempre tenuto con me il più a lungo possibile. Cercavo persone di fiducia e mi posso ritenere fortunato di averne trovate molte».

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